

Chi fornisce le armi a Israele? L'Italia prende tempo, ma intanto acquista da Tel Aviv

5 giugno 2025
Lo scorso 3 giugno un gruppo internazionale di medici, infermieri, operatori sanitari ed esperti ha indirizzato una lettera pubblica a Ursula von der Leyen, Stéphane Séjourné e Jessika Roswall, rispettivamente presidente, ministro dell’Industria e ministra dell’Ambiente europea “per esprimere la nostra preoccupazione sugli effetti dell'esposizione ai pfas sulla salute dei cittadini dell'Unione europea e per manifestare il nostro pieno sostegno alla restrizione universale dei pfas da parte dell'Ue”.
Pfas in Europa, il profitto vince su tutto
La lettera ricorda a Bruxelles i rischi per la salute pubblica associati all’esposizione di questi composti e il fatto che, nonostante i divieti, alcune di queste sostanze classificate come cancerogene, il pfoa e il pfos, continuano ad essere “rilevati nel sangue di persone in tutta europa”. “A meno che tutti i pfas non siano regolamentati alla fonte, continueranno a mettere a rischio la salute pubblica” continua la lettera, che cita anche i costi sanitari della contaminazione da “inquinanti eterni”, che secondo le stime potrebbero sommare “fino a 52-84 miliardi di euro all'anno”.
Nella lettera medici e personale sanitario denunciano e prendono le distanze da un ulteriore aspetto della questione, particolarmente controverso. Il testo consegnato a Bruxelles sulla restrizione universale dei pfas prevede infatti deroghe ultradecennali per l’adeguamento di alcuni dispositivi medici, lasciando di fatto alle aziende “fino a 20 anni per eliminare gradualmente i pfas da alcuni dispositivi medici”. Ebbene, su questo punto i medici sono categorici: “In qualità di professionisti del settore medico, respingiamo con fermezza l'uso dell'assistenza sanitaria come giustificazione per l'inazione di fronte alla crisi dell'inquinamento da pfas e al continuo utilizzo di sostanze chimiche nocive e persistenti”, si legge nella lettera.
Un gruppo internazionale di operatori sanitari ha scritto all'Unione europea denunciando i rischi per la salute associati all’esposizione da pfas
Una ferma presa di distanza che richiama anche soluzioni alternative. Come la sostituzione di gas anestetici attraverso la pratica dell'anestesia endovenosa, già sperimentata in alcune cliniche europee, che consente di eliminare le emissioni di gas fluorurati dalle procedure. La scelta di indicare vie alternative è la chiave per convincere le istituzioni pubbliche ad intervenire sul florido mercato dei farmaci contenenti composti fluorurati, gestito da grandi multinazionali come CordenPharma. “L'Ue dovrebbe cogliere appieno lo slancio innovativo e diventare un esempio pionieristico per il mondo creando un'economia priva di pfas. In qualità di operatori sanitari, riteniamo che l'unico modo efficace per proteggere i cittadini dell'Ue dall'esposizione ai pfas sia quello di interrompere completamente l'uso”, conclude la lettera.
Se la lettera riporta alcuni nomi di professionisti italiani, nei territori maggiormente colpiti da contaminazioni da pfas solo negli ultimi tempi sono state registrate le prime prese di posizione pubbliche da parte della categoria medica. Tra questi, la dottoressa Chiara Rivetti, vicepresidente dell’Ordine dei medici di Torino, che il 22 maggio ha diramato una nota dell'esposizione agli inquinanti eterni: “Non basta dire non fumare, bisogna preoccuparsi di quello che la gente respira e beve. Bisogna bandire i pfas e trovare alternative – spiega –. Si tratta di un argomento noto ma non notissimo, e come ordine dobbiamo sensibilizzare i colleghi medici di base a sorvegliare al meglio i pazienti”.
Pfas, Greenpeace, acque contaminate in più zone Piemonte
Il comunicato dell’Ordine dei medici prende atto dei dati pubblicati nel 2024 da Greenpeace, che “ha portato l’attenzione sulla situazione del Piemonte, dove in diverse aree, fra cui Torino e la Val di Susa, la contaminazione risulta diffusa e sono stati individuati livelli significativi di pfoa (ampio gruppo di pfas certificato come cancerogeno) anche nell’acqua potabile: 125mila persone esposte negli anni, 70 Comuni coinvolti nella Città metropolitana e in Val di Susa”. Il documento in apertura cita anche il caso di Vicenza, dove per la prima volta un tribunale italiano ha certificato il possibile collegamento tra il decesso di un operaio della Miteni di Trissino alla contaminazione da pfas. “I dati allarmanti di Bussoleno, città ai piedi della montagna, sono inspiegabili. Perché un cancerogeno è nelle acque potabili lì dove non ci sono poli chimici? Non possiamo ignorare questo indicatore, come ordine provinciale dobbiamo agire per tutelare tutti i nostri pazienti”, continua Rivetti.
