Fabrizio Gifuni in Aldo Moro, Esterno notte. Credits: Ufficio Stampa Bellocchio
Fabrizio Gifuni in Aldo Moro, Esterno notte. Credits: Ufficio Stampa Bellocchio

Caso Moro, nessuno è innocente

In Esterno Notte, Marco Bellocchio torna sul rapimento del politico Dc per restituire allo spettatore la ragnatela di misteri, contraddizioni, mediazioni, probabili tradimenti, reticenze e viltà dei giorni della sua prigionia. Autoritratto di un'epoca e di una generazione coinvolta nella tragedia

Andrea Zummo

Andrea ZummoReferente provinciale di Libera Torino

13 luglio 2022

Il 16 marzo 1978 le Brigate rosse, alle 9 di mattina in via Fani a Roma, sequestrarono il presidente della Democrazia cristiana, Aldo Moro, massacrando la sua scorta, composta da cinque agenti di polizia. L’epilogo, tristemente noto, si consumerà dopo 55 giorni di prigionia: il 9 maggio il corpo senza vita dell’uomo politico venne ritrovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa, in via Caetani, a due passi da via delle Botteghe oscure, sede del Partito comunista italiano, e non troppo distante da quella della Dc, in piazza del Gesù. Nell’arco di quei due mesi circa, come se dovesse diventare la materia di un film, avvenne di tutto: i comunicati delle Br (di cui uno falso), le smentite, le speranze, i colpi di scena, gli errori clamorosi di valutazione, il fallimento di ogni strategia. Marco Bellocchio, regista emerito del nostro cinema, attivo dal 1965, torna nuovamente al caso Moro, dopo il suo Buongiorno, notte, del 2003.

“Stavolta i protagonisti sono gli uomini e le donne che agirono fuori della prigione”, scrive il regista. La figura dello statista, quasi trascurata, incombe come un’ombra perenne

Questa volta lo fa in forma di serie televisiva, prodotta da Rai Fiction, per la durata complessiva di cinque ore e mezza. Al cinema è uscito in due parti, dopo essere stato presentato a Cannes lo scorso maggio; in televisione approderà in autunno, molto probabilmente in sei puntate. Esterno notte, perché si racconta il prima, il durante e il successivo al sequestro, come Bellocchio stesso ha scritto nelle note di regia: "Stavolta i protagonisti sono gli uomini e le donne che agirono fuori della prigione, coinvolti a vario titolo nel sequestro: la famiglia, i politici, i preti, il Papa, i professori, i maghi, le forze dell’ordine, i servizi segreti, i brigatisti in libertà e in galera, persino i mafiosi, gli infiltrati. Protagonisti celebri, sempre in Tv e sui giornali, ma anche sconosciuti… E le loro storie più private che pubbliche durante il sequestro, per cercare di salvarlo, per far finta di salvarlo, boicottando apertamente o segretamente ogni trattativa, fino al tragico grottesco delle sedute spiritiche e dei viaggi all’estero per consultare sensitivi che potessero dare delle informazioni utili sulla prigione".

Non è la prima volta che il cinema, in senso lato, si occupa della storia in questione. Lo avevano già fatto almeno, oltre allo stesso Bellocchio, Giuseppe Ferrara con il didascalico Il caso Moro (1987), Renzo Martinelli con il tremendo Piazza delle cinque lune (2003), ma anche una miniserie per la tv, con Michele Placido protagonista nel 2008. Qui Bellocchio costruisce una struttura complessa, avvalendosi anche della collaborazione di Giovanni Bianconi, giornalista e autore di diversi libri sul sequestro Moro, oltre che dello storico Miguel Gotor (che appare in un cameo nel ruolo di un giudice), probabilmente uno dei massimi studiosi della vicenda.

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