15 giugno 2020
Ogni giorno in Italia un amministratore locale viene intimidito e minacciato. Con l’uso della violenza fisica e psicologica. Attraverso l’incendio di auto e case, lettere minatorie, aggressioni, colpi di arma da fuoco, ordigni. È un’Italia nascosta ma assolutamente reale, quella che l’annuale rapporto Amministratori sotto tiro di Avviso Pubblico descrive dal 2011. Sindaci, assessori, consiglieri, dirigenti e dipendenti comunali, funzionari pubblici e personale delle società partecipate: un universo di uomini e donne, padri e madri, figlie e figli, che lavorano negli oltre 8mila Comuni italiani.
Minacciati dalle organizzazioni criminali al fine di condizionarli per scendere a compromessi, per operare contro la collettività o per girarsi dall’altra parte mentre la legalità viene calpestata. Oppure, sempre più spesso negli ultimi anni e oggi dopo la pandemia ancor di più, sotto il tiro degli stessi cittadini, esasperati da condizioni economiche difficili o dai fomentatori di odio. Cittadini che sfogano sugli amministratori e sulle amministratrici locali la loro rabbia verso tutta la politica, nell’assurda convinzione che siano “tutti uguali”.
Nel 2018 sono stati 574 gli atti intimidatori censiti: una minaccia ogni 15 ore. Il 2019, purtroppo, non ha fatto registrare alcuna inversione di tendenza. Anche lo scorso anno, come emerge dall’ultima edizione del rapporto che verrà presentata il prossimo 22 giugno con il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese, il profilo tipico dell’amministratore locale sotto tiro è rappresentato da un uomo, un sindaco di un Comune con più di 20mila abitanti di un territorio a tradizionale presenza mafiosa, che viene aggredito fisicamente o a cui viene bruciata l’auto nei pressi dell’abitazione. Più dell’80% delle minacce sono state rivolte a uomini ma le intimidazioni verso le amministratrici continuano ogni anno ad aumentare in misura significativa. Nel 2018 erano il 14% del totale, nel 2017 il 13% e nel 2016 circa il 10%. Nel 2019 i casi di minacce, dirette e indirette, che hanno visto coinvolte le amministratrici italiane sono stati il 16,5% del totale, il dato più alto dalla prima edizione del rapporto: 92 intimidazioni, il 2,5% in più rispetto al 2018.
Io, moderatrice di Facebook, al lavoro contro l'odio
Le tipologie di minacce utilizzate per intimidire le amministratrici locali o il personale femminile della Pubblica amministrazione sono le stesse utilizzate per gli uomini, non emergono particolari differenze di genere, a cambiare sono le percentuali. Dei 92 casi citati, il 20,6% si riferisce ai social network, il 18,4% a lettere e messaggi minatori, il 13% a incendi, l’11% ad aggressioni. Ed è proprio nella principale tipologia di minaccia rivolta alle donne, ovvero quella che avviene sulle pagine social delle rappresentanti, che emerge una netta differenza di genere. La maggior parte delle offese online, e non solo, contro il genere femminile fanno riferimento al corpo. Gli haters alludono spesso a questioni sessuali: frecciatine e battute che mirano a denigrare le amministratrici, provocando in loro avvilimento e sconforto.
Quello che nessuno dice sull'odio online
Tra le tante minacce ricordiamo la moltitudine di insulti a sfondo sessista ricevuti dalla consigliera comunale di Catanzaro Manuela Costanzo solo perché, dopo un’aggressione ai danni di una giovane dottoressa del pronto soccorso dell’Ospedale Pugliese, chiedeva più sicurezza per medici e operatori. Dopo quella presa di posizione la consigliera ha ricevuto una raffica di insulti sui social a sfondo sessuale.
Stesso copione a Crema nei confronti del sindaco Stefania Bonaldi per un caso riguardante un autobus dirottato. Un fiorire di reazioni scomposte, offese, calunnie e notizie infondate sulla sua vita intima e personale rimbalzano da un profilo all’altro.
Anche a San Vito Romano, le due consigliere di minoranza, Bruna Colaneri ed Elena De Paolis, tra le numerose intimidazioni subite e più volte denunciate, tra cui due bottiglie di acido muriatico, hanno ricevuto costanti insulti a sfondo sessuale sui loro profili Facebook e in alcune pagine loro associate.
Tutto ciò non significa certo che le minacce sui social nei confronti del genere maschile non abbiano pesanti toni intimidatori. Tuttavia, quando a finire nel mirino sono gli uomini, le offese e gli insulti non riguardano mai il genere, tranne nel caso in cui l’orientamento sessuale non corrisponda a quello considerato tradizionale. A dimostrarlo tra i tanti casi, le offese e gli insulti su Facebook contro il sindaco di Certaldo Giacomo Cucini, denigrato solo perché omosessuale.
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