Aggiornato il giorno 4 dicembre 2024
Aggiornamento del 4 dicembre 2024. Il Senato ha deciso di chiedere alla Corte costituzionale se sia legittima la decisione del Tribunale di Modena di acquisire videoregistrazioni “fatte da un privato nei confronti di un parlamentare”, Carlo Giovanardi, una decisione presa senza chiedere preventivamente “l’autorizzazione alla Giunta” di Palazzo Madama. Per i senatori, quelle videoregistrazioni fatte da un cittadino sono come delle intercettazioni e il loro utilizzo deve quindi essere valutato e autorizzato dal parlamento. Per questo hanno sollevato un "conflitto di attribuzioni".
Giovanardi è imputato nel processo White List (che raccontavamo nell’articolo qui sotto) per rivelazione e utilizzazione di segreti di ufficio; violenza o minaccia a un corpo politico, amministrativo o giudiziario o ai suoi singoli componenti; oltraggio a pubblico ufficiale e violenza o minaccia a un pubblico ufficiale. Il processo è cominciato il 27 marzo 2024 al tribunale di Modena dopo un lunghissimo iter tra palazzi di giustizia, parlamento e palazzo della Consulta. Nel febbraio 2022 il Senato aveva stabilito che i fatti a lui contestati dovessero essere considerati un esercizio legittimo della sua funzione parlamentare. Tuttavia le autorità giudiziarie modenesi hanno fatto ricorso alla Corte costituzionale che l’11 dicembre 2023 ha annullato la “deliberazione di insindacabilità” del Senato per quanto riguarda le accuse di rivelazione di segreti d’ufficio, violenza e minaccia a un pubblico ufficiale e violenza o minaccia a corpo politico, amministrativo e giudiziario dello Stato, reati per cui le ipotesi formulate dalla Direzione distrettuale antimafia di Bologna restano valide.
“Il Senato si era già espresso precedentemente a mio favore, rilevando che le mie erano opinioni espresse in aula, in Commissione giustizia e antimafia, in interpellanze e interrogazioni, per denunciare i danni di interdittive antimafia totalmente infondate che colpivano imprenditori incensurati. In queste attività non ho mai ricevuto un centesimo da questi imprenditori, poi riammessi in white list, e non ho mai avuto rapporti di nessun tipo con i cutresi residenti tra Modena e Reggio Emilia”, ha dichiarato l’ex senatore alle agenzie di stampa.
Sembra passato molto tempo dal processo Aemilia, l’inchiesta sulla ‘ndrangheta in Emilia Romagna, eppure alcuni nodi devono ancora essere sciolti, in particolare quelli che riguardano l’ex senatore Carlo Amedeo Giovanardi, già parlamentare di lungo corso con alcuni ruoli nei governi Berlusconi, noto soprattutto per alcune esternazioni sull’omosessualità, in cui paragona un bacio tra donne in pubblico al fare la pipì in strada, ma anche sul caso di Federico Aldrovandi e sul caso Cucchi. Martedì al tribunale di Modena è cominciato un processo che lo riguarda da vicino: l’accusa a suo carico è quella di minacce a corpo politico, amministrativo e giudiziario dello Stato, di rivelazioni di segreti d’ufficio con le aggravanti dell’abuso di potere, della continuità del reato e dell’ingiusto profitto. Ma cosa c’entra Aemilia? E perché Libera si è costituita parte civile? Sono due livelli di lettura che ci permettono di capire meglio ciò che sta succedendo al tribunale di Modena.
I protagonisti di tutta questa vicenda sono tanti, con varie responsabilità che qui cerchiamo di sintetizzare. Un ruolo di primo piano lo assume sicuramente Augusto Bianchini, imprenditore modenese attivo nel settore edile, condannato in secondo grado dalla Corte d'Appello giovedì 17 dicembre per il processo Aemilia a nove anni di reclusione per abuso d’ufficio e soprattutto concorso esterno in associazione mafiosa. Così come il padre, anche Alessandro Bianchini è stato condannato in appello ad un anno e sei mesi di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Parallelamente al processo all’ex senatore, ma legato in modo indissolubile ad esso, c’è anche il processo che si celebrerà il 12 gennaio per alcuni funzionari pubblici, tra cui Mario Ventura, capo di gabinetto della Prefettura di Modena, Giuseppe De Stavola, funzionario dell’Agenzia delle Dogane e Daniele Lambertucci, dipendente della prefettura di Modena. Quel giorno il processo contro di loro potrebbe essere riunito a quello contro l'ex parlamentare.