In diverse aree del Piemonte la contaminazione risulta diffusa e sono stati individuati livelli significativi di pfoa
L’ordine dei medici piemontesi ha deciso di adottare il modello proposto dal progetto Isde - medici per l’ambiente, che prevede la formazione di “medici sentinella”, con il compito di individuare e monitorare i fattori di rischio ambientali come i pfas. “Dobbiamo dare gli strumenti ai colleghi che tutti i giorni incontrano in ambulatorio i propri pazienti, dar loro informazioni su come limitare i rischi ambientali e nello stesso tempo segnalare i problemi alle Asl e alle istituzioni” conclude.
Un’iniziativa analoga è stata assunta dall’Ordine dei medici di Alessandria, dove sorge l’unico stabilimento ancora attivo nella produzione di questo tipo di composti in Italia. Sara Ferrillo, responsabile per la salute ambientale, spiega: “La situazione alessandrina è peculiare perché sul territorio è presente da oltre un secolo il polo chimico che nel tempo ha prodotto queste ed altre sostanze potenzialmente pericolose. Il nostro ordine ha raccolto la preoccupazione della popolazione. Abbiamo riunito i medici di medicina generale del territorio delle aree interessate nel tentativo di costruire una rete e favorire la circolazione di informazioni puntuali, aggiornate e scientificamente rigorose”, spiega la dottoressa.
Pfas nei pozzi privati di Alessandria
Da ottobre 2024 l’assessorato alla Sanità piemontese ha istituito una task force proprio sull’esposizione ai pfas prodotti per molti anni dalla Syensqo Solvay di Spinetta Marengo in provincia di Alessandria. Il gruppo di lavoro consta di una commissione tecnica ed una clinica, e quest’ultima sta procedendo dallo scorso febbraio al biomonitoraggio della presenza di pfas nel sangue dei cittadini. Sintomatico della preoccupazione crescente, anche un recente incontro tra Luigi Castello, coordinatore della commissione clinica della task force regionale sui pfas della Regione Piemonte, Marinella Bertolotti direttrice del Centro studi patologie ambientali dell’ospedale di Alessandria e i medici del territorio.
Da ottobre 2024 l’assessorato alla Sanità piemontese ha istituito una task force sull’esposizione ai pfas prodotti dalla Syensqo Solvay di Spinetta Marengo
L’idea al vaglio è la presa in carico con una sorveglianza prolungata nel tempo, fino a quindici anni, dei cittadini più esposti agli inquinanti. “Come ordine vogliamo semplificare la comunicazione tra le istituzioni ed i medici di medicina generale del territorio, ma anche fra pazienti e medici. Ci prefiggiamo inoltre di mantenere alta l’attenzione anche sugli altri inquinanti storici presenti sul nostro territorio ormai da oltre un secolo”, chiude Ferrillo.
Enrico Ioverno è presidente della commissione ambiente dell’ordine dei medici di Vicenza, al centro della più vasta contaminazione da pfas in Europa. “Dalle prime analisi del sangue ottenute sulla popolazione abbiamo capito che i medici di base dovevano essere informati e pronti a indicare il miglior percorso sanitario dei pazienti. Abbiamo pubblicato la lista di esami da fare nel caso i pfas superino i 20 microgrammo per litro, nel 2017”, spiega.
Pfas, a Vicenza sentenza storica su un ex operaio Miteni
Un lavoro costruito attraverso il dialogo con le istituzioni locali, che dal 2024 si riuniscono in un Osservatorio pfas voluto dal sindaco di Vicenza. Da oltre un anno si susseguono incontri serali con la popolazione e i medici: “abbiamo la necessità di vederci in faccia con i colleghi che visitano tutti i giorni i pazienti, e ascoltare le preoccupazioni della popolazione. Finora abbiamo fatto diversi incontri, ma non basta. Serve una regia nazionale”. Dall’allarme sono nate le prime iniziative, ma ancora non basta, “i nostri ordini sono indipendenti dalle volontà politiche, possiamo ancora fare tanto” è il pensiero che accomuna i medici che abbiamo incontrato a Torino, Alessandria e Vicenza. Servirebbe una regia più ampia, visti i numeri del fenomeno sul territorio nazionale.
“In Italia abbiamo poco più di cento ordini dei medici, non uno per città, e di questi cento solo la metà hanno le commissioni ambientali adatte per monitorare l’esposizione ad inquinanti che compromettono la salute”, conclude l’endocrinologo vicentino.
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