
Le armi bruciano il pianeta



1 novembre 2025
A quasi metà del suo mandato, la Commissione parlamentare antimafia guidata dalla deputata di Fratelli d’Italia, Chiara Colosimo, è impantanata su discussioni che paiono utili più alle diatribe partitiche che a ragioni di indagine a tutto campo sul fenomeno della criminalità organizzata. L’organismo è stato poco attivo – salvo rari casi – nel perseguire gli obiettivi fissati dalla legge che lo istituisce, come il controllo sull’applicazione delle norme antimafia e sugli strumenti per combattere le organizzazioni criminali.
"Commissione antimafia sotto sequestro", M5s contro Colosimo per la gestione dell'inchiesta su via D'Amelio
A dimostrarlo, i dati sulle riunioni convocate e sulla loro durata, che lavialibera ha raccolto e analizzato a partire dai resoconti sommari. All’8 ottobre, considerando le riunioni plenarie, cioè quelle a cui sono convocati tutti i componenti della commissione, e quelle dei singoli comitati su temi specifici, i parlamentari dell’Antimafia si sono radunati per 16.095 minuti, pari a 268 ore e quasi 11 giorni ininterrotti di discussioni. Finora la commissione ha prodotto pochi documenti e poche proposte: sul sito sono state pubblicate una relazione sulla missione compiuta a Foggia e quella sulla missione a San Luca (Reggio Calabria), due raccolte di documenti per la memoria di don Pino Puglisi e di don Giuseppe Diana con sentenze e documenti già noti, e l’ordinanza-sentenza del maxi-processo di Palermo, reperibile su molti siti.
La plenaria si è ritrovata a Palazzo San Macuto per 93 volte per un totale di 8.950 minuti. Dal maggio 2023 a oggi, tolti i mesi di agosto in cui il parlamento è chiuso, sono passati 27 mesi e questo vuol dire che l’Antimafia si è riunita in plenaria meno di quattro volte al mese. Altre commissioni parlamentari si riuniscono molto più spesso, ma – in fondo – è sempre stato così. Quasi il 30 per cento del tempo della plenaria è stato dedicato all’indagine sull’attentato in via d’Amelio.
Le audizioni sulla strage di via D’Amelio coprono quasi il 30 per cento del totale delle riunioni: l’indagine sull’omicidio di Borsellino è diventata per la destra uno strumento di battaglia
L’obiettivo da sempre dichiarato è fare luce sull’uccisione del procuratore Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta (Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi e Claudio Traina), ma nell’ultimo anno i lavori hanno preso una piega diversa: accreditare ancora una volta la pista “Mafia-appalti”, rivalutando le tesi di Mario Mori e Giuseppe De Donno, generale e colonnello in congedo dei carabinieri, con la conseguenza non secondaria di accusare i magistrati che li hanno invece indagati e processati nel filone sulla “trattativa Stato-mafia”. Processo al termine del quale sono stati assolti. Per la destra si tratta di un’occasione per tornare ad attaccare le ipotesi sui legami tra Silvio Berlusconi e Cosa nostra (tramite i condannati in concorso esterno, Marcello Dell’Utri e Antonio D’Alì) e quelle sul coinvolgimento dei neofascisti nelle stragi di mafia.
Di mezzo, c’è finito l’attuale senatore del M5s Roberto Scarpinato, a lungo pm a Palermo: la maggioranza ha addirittura presentato una proposta di legge “contra personam” per far sì che – per supposti conflitti di interesse – venga escluso dai lavori della commissione. Dopo alcune audizioni, la procura di Caltanissetta ha cominciato a indagare l’ex pm Gioacchino Natoli, ritenendo che abbia fatto sparire del materiale utile per le indagini sugli affari tra Cosa nostra e il Gruppo Ferruzzi (materiale poi ritrovato). Le sue conversazioni con Scarpinato, intercettate dagli investigatori, sono state trasmesse alla commissione antimafia e poi, chissà come, sono finite sui media. In alcune, Natoli proferiva malignità sulla famiglia Borsellino.
Paolo Borsellino, la Commissione Antimafia tenta di far luce sulla strage di via D'Amelio
La destra, sempre contraria sia alle norme sui conflitti di interesse, sia alla pubblicazione di atti giudiziari (soprattutto se non penalmente rilevanti), ne ha approfittato per accusare l’ex pm Scarpinato di aver voluto depistare i lavori parlamentari accordandosi con l’ex collega. Il lavoro della commissione sulla strage di via D’Amelio non è concluso. Il 31 luglio, l’ex procuratore di Palermo e Torino Gian Carlo Caselli ha fornito una ricostruzione della vicenda, attirandosi gli attacchi del senatore Maurizio Gasparri di Forza Italia. La sua audizione, non conclusa, non è stata più riconvocata. Un altro tema che ha ottenuto grande attenzione è quello del dossieraggio compiuto da un sotto ufficiale della Guardia di finanza che lavorava alla Direzione nazionale antimafia e che, secondo quanto emerso nelle indagini scattate dalla denuncia del ministro della Difesa Guido Crosetto, avrebbe passato informazioni riservate ai giornalisti di Domani, il quotidiano fondato da Carlo De Benedetti. L’argomento ha occupato il 15,31 per cento del tempo delle plenarie, pari a 1.370 minuti.
Tre comitati sembrano lavorare di più: quello sui beni confiscati, quello sulla cultura della legalità e sulla protezione dei minori e quello sulle nuove tecnologie
L’ultima audizione su questo tema risale al 19 febbraio scorso, poi più nulla. Il 5,47 per cento del tempo (490 minuti) delle audizioni in plenaria ruotava intorno le inchieste della procura di Bari sulle infiltrazioni malavitose nell’amministrazione pubblica del capoluogo pugliese, guidata fino al 2024 dall’attuale eurodeputato dem Antonio De Caro. A un tema come l’indagine sul funzionamento del carcere duro per i boss mafiosi, il “41-bis”, sono stati dedicati 220 minuti, pari al 2,46 per cento del totale delle plenarie.
