Politiche giudiziarie

Con politiche giudiziarie si intendono gli orientamenti e le decisioni che il parlamento, il governo, il Consiglio superiore della magistratura (CSM) e le autorità giudiziarie e penitenziarie assumono in materia di giustizia penale e civile e di carcere. La locuzione mette l’accento sulla natura politica delle opzioni adottate in questo campo, frutto di maggioranze, mediazioni e contrattazioni. Il concetto di politica giudiziaria, in questo senso, si distingue nettamente da quello di giustizia politica, che definisce invece l’utilizzo a fini politici di indagini e processi.

Il centro della politica giudiziaria del governo è il ministero della Giustizia a cui spettano “l’organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia” (art. 110 Costituzione) e che si occupa, tra l’altro, dell'organizzazione dei palazzi di giustizia (magistrati, funzionari, personale) e dei penitenziari. All’interno del ministero, troviamo ad esempio la Direzione per gli affari penali (Dap) incaricato della gestione di carceri e personale. 

In parlamento, le commissioni Giustizia di Camera e Senato, in alcuni casi insieme alla commissione Affari costituzionali, si occupano dei disegni di legge in materia civile e penale (reati e sanzioni collegate) e relativi all’ordinamento giudiziario, al personale e ai servizi del ministero della Giustizia. 

Secondo l’articolo 103 della Costituzione, spettano invece al Csm “le assunzioni, le assegnazioni ed i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari nei riguardi dei magistrati”.

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Alberto Vannucci

Alberto VannucciProfessore di Scienza politica, Università di Pisa

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