Il senatore ha detto espressamente che qualcuno avrebbe dovuto rispondere dei danni (...) In quel momento ho avuto la percezione che potesse riferirsi direttamente anche al mio Comando o anche alla mia personaStefano Savo - Ex comandante dei carabinieri di Modena
I fatti per cui i due sostituti procuratori Giuseppe Amara e Monica Bombana hanno chiesto il giudizio immediato per l’allora senatore ed esponente del Nuovo Centro Destra Carlo Giovanardi risalgono al 2013, l’anno successivo al terremoto in Emilia. In quegli anni il prefetto di Modena Benedetto Basile aveva emesso un’interdittiva antimafia alla società Bianchini Costruzioni S.r.l., di proprietà di Augusto Bianchini, e alla ditta Ios, di proprietà del figlio Alessandro. Questa decisione impediva alle due aziende di ottenere lavori pubblici per il rischio di infiltrazioni mafiose perché nel corso dell’indagine Aemilia erano emersi contatti tra gli imprenditori e uomini della ‘ndrangheta, sia per l’assunzione di personale, sia per l’emissione di fatture false. Una volta avviata la procedura dell’interdittiva, per le due società era impossibile presentare domanda di iscrizione alle white list, cioè quell’“elenco di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori, non soggetti a rischio di inquinamento mafioso”. L’importanza di rientrare in quell’elenco era dettata dal fatto che per partecipare ai lavori di ricostruzione post-sisma era necessario esserne iscritti. Così, la famiglia Bianchini si rivolge all’allora senatore per cercare aiuto.
Ad aggravare la situazione c’è il fatto che Giovanardi avrebbe ottenuto informazioni segrete sulla situazione delle società della famiglia Bianchini da Ventura, De Stavola e Lambertucci, un contributo definito “consapevole e causale” dalla procura di Modena. In particolare, Giovanardi venne a sapere che il Gruppo interforze che vigilava sulle penetrazioni malavitose nelle opere di ricostruzione, rappresentato dal tenente colonnello Domenico Cristaldi, aveva deciso di non inserire le società nella white list. Dopodiché ha chiesto un colloquio faccia a faccia con Cristaldi e con il comandante dei carabinieri di Modena, il colonnello Stefano Savo, e secondo la procura li avrebbe minacciati in maniera velata. Quella minaccia diventa evidente nelle parole del colonnello Savo: “Il senatore ha detto espressamente che qualcuno avrebbe dovuto rispondere dei danni derivanti da questi interventi”. Non solo. “In quel momento - prosegue - ho avuto la percezione che potesse riferirsi direttamente anche al mio Comando o anche alla mia persona”.
Io su questa roba faccio tutta una interrogazione con tutti i passaggi, eh? Prima mi copro dal punto di vista parlamentare perché quando ho presentato un atto di sindacato ispettivo io non sono chiamato a rispondereCarlo Giovanardi
Dagli accertamenti degli investigatori è emerso come Giovanardi abbia messo a disposizione il suo tempo e il suo ruolo per le aziende dei Bianchini: il 19 luglio 2014, durante un incontro tra i Bianchini e il senatore ripreso di nascosto da Alessandro Bianchini, il politico raccontava di aver parlato col questore, col comandante dei carabinieri, col prefetto e col comandante della Guardia di finanza. In effetti molti rappresentanti delle forze dell’ordine hanno riferito delle sue pressioni. “Io su questa roba faccio tutta una interrogazione con tutti i passaggi, eh? - diceva il 19 luglio agli imprenditori annunciando un atto compiuto pochi giorni dopo -. Prima mi copro dal punto di vista parlamentare perché quando ho presentato un atto di sindacato ispettivo io non sono chiamato a rispondere cosa devo cosa… che mi pare”. Insomma, lui stesso sembra dire che avrebbe utilizzato il suo ruolo per coprirsi e risolvere il problema della famiglia di imprenditori.
Era molto ben informato, anche dai suoi contatti nella prefettura di Modena, dell’andamento delle decisioni e a sua volta teneva la famiglia di imprenditori al corrente sugli atteggiamenti della prefettura. L’onorevole manda mail e fa telefonate, suggerisce, rilegge le lettere. Per i pm Amara e Bombana, Giovanardi “sfruttava la sua influenza politica e il prestigio derivante dagli incarichi in passato occupati nel governo italiano nonché il rapporto preteso e instaurato con le autorità prefettizie”. Per queste ragioni i pm contestano l’aggravante dell’aver abusato dei suoi poteri e violato i doveri della sua funzione pubblica. “Visto che nessuno mi contesta aver ricavato utilità economiche o di altro genere dalla mia attività - si è difeso il politico con una dichiarazione ai media - , né di aver mai avuto frequentazioni con i 13mila cutresi residenti tra Reggio Emilia e Modena, sotto attacco c'è la mia attività di contestazione, in parlamento e sul territorio (come prevede la legge), di interdittive macroscopicamente infondate”.
