25 agosto 2020
Un’economia per stare bene. È il titolo del suo ultimo libro, ma è soprattutto il sunto di un modello di crescita ispirato al benessere sociale e ambientale a cui Lorenzo Fioramonti lavora da dieci anni. Lo ha fatto come professore universitario, trovando riscontri nei Paesi di cui è stato consulente, come Scozia, Nuova Zelanda, Sudafrica, Costa Rica e Bhutan. Non in Italia dove, da ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca nel secondo governo Conte, le sue proposte – come la "tassa sulle merendine" e le bevande zuccherate – sono state a lungo sbeffeggiate. Aveva chiesto tre miliardi per riportare a galla la scuola. Non glieli hanno dati e così, come annunciato, lo scorso dicembre si è dimesso. Ora fa parte del gruppo misto alla Camera.
Frequentando altri Paesi, Fioramonti ha sperimentato sul campo quanto il concetto di sviluppo sia relativo. Stati che hanno fatto della sostenibilità ambientale il proprio faro sono esclusi dalle classifiche economiche internazionali, in cui svettano invece Paesi come gli Usa, tra i più inquinati e con un maggior livello di disgregazione sociale. La crescita dipende da come viene misurata. Fioramonti è partito da questa prospettiva, semplice quanto bistrattata, quando nel 2013 pubblicò il suo primo libro su “il numero più potente al mondo”, che non a caso intitolò Gross domestic problem, giocando sulla sigla inglese Gdp (Gross domestic product), ossia il nostro Prodotto interno lordo (Pil).
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