

Fame chimica, nuove droghe e vecchie politiche

31 marzo 2020
“C’è un genitore malato, che presenta dei sintomi, ma a un certo punto la situazione si aggrava. Arriva l’ambulanza per portarlo in ospedale e con lui anche il figlio: a quel punto il bambino dove va?”. Una domanda tanto semplice quanto disarmante. La risposta finora è stata l’affidamento al servizio sociale ospedaliero. Per questo a Milano da sabato è stata attivata un’alternativa: una struttura della cooperativa La Cordata con 13 stanze per bambini dai 6 ai 14 anni e dove da domani dovrebbero cominciare ad arrivare i primi ospiti. “Se ne dovessero arrivare di più grandi saremo comunque pronti ad accoglierli”, assicura Claudio Bossi, presidente e socio fondatore della cooperativa.
“Abbiamo accolto subito con grande entusiasmo il progetto – afferma Gabriele Rabaiotti, assessore alle Politiche sociali e abitative del Comune di Milano –. È un’occasione per far sì che questo momento di sofferenza non sia anche un tempo di trascuratezza, ma un tempo dedicato ai più piccoli in un ambiente il più possibile sereno”. Un’iniziativa che è stata accolta con grande interesse dagli ospedali milanesi già sovraffollati. “Quando me ne hanno parlato la prima volta sono rimasta impressionata perché non avevo proprio pensato a questa eventualità”, confida Francesca Bocchini del Coordinamento attività di Emergency, uno dei partner dell’iniziativa. Da settimane l’ong si è messa a disposizione di una trentina di strutture della città per verificarne le condizioni e formarne gli operatori. Dagli anziani ai senzatetto fino ai minori non accompagnati. “Devo ammetterlo: questo è il mio progetto del cuore”.
È stato chiamato Zumbimbi con un gioco di parole che riprende l’indirizzo della struttura ospitante, in via Zumbini 6 a Milano. Un residence a carattere sociale nato nel 2015. “Di solito ospitiamo studenti, lavoratori, ma anche donne con bambini in difficoltà, minori non accompagnati e disabili in percorsi di autonomia. Con l’emergenza coronavirus la struttura si è svuotata e dei 120 posti letto ne sono rimasti occupati solo 35 – spiega Bossi –. Così abbiamo deciso di fare anche noi la nostra parte”.
Dopo aver isolato due terzi di un piano, sono state messe a disposizione 16 stanza singole: 13 camere per i bambini, un ufficio e due stanze per le procedure di sanificazione degli operatori, una in entrata e l’altra in uscita. “Nessuno farà tamponi a questi bambini, ma si presume che siano positivi e ci è stato detto di comportarci come se lo fossero”, spiega Elza Daga della cooperativa Comin, partner del progetto. Ogni bambino mangerà, si laverà, dormirà e vivrà per tutto il tempo nella sua stanza singola (o doppia in caso di fratelli e sorelle). Ogni stanza è dotata di un tablet per giocare, imparare e mantenere un rapporto con i genitori quando possibile. Solo gli educatori potranno entrare, dotandosi di tutti i dispositivi necessari e cambiandosi ogni volta che cambiano stanza. Sul sito della cooperativa La Cordata è stata lanciata una raccolta fondi: servono mascherine, camici, cuffie, visiere. E i costi sono altissimi perché solo queste ultime si possono lavare e riutilizzare. Il gel sanificante viene autoprodotto.
"Ciò che mi guida è vedere che nell'emergenza stiamo mettendo da parte le differenze per trovare assieme soluzioni nuove"Elza Daga, cooperativa Comin
Dall’idea iniziale in pochi giorni si è attivata una fitta rete di collaborazioni: il Comune di Milano, 24 operatori delle cooperative La Cordata e Comin oltre a un’equipe di cinque psicologi a distanza (per i bambini, ma anche per gli operatori), e poi la formazione di Emergency, il supporto della Croce rossa per il trasporto dei bambini, il supporto della Diaconia Valdese e della Fondazione Terre des Hommes. “È una situazione surreale e sono preoccupata per quello che vedremo e che succederà – ci confida Daga –, perché avremo a che fare con bambini che stanno vivendo un trauma enorme. Ciò che mi guida è però vedere che finalmente, ora che non c’è più tempo, stiamo mettendo da parte le differenze per trovare velocemente e assieme soluzioni creative e completamente nuove”. “Anche la risposta della città è stata notevole – prosegue Bossi –. Continuiamo a ricevere email, telefonate e messaggi sui social da cittadini che si offrono come volontari a distanza, per uno spettacolo di giocoleria o anche solo per leggere una fiaba”.
Le prime segnalazioni sono già cominciate ad arrivare, sia dal Comune di Milano sia da Comuni limitrofi. “La Prefettura di Milano ci ha appena segnalato una famiglia con tre figli: il padre è in ospedale e la madre inizia ad accusare i primi sintomi”, conclude Bossi. La speranza è che la struttura sia solo una soluzione temporanea e di emergenza, in attesa di attivare la rete familiare e trovare loro una sistemazione magari presso un parente. Sulla durata del progetto, invece, nessuno è in grado di fare previsioni. “Noi ci siamo attrezzati per tre settimane, ma intuiamo che durerà sicuramente più a lungo”.
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