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Le mafie si insinuano e si stanno specializzando nella corruzione e nei legami con la pubblica amministrazioneEnza Rando - Avvocato e vicepresidente di Libera
Martedì, però, Giovanardi non era in aula. Oltre alla sua assenza, ci sono altre grandi mancanze. Né il ministero della Difesa, da cui i carabinieri dipendono, né la stessa Arma hanno deciso di costituirsi parti civili. A queste si aggiungono la Regione Emilia-Romagna che si è fatta per tanto tempo promotrice delle white list, la provincia di Modena e il Comune di Modena. Per quanto riguarda la Regione non se ne capisce il motivo, dal momento che invece è presente sia per il processo agli altri funzionari amministrativi prima citati sia per quello contro i Bianchini. Anche il Comune di Modena, che forse più di tutti avrebbe dovuto ritenersi parte lesa perché la città è stata il teatro delle vicende, ha avuto un atteggiamento incomprensibile. Qualche giorno fa, dopo che la maggioranza di centro sinistra ha voluto affrontare il tema in Consiglio comunale, la giunta ha deciso di non costituirsi parte civile. Nonostante le richieste di esclusione da parte della difesa, restano parte civile Libera e la Cgil, che si aggiungono al ministero dell’Interno.
Libera nella sua storia si è costituita parte civile in diversi processi in cui agli imputati vengono contestati delitti contro la pubblica amministrazione perché, come si sostiene nella costituzione di parte civile nel processo a Giovanardi, “danneggiano la società civile responsabile di un territorio”. In merito a questo, la Corte di Cassazione ha chiarito che un soggetto può costituirsi parte civile non soltanto quando il danno riguarda un bene su cui egli vanti un diritto patrimoniale, ma anche quando l’interesse leso sia coerente con lo statuto dell’associazione. La presenza di Libera in tali processi è un modo di farsi trovare pronti alle nuove strategie criminali dal momento che, come ha affermato l’avvocato Enza Rando “le mafie si insinuano, e si stanno specializzando nella corruzione e nei legami con la pubblica amministrazione”.
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L’ex senatore ha condotto finora una difesa fuori dal palazzo di giustizia. Il 17 novembre scorso, giorno in cui è stato fissato il processo, diceva alle agenzie: “Mi ritrovo adesso rinviato a giudizio, senza il vaglio dell'udienza davanti al gup (giudice per l’udienza preliminare, ndr), senza attendere la decisione del Senato e con l'intenzione di utilizzare le intercettazioni carpite fraudolentemente”. La procura ha potuto saltare la fase preliminare chiedendo e ottenendo un giudizio immediato, possibile quando si ritiene di avere delle prove forti. Il resto della frase, invece, rivela la sua strategia politica. Il 28 ottobre scorso Giovanardi ha chiesto alla presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati, che la giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari (cui spetta il compito di valutare se un’intercettazione può essere utilizzata o no contro un senatore) valuti la legittimità di alcuni materiali utilizzati per formulare l’accusa contro di lui. Si tratta di alcuni video dei colloqui registrati di nascosto da Alessandro Bianchini, salvati sul computer dell’imprenditore e finiti tra gli atti della procura dopo il sequestro del pc.
Il 25 novembre la giunta del Senato ha deciso di chiedere chiarimenti all’autorità giudiziaria, mentre Giovanardi sperava di poter “essere nuovamente udito per sollecitare la necessità di inviare la questione alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzioni, in difesa della libertà del parlamento”. Se dovesse accadere, il processo verrebbe messo in pausa nell’attesa che la Consulta stabilisca chi deve decidere e in che termine. Insomma, un cortocircuito. Il 1° luglio scorso, invece, la giunta aveva dato il via libera all’utilizzo di un’intercettazione telefonica del 30 marzo 2013, quando il politico modenese era un senatore in carica, e dei suoi tabulati, e ha bocciato l’utilizzo di altre tre conversazioni. La decisione, però, non è stata ancora esaminata dall’intero Senato.
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