Giorgio Minisini mostra le medaglie conquistate a Doha
Giorgio Minisini mostra le medaglie conquistate a Doha

Giorgio Minisini, in vasca contro i pregiudizi

L'atleta romano è il campione mondiale di nuoto artistico, sport che fino al 2015 potevano praticare soltanto le donne. "Mi chiamavano frocio e da ragazzino ne soffrivo, poi ho capito che la testa della gente la cambi con i fatti e non con le parole"

Sara Iacomussi

Sara IacomussiGiornalista freelance

23 febbraio 2024

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Vincere una medaglia è una gioia, ottenere l’oro ai Mondiali un’impresa, essere il primo in Italia a riuscirci per la propria categoria è storia. Eppure Giorgio Minisini – 28 anni, romano, campione di nuoto artistico appena rientrato da Doha, in Qatar, dove ha strappato l’oro nel singolo libero – ha già la testa altrove: “Tra sei mesi cominciano le olimpiadi a Parigi, i primi Giochi in cui potremo competere anche noi maschi, uno spartiacque per il nostro sport”.

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Machismo al contrario

Non c’è tempo per fantasticare sul primo oro mondiale vinto dall’Italia in questo sport, che fino al 2015, in tutto il mondo, era solo femminile. Il nuoto artistico è un esempio di machismo al contrario e per anni agli uomini è stato consentito soltanto allenarsi. “Quando ho iniziato nel 2002 – racconta Minisini – in Italia eravamo appena sette maschi e ci allenavamo tutti nella stessa piscina. La mia adolescenza è stata segnata da questo limite, potevo solo sperare di riuscire, un giorno, a gareggiare all’estero. Dieci anni fa non avrei potuto ambire a una medaglia mondiale, non dico vincerla ma anche solo provare a conquistarla”.

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L’atleta ha raccontato il suo percorso in 13 videolezioni dal titolo Nulla è impossibile, un’iniziativa promossa dall'app torinese Sporters, che punta alla promozione di valori educativi e inclusivi nello sport. Un anno fa è uscito il suo libro Il maschio. Come inseguire i sogni senza perdere se stessi: la mia vita nel nuoto artistico, edito Sperling & Kupfer, e anche qui ha raccontato i tabù superati, gli scogli ancora presenti e i pregiudizi da cui ha dovuto imparare a difendersi. Non è mai facile essere i primi a fare qualcosa, in un Paese come l’Italia forse di più.

“Il primo, grande cambiamento è avvenuto nove anni fa e ha riguardato il regolamento, ma a livello culturale la strada è ancora tutta da percorrere. Grazie alle olimpiadi di Parigi il nostro sport finalmente sarà per tutti, stavolta davvero. Un evento storico e forse terminerà la discriminazione”. Minisini ha iniziato a praticare nuoto artistico all’età di sei anni e fin da piccolo ha dovuto confrontarsi con gli stereotipi legati alla cultura patriarcale. Si pensi alla danza per gli uomini o al calcio per le donne: come se alcuni sport fossero prerogativa di un solo sesso.

“Da ragazzino spesso facevano riferimento, con cattiveria, al mio orientamento sessuale, come se soltanto un omosessuale potesse desiderare il nuoto artistico”. Giorgio racconta che da piccolo si era avvicinato anche al calcio e al taekwondo, ma praticare più sport in contemporanea è complesso e alla fine ha scelto di dedicarsi soltanto al nuoto.

“Da ragazzino spesso facevano riferimento, con cattiveria, al mio orientamento sessuale, come se soltanto un omosessuale potesse desiderare il nuoto artistico”

“Ho capito che non bisogna dare peso a queste stupidaggini, la testa della gente non la puoi cambiare a parole ma solo con i fatti. La vera sfida, semmai, è stata farsi accettare come atleta, volevo mi considerassero al pari di un qualsiasi altro sportivo, un maratoneta, un calciatore. E Invece no, sono sempre stato visto come ‘altro’ e mi hanno sempre messo in discussione. Da ragazzino soffrivo perché non avevo le forze per difendermi da solo”. Quell’"altro" erano parole come frocio, solo perché sempre in mezzo alle ragazzine. Al campo da calcio, dove giocava come portiere, i compagni di squadra gli chiedevano se fosse un ballerino. “Dovevo spiegare loro che il mio sport era più complesso di quanto pensassero, ma poi che problema c'è a essere un ballerino?”.

Ora Giorgio ha sei medaglie mondiali, l’ultima l’oro di Doha, anche se dietro c’è il rammarico per aver sbagliato, pochi giorni prima della vittoria, nel duo misto tecnico con la sua compagna, la diciannovenne Susanna Pedotti: “Per un mio errore siamo arrivati sesti, uscendo dalla classifica. So di poter fare meglio e mi spiace molto per Susanna, non se lo meritava. In questi Mondiali ho imparato molto di più da questo sbaglio che dall’oro conquistato”.

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Lungo la sua avventura Minisini ha potuto contare sul grande supporto della famiglia: la madre, prima allenatrice, è l’ex nuotatrice artistica Susanna De Angelis, mentre suo fratello Marco, che aveva iniziato lo stesso percorso, ha poi scelto la pallanuoto. Poi ci sono i tanti amici che fanno il tifo per lui e la “seconda” famiglia a bordo piscina, le Fiamme Oro con cui l’atleta romano si allena dal 2016.

Per Giorgio la giornata tipo è la stessa da 22 anni: sveglia alle sei, allenamento dalle otto alle 20, sei giorni su sette, eccetto la domenica, a dormire si va alle 22. Passa il suo tempo principalmente in acqua, altrimenti è in palestra. “Mi alleno, sono un’atleta, dedico tutta la mia vita a questo, perché è così importante che a farlo sia un maschio o una femmina?”.

“Dedico tutta la mia vita a questo sport, perché è così importante che a farlo sia un maschio o una femmina?”

Contro la tradizione

“Parigi è il primo passo, perché al momento possiamo partecipare solo in squadre da otto con uno o due uomini, ma è fondamentale per mostrare al mondo l’assurdità di tutti questi anni”. Un’assurdità che per il campione mondiale è dovuta a due fattori: “Prima di tutto la tradizione: se una cosa è sempre stata così è difficile cambiarla. Sono convinto poi che il nuoto artistico abbia in qualche modo pagato lo scotto dell’assenza di inclusione per le donne in altri sport”.

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Come a dire: se una femmina non va bene per il calcio, riserviamole il nuoto artistico e rendiamo questo sport esclusivo per le donne. “Per fortuna le cose stanno cambiando, la parità deve essere inclusiva e non solo numerica”. La speranza di Giorgio e di tante altre persone, anche al di fuori del mondo dello sport, è che in futuro l’inclusività sia ovunque. “Solo trovando ciò che ci fa esprimere per quello che siamo davvero riusciremo a contribuire a una società migliore”.

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