Victoire Tuaillon ( Foto di Alice Murillo)
Victoire Tuaillon ( Foto di Alice Murillo)

Alla radice dei femminicidi e della violenza di genere. Victoire Tuaillon racconta i privilegi della mascolinità

"Sono una femminista che ama gli uomini, perché so che nessuno è violento per natura. Ma se gli uomini vogliono essere nostri alleati, devono rinunciare a parte del loro potere". Nei giorni del caso di Giulia Cecchettin, Victoire Tuaillon presenta in Italia il libro "Fuori le palle", tradotto da add editore

Martina Cataldo

Martina CataldoCollaboratrice lavialibera

5 dicembre 2023

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“I concetti di femminilità e mascolinità non sono naturali. Una delle derive della mascolinità così per come è socialmente e culturalmente costruita è la dominazione del genere maschile su quello femminile, che porta a disuguaglianze, sfruttamento e violenza”. Ne è convinta Victoire Tuaillon, giornalista francese classe 1989, che per tentare di risalire all’origine della violenza sulle donne ha raccolto e reso accessibili testimonianze, articoli e saggi degli studi di genere. “Mi ero accorta che in Francia mancava nei media un punto di vista femminile sugli uomini e sulla costruzione della mascolinità. C’erano studi e ricerche accademiche, ma in televisione, in radio e nei giornali nessuno ne parlava”, racconta a lavialibera. Così è nato prima un podcast, “Les Couilles sur la Table", e adesso il libro omonimo “Fuori le palle. Privilegi e trappole della mascolinità”, pubblicato in ITalia da add editore. Per colmare un vuoto.

Tuaillon, perché dice che la questione di genere riguarda tutti? 

Perché essere maschio o femmina ha conseguenze su ogni aspetto della nostra vita. Il genere costruisce le identità, plasma le relazioni, definisce delle gerarchie. Io la definisco una struttura di potere, perché regola la relazione di potere tra uomo e donna e le discriminazioni che ne derivano. È tutto collegato, quando parliamo di genere e disuguaglianze, dobbiamo parlare anche di discriminazione di classe e di etnia. Interessarsi alla costruzione della femminilità e della mascolinità e alle differenze di genere, significa mettere in discussione anche il nostro sistema economico, le istituzioni politiche, giudiziarie, sanitarie, le strutture del potere insomma.

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Quando parla di “costruzione della mascolinità” cosa intende esattamente? 

Ho sempre pensato che la mascolinità fosse qualcosa di naturalmente evidente, così come la femminilità. Poi mi sono accorta di come fossimo intrappolati nella narrazione che la società costruisce su cosa voglia dire essere uomini o essere donne. Non voglio negare l’esistenza di un corpo e di caratteri biologici diversi, ma ognuno nasce in un certo periodo storico e in un determinato ambiente. Questo definisce il modo in cui ci muoviamo e ci vestiamo, come parliamo e come interagiamo con gli altri. È importante capirlo, perché altrimenti continuiamo a pensare che la violenza di genere, in particolare la violenza sessuale, sia frutto della natura. I reati sessuali invece sono la fotografia di una costruzione della mascolinità che ritiene di poter dominare l’altro.

Che cos’è la cultura dello stupro e perché la lega al concetto di mascolinità? 

"I reati sessuali invece sono la fotografia di una costruzione della mascolinità che ritiene di poter dominare l’altro"

Non so se in Italia l'espressione "cultura dello stupro" sia popolare, ma in Francia per esempio ci sono ancora persone che dicono: quale cultura, di cosa stai parlando? E allora spiego che è l’insieme di idee preconcette su chi sono le persone che commettono reati sessuali e su cosa voglia dire essere una vittima. I pregiudizi contribuiscono a decolpevolizzare l’autore del reato, colpevolizzare le vittime e rendere invisibili gli stupri. E se la mascolinità viene percepita come una forma di dominazione sulle donne, non è difficile comprendere che la violenza è frutto di quella cultura. Penso ci sia un filo sottile che lega la cultura dello stupro e la costruzione della mascolinità con il femminicidio. 

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Può spiegare meglio?

