3 maggio 2021
«Sele’, io di Sarah Scazzi non ne posso più, passiamo ad altro?».
«So che mi pentirò amaramente di quello che sto per dire, ma la concorrenza continua a sparare copertine su Avetrana a getto continuo. Non possiamo mollare».
«Hai ragione pure tu, ma mi sembra che da questo paesotto abbiamo spremuto tutto quello che c’era...».
«Sele’» è il diminutivo di Selene Pascarella, classe 1977, una passione per la cronaca nera e quattro anni trascorsi a lavorare per un service informale, una sorta di redazione telematica che produce pezzi per conto terzi, a volte intere riviste, in questo caso tabloid. All’altro capo del telefono c’è «Senpai», il suo superiore, colui che idea i prodotti da proporre agli editori e riceve le commissioni dai clienti. La conversazione è riportata in Tabloid inferno. Confessioni di una cronista di nera (2016, Alegre). Obiettivo? «Mostrare il dietro le quinte delle notizie di merda – risponde candidamente Pascarella –. Le narrazioni tossiche che tutti imputiamo alla cronaca nera hanno rotto la diga da un pezzo e dilagano, finendo persino negli atti processuali». Dai migranti ai tossicodipendenti, hanno invaso molte sfere.
“Nel raccontare la cronaca nera e giudiziaria tabloid e quotidiani sono sullo stesso piano”
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