Sono dodici, al momento, i comitati dell’organismo parlamentare, cioè i gruppi di lavoro su temi più specifici che "svolgono attività a carattere istruttorio per conto della Commissione" (si legge nel regolamento interno) senza avere un potere d’indagine, a differenza dell’Antimafia quando è riunita in plenaria. Se due di questi gruppi (quello dedicato al “regime degli atti” o quello sugli “adempimenti urgenti”) si occupano di questioni legate alle procedure o al funzionamento della commissione, gli altri seguono temi da indagare, approfondire, controllare. C’è, ad esempio, il comitato che si occupa di valutare la gestione dei beni sequestrati e confiscati.
Lo coordina Erik Pretto, deputato della Lega, ed è il gruppo più attivo: ha compiuto 25 sedute, radunandosi per un totale di 1.525 minuti, pari al 9,74 per cento del totale delle audizioni della commissione. A seguire, altri comitati molto attivi sono quello sulla cultura della legalità e protezione dei minori, coordinato dalla senatrice Pd Enza Rando (13 incontri, 715 minuti, pari al 4,57 per cento del totale delle sedute), e quello sulle mafie e le nuove tecnologie, guidato dal senatore di Forza Italia Mauro D’Attis di Forza Italia (12 incontri, 690 minuti, pari al 4,41 per cento).
A Milano, ultras a caccia di soldi e sangue
Alcuni comitati di recente formazione sembrano darsi da fare: sono quello sulle mafie e il calcio, voluto dal senatore dem Walter Verini in seguito all’operazione “Doppia curva” a Milano, e quello sul “sistema Cilento con particolare riguardo all’omicidio del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo”, coordinato dal deputato Pino Bicchielli di Noi Moderati. Comitati fermi. Ci sono però dati che rivelano una sottovalutazione di alcuni argomenti. Ad esempio, il tema delle vittime di mafia e dei testimoni di giustizia non ha ricevuto molta attenzione. Il IV comitato, coordinato in prima persona proprio da Colosimo, ha fatto soltanto tre riunioni per un totale di 105 minuti. Il IX comitato, sulle infiltrazioni mafiose nell’economia legale, si è radunato soltanto tre volte, per 145 minuti. Tra l’altro, al momento è senza un coordinatore.
Dai resoconti sommari delle audizioni, risulta che il VII comitato, quello sulle mafie straniere in Italia e quelle italiane all’estero, si è riunito soltanto una volta, per soli 15 minuti. E dire che il tema delle mafie straniere sembrava molto caro alla destra meloniana che, fino a pochi anni fa, usava lo spauracchio delle mafie nigeriane anche in campagna elettorale. In questi anni le mafie albanesi e cinesi si sono fatte strada, mentre le indagini – come l’operazione Eureka – hanno rivelato gli affari della ‘ndrangheta in tutta Europa, ma il tema ha ricevuto meno attenzione di tutti gli altri. Il suo coordinatore, il deputato di Forza Italia Pietro Pittalis, premette: "Si è costituito da poco", ma in realtà è stato approvato dalla plenaria il 23 gennaio 2024 come altri comitati più attivi.
Pittalis afferma che non ci sono soltanto le riunioni da considerare: "Abbiamo fatto una missione a Prato (il 4 aprile scorso, ndr) sul tema delle mafie cinesi e stiamo preparando la relazione. Vorremmo estendere l’analisi a Roma, Milano, Venezia e la Sardegna", sua regione di origine. Allo stesso tempo, afferma che le audizioni di personalità su questo ambito specifico hanno un interesse tale che sono state e saranno tenute di fronte alla plenaria: "Chiederemo di sentire il procuratore distrettuale di Firenze per fare un quadro sul territorio toscano".
Nella passata legislatura, la commissione guidata dall’allora senatore M5s Nicola Morra aveva 21 comitati. Pochi gruppi erano in linea con i compiti di controllo sull’applicazione dell’ergastolo ostativo o del carcere duro per i mafiosi, sulla gestione dei beni sequestrati e confiscati, o sui testimoni di giustizia. C’era un gruppo che si era occupato di mafie e logge massoniche e il cui lavoro non ha aggiunto nulla a quanto emerso con il lavoro della commissione presieduta da Rosy Bindi tra il 2013 e il 2018.
Altri comitati sembravano seguire la moda del true crime (per usare un termine in voga per parlare di cronaca nera) con l’obiettivo di risolvere dei cold case, o meglio dei casi irrisolti: c’era l’indagine sulla morte di Marco Pantani, dietro cui ci sarebbe la camorra; e quella sulla morte di Pier Paolo Pasolini con la pista della banda della Magliana (al momento della morte dello scrittore e regista, l’organizzazione criminale romana non esisteva, sottolinearono gli esperti); i delitti del mostro di Firenze (e non si capisce cosa c’entrino le organizzazioni mafiose) e l’omicidio di via Poma con un generico coinvolgimento della criminalità romana.
Nella legislatura precedente, soltanto tre relazioni riguardavano casi irrisolti: l’omicidio di Attilio Manca, quello del sindacalista Mico Geraci e poi il caso del furto della “Natività” di Caravaggio dalla chiesa di San Lorenzo, a Palermo. Andando ancora più indietro, le precedenti commissioni non avevano steso documenti specifici su tutti questi casi. Segnale che, con il tempo, la commissione antimafia ha voluto ampliare il suo raggio di azione, perdendo un po’ di vista le sue funzioni essenziali.
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