La violenza e il femminicidio possono essere visti come una performance di genere. Brutalità e abusi devono essere mostrati per imporre la propria volontà e limitare la libertà dell’altra. Quando compagni, mariti e amanti uccidono la propria moglie o compagna di solito è legato a una rottura che non accettano.

"La violenza e il femminicidio possono essere visti come una performance di genere"

È una sorta di moto di orgoglio perché non riescono a sostenere l’idea che ci sia una vita al di fuori di loro. Si tratta di possesso e privazione della libertà allo stesso tempo. La situazione è grave, in Francia ci sono stati 121 femminicidi nel 2023 e più di 225 mila donne sono vittime di violenze coniugali ogni anno (in Italia i femminicidi sono stati 103 nel 2023, ndr). Queste donne non muoiono per troppo amore, né tanto meno a causa di drammi familiari, come a volte i giornali definiscono questi omicidi. 

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Che ruolo hanno i media nel portare avanti questo tipo di narrazione della violenza di genere?

A volte ne parlano come di qualcosa di improvviso, di un raptus, di un momento di follia o rabbia. Ma per psicologi e psichiatri il raptus omicida non esiste, quindi il messaggio che passa è errato. Poi ci sono gli articoli o le interviste che tentano di romanticizzare la storia, sottolineando quanto lui amasse la compagna o la moglie, quasi a rendere meno violento l’atto. Per non parlare di quelle testate che fanno satira sulle violenze di genere: non so in Italia, ma in Francia per esempio una delle battute che puoi trovare sui media francesi è “la zuppa si era raffreddata e quindi ha ucciso la moglie”. Questo ti fa capire come gli stessi giornali che dovrebbero avere una certa sensibilità nel riportare notizie sulla violenza di genere, trovano divertente fare satira su un uomo che uccide la propria moglie perché la cena in tavola era fredda. Tutto questo depoliticizza e sminuisce il fenomeno. 

 C’è il rischio di assuefazione o di spettacolarizzazione?

Sì, c’è. Spesso i femminicidi sono raccontati andando a fondo nei dettagli più cruenti e intimi, questa è pornografia del dolore, non giornalismo. Allo stesso tempo il numero elevato di informazioni sui femminicidi può renderci impermeabili alla notizia. Possiamo evitarlo intervistando esperti degli studi di genere, come sociologi e storici, che attraverso le loro ricerche ci guidino nell’analisi strutturale del fenomeno. Quindi dobbiamo scriverne, ma il nostro compito è fornire degli strumenti di comprensione e delle chiavi di lettura nuove al lettore. In questo modo possiamo stimolare le persone che ci leggono a mettere in dubbio le proprie convinzioni. Fornire chiavi di letturae possibili soluzioni, questo è quello che secondo me i media dovrebbero fare. 

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Quali soluzioni ci sono?

Il primo passo che dobbiamo fare è riconoscere che esista una dominazione maschile. Quello successivo è metterla in crisi. I nostri politici fanno tante dichiarazioni in questo senso, ma poi non ci sono le risorse per sostenere i progetti di sostegno alle vittime, o per pensare a politiche pubbliche che riducano le disuguaglianze di genere, innanzitutto quelle economiche. Un altro intervento fondamentale è l’educazione alla sessualità fin dall’infanzia, soprattutto al tema del consenso, affinché i comportamenti cambino in modo duraturo. 

Si definisce una femminista che ama gli uomini. Crede che esista un femminismo che odia gli uomini? 

No, non credo che esista. Credo che esista una lotta contro questo sistema scorretto che ha l’obiettivo di rompere le strutture che ci ingabbiano. Ma per riuscire a farlo il conflitto è inevitabile. Quando dico che sono una femminista che ama gli uomini intendo dire che so che nessuno è violento per natura.

Se gli uomini vogliono essere nostri alleati serve che per primi rinuncino a parte del loro potere

Allo stesso tempo ho dei fratelli, cugini e amici maschi che amo, ma che ritengo possano fare di più. Io so che ci sono tantissimi uomini che vogliono essere degli alleati, ma è necessario che prendano consapevolezza dei privilegi di cui beneficiano per diventarlo. Serve che per primi rinuncino a parte del loro potere. 

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