In viaggio con Giancarlo Siani, o meglio in viaggio con la Olivetti M80 con cui ha scritto oltre 650 tra articoli e inchieste, dal 1979 al 1985. A 40 anni dall’omicidio del giornalista, Libera e lavialibera, in collaborazione con Fondazione Giancarlo Siani, portano in un viaggio in treno attraverso l’Italia, accompagnata dai giornalisti de lavialibera e dai volontari di Libera, la macchina da scrivere del giovane cronista napoletano ucciso dalla camorra il 23 settembre del 1985.
“Giancarlo Siani, la verità non muore” è il titolo dell'iniziativa che prevede sette tappe, undici appuntamenti dalla Campania al Piemonte, passando per Lazio, Emilia-Romagna e Lombardia. Ogni tappa diventerà l’occasione per ricordare il giornalista e confrontarsi pubblicamente sui problemi dell’informazione oggi.
Il viaggio comincia da San Giorgio a Cremano (Napoli), e precisamente da Villa Bruno, dove è esposta la Mehari di Giancarlo, il 24 settembre, all’indomani dell’anniversario dell’uccisione, a indicare che l’amore di Siani per la verità e il giornalismo non muoiono, ma continuano nella memoria e nell’impegno di chi ancora si riconosce nel suo modo sincero, attento e appassionato di fare questo mestiere.
Gli incontri si terranno a:
Alcuni dei luoghi in cui la macchina sarà esposta sono la sede dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna, l’Università Statale di Milano, l’Università degli Studi di Torino e la Festa del cinema di Roma. Partecipano alle tappe dell’iniziativa Articolo 21, gli ordini regionali e Premio Morrione.
“Giancarlo era così: allegro, felice, innamorato della vita, amava lo sport e lo praticava. La sua Mehari, una jeep scoperta, di un vivace colore verde, lo rappresenta alla perfezione. L’auto di plastica di un giornalista senza protezioni, che raccontava da un territorio difficile gli affari dei clan (...). Voleva solo fare il giornalista”Paolo Siani - Fratello di Giancarlo
“Giancarlo era così: allegro, felice, innamorato della vita, amava lo sport e lo praticava. La sua Mehari, una jeep scoperta, di un vivace colore verde, lo rappresenta alla perfezione. L’auto di plastica di un giornalista senza protezioni, che raccontava da un territorio difficile gli affari dei clan. Ma non solo, scriveva delle crisi delle fabbriche che chiudevano, di droga e tossicodipendenze, di scuole in difficoltà, del disagio giovanile, di muschilli. Voleva solo fare il giornalista”, ha scritto Paolo Siani, fratello di Giancarlo, in un intervento su lavialibera.
“Già prima dell’omicidio, la voce di Giancarlo subiva un altro tipo di minaccia – ricorda Luigi Ciotti nell'editoriale de ultimo numero de lavialibera dedicato al giovane giornalista napoletano –. Perché quel professionista così serio non era considerato un 'vero' giornalista. Del giornalista non aveva le tutele economiche né giuridiche: era un precario, un 'manovale' dell’informazione, miseramente retribuito e non sempre autorizzato a firmare i propri pezzi. Forse, con una situazione contrattuale dignitosa sarebbe stato ucciso comunque. Ma fa ancora più male sapere che prezzo altissimo ha pagato… qualcuno pagato così poco per il suo prezioso lavoro”.
“Giancarlo era uno di noi. Precario, appassionato, innamorato della vita e incapace di restare a guardare – chiude la direttrice de lavialibera Elena Ciccarello presentando il numero e l'iniziativa –. La sua storia è unica e irripetibile, eppure legata a quella di tante e tanti colleghi che, ogni anno nel mondo, sono uccisi mentre tentano di raccontare un altro pezzo di storia”.
A quarant’anni dalla morte di Giancarlo Siani, molte delle problematiche del giornalismo restano irrisolte e, anzi, si sono aggravate. Nel 2025, per la prima volta, l’indicatore della libertà di stampa di Reporter senza frontiere ha segnalato uno stato di salute dell’informazione nel mondo sceso sotto un livello definito “difficile”. Negli ultimi cinque anni sono stati uccisi a livello globale almeno duemila operatori dei media. Oltre 240 quelli trucidati a Gaza dal 7 ottobre 2024 (leggi l'articolo), 16 quelli assassinati in Ucraina dal 2022.
In Europa, negli ultimi cinque anni, sono stati vittima di spyware almeno 35 i professionisti. Intanto, l’8 agosto 2025 l’Italia, prima nel vecchio continente per “querele temerarie”, non ha recepito l’European media freedom act, che regola l’autonomia e il pluralismo dei media (leggi l'articolo).
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