Genova, una veduta del porto di Prà. Foto di R. Merlo / Autorità di sistema portuale del mar Ligure occidentale
Genova, una veduta del porto di Prà. Foto di R. Merlo / Autorità di sistema portuale del mar Ligure occidentale

Genova, portuali al soldo dei narcos

Il porto ligure è diventato una succursale per i narcotrafficanti calabresi, che sfruttano lavoratori corrotti per importare cocaina. Il pentito Mesiani Mazzacuva: "Su Gioia Tauro troppa pressione"

Andrea Giambartolomei

Andrea GiambartolomeiRedattore lavialibera

1 maggio 2024

La Msc Adelaide è una nave porta container lunga 300 metri capace di trasportare fino a 110mila tonnellate di merci. Il 7 febbraio 2022, in arrivo da Rio de Janeiro al terminal Psa del porto di Genova Prà, tra i tanti container imbarcati ce n’era uno carico di caffè "corretto” alla cocaina: al suo interno, 14 borsoni con circa 440 chilogrammi di polvere bianca. In attesa sul molo, due portuali hanno recuperato il carico per poi consegnarlo a tre uomini, tra cui due colleghi arrivati in Liguria da Gioia Tauro (Reggio Calabria) con il compito di agevolare i narcotrafficanti calabresi. Ad aspettare, però, c’erano anche alcuni militari della Guardia di finanza. Così Fabio Papa, un dipendente della Compagnia unica dei lavoratori merci varie (Culmv), è stato arrestato in flagranza, mentre i suoi complici sono stati presi un anno dopo. Nell’estate del 2023, Papa è stato condannato in via definitiva a nove anni e quattro mesi di carcere. Gli altri, invece, stanno affrontando il processo. Non è la prima volta che dei camalli (parola genovese che indica i lavoratori del porto) sono coinvolti in operazioni antidroga. Sfogliando le cronache liguri dell’ultimo anno, gli episodi risultano frequenti: il 19 ottobre 2023, due uomini sono stati arrestati mentre uscivano dal porto a bordo di un’auto su cui c’erano 41 chilogrammi di coca; il 18 novembre, altri 45 chilogrammi venivano trovati in un container frigo; l’8 febbraio, le forze dell’ordine hanno fermato due pregiudicati che trasportavano quattro borsoni con 130 panetti da un chilo ciascuno.

Straordinari per arrotondare 

Il molo ligure occupa circa duemila lavoratori. Basta ingaggiare poche persone per far uscire la droga

In un settore che impiega circa duemila lavoratori (di cui un migliaio al servizio della Compagnia unica), basta corrompere poche persone per immettere sulle piazze di spaccio centinaia di chili di coca. Quello del portuale è un lavoro duro, ma ben pagato. "Si va dai duemila ai 3500 euro al mese. A volte si sale, se ci sono altre esigenze", racconta un sindacalista che preferisce mantenere l’anonimato: "Sennò si rischia di passare per infami". Ma se i guadagni sono buoni, perché mettersi a disposizione dei narcos e correre di rischi? Nei porti del Nord Europa, dove negli ultimi anni sono aumentati i carichi di cocaina sequestrati, le organizzazioni di narcotrafficanti si fanno largo seguendo l’insegnamento di Pablo Escobar: plata o plomo, soldi o piombo, inteso come violenza. 

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A Genova il secondo elemento sembra mancare. "Non c’è una pressione violenta – spiega il colonnello Andrea Fiducia, comandante del Nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di finanza a Genova, che ha condotto l’indagine sul traffico dei 440 chili trasportati con la Msc Adelaide –. Ma emerge la capacità delle organizzazioni criminali di reclutare singoli operatori portuali a cui, in cambio di un compenso, chiedere di recuperare e poi far uscire lo stupefacente dall’area portuale". Le somme possono essere elevate: "La remunerazione è pari a una percentuale che oscilla tra il 10 e il 15 per cento del valore di mercato della droga, quindi centinaia di migliaia di euro a carico". Solo una questione di soldi. Ad esempio Papa, il camallo arrestato il 7 febbraio 2022, "era indebitato, aveva dei pignoramenti. Faceva tanti straordinari", spiega il suo avvocato, Vittorio Pendini. Secondo quanto emerge dall’inchiesta, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda) di Genova, da quel lavoro il portuale avrebbe dovuto incassare 500mila euro.

Per ogni carico recuperato, un portuale può guadagnare centinaia di migliaia di euro

Tra i portuali, c’è anche chi consuma cocaina per aumentare le performance: "Il lavoro è duro e si fanno i turni di notte per guadagnare di più", prosegue la fonte anonima. Ma è un lavoro pericoloso e per questo, spiega Enrico Poggi della Filt-Cgil, i camalli "sono sottoposti a controlli antidroga, anche più volte ogni anno. Se qualcuno risulta positivo viene sospeso, segnalato ai servizi per le dipendenze (Serd) e il suo posto congelato". Inoltre l’Autorità portuale genovese, per rilasciare un tesserino per l’ingresso ai moli, deve svolgere delle verifiche preventive sui precedenti penali dei lavoratori che accedono all’area e a bordo delle navi. Nell’ultimo anno, sarebbero state cinque le autorizzazioni ritirate dopo i controlli. L’Autorità, più volte sollecitata, non ha fornito dati precisi né informazioni sulle misure intraprese per arginare il traffico di droga sui suoi moli. I portuali sono fondamentali per il narcotraffico, che si basa soprattutto sui trasporti via mare. Non tutti sono autorizzati a muoversi sui moli, né sanno come farlo. Bisogna manovrare le gru, i carrelli per spostare i container e le “ralle”, i camion per trasportarli. Per recuperare qualcosa in un terminal come quello di Genova Prà, prosegue il sindacalista anonimo, "servono almeno due squadre. Immagina un piazzale diviso in blocchi dalla A alla F. Ogni blocco ha un lato da 36 container e uno da 46. Ogni intersezione può avere quattro container impilati". Un labirinto.

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