Con il termine pfas (sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche) si intende un insieme di composti chimici – non presenti in natura – dotati di legami carbonio-fluoro, tra i legami chimici più forti, che li rendono particolarmente resistenti sia al calore, sia all’acqua. L’unica maniera per rompere il legame carbonio-fluoro è l’incenerimento a una temperatura superiore a 800 gradi.
Sin dagli anni Cinquanta i pfas sono stati utilizzati in vari ambiti:
Tessuti: rendono i tessuti impermeabili, idrorepellenti e oleorepellenti.
Rivestimenti: proteggono le superfici da acqua, olio e altri agenti chimici.
Carta: rendono la carta più resistente all'acqua e all'olio.
Prodotti antincendio: rendono le schiume antincendio più efficaci.
Prodotti per la cura personale: rendono i prodotti come i cosmetici, più duraturi e resistenti all'acqua;
Detergenti per la casa.
Il materiale più famoso è il Teflon, creato dall’azienda statunitense DuPont per rendere antiaderenti le padelle. Alcuni tipi di pfas sono anche alla base del Gore-Tex, tessuti tecnici impermeabili e traspiranti.
Siccome sono resistenti all’acqua e l’acqua li trasporta molto facilmente, i pfas smaltiti in maniera irregolare dalle aziende produttrici si sono diffusi nelle falde acquifere e superficiali, e nel terreno. Attraverso l’acqua utilizzata per bere o per produrre cibo, i pfas sono quindi entrati nell’organismo umano, dove possono accumularsi. I pfas possono avere delle conseguenze gravi sull’ambiente e sulla salute umana, perché non possono essere metabolizzati dai mammiferi.
All’interno del corpo umano, queste sostanze si accumulano, si legano alle proteine e circolano nel sangue finendo agli organi come i reni o il fegato. C’è poi un altro rischio: possono attraversare la barriera placentare e quindi essere “trasmessi” dalla madre al feto. I bambini possono assumere questi composti anche attraverso l’allattamento.
I pfas possono:
modificare il funzionamento del sistema endocrino, ad esempio influenzare il cambiamento degli ormoni responsabili dello sviluppo, della fertilità, del comportamento o di altre funzioni;
aumentare la probabilità di crescite cellulari anomale e quindi la formazione di tumori, specie in caso di esposizione cronica ai reni o ai testicoli;
provocare malattie della tiroide, ipertensione in gravidanza; colite ulcerosa; aumento del colesterolo e altro ancora;
provocare malattie nelle donne incinte e nei neonati come il diabete gestazionale. I neonati possono essere più piccoli e sottopeso rispetto alla media o avere malformazioni maggiori tra cui anomalie del sistema nervoso, del sistema circolatorio e cromosomiche.
Il caso Miteni riguarda l’inquinamento provocato dalla stabilimento di questa azienda chimica fondata dalla Mitsubishi e dall’Eni (da cui il nome Miteni) a Trissino, in provincia di Vicenza. Nel marzo 2013 l’Istituto di ricerca sulle acque del Centro nazionale di ricerche prima e l’Agenzia regionale della protezione ambientale del Veneto dopo hanno scoperto che gli scarichi avevano inquinato le acque sotterranee e i pozzi da cui attingevano alcuni acquedotti delle province di Vicenza, Verona e Padova. All’interno di un’“area rossa”, che conta 21 comuni e circa 127mila abitanti, è stata rilevata una maggiore frequenza di questi disturbi provocati dai pfas. In particolare, a essere più danneggiati sono stati i lavoratori.
Secondo le indagini dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Treviso, la Mitsubishi – che ha controllato a lungo la Miteni – era al corrente sin dagli anni Novanta della contaminazione dei terreni. Dall’indagine dei carabinieri è nato il principale processo penale sui pfas in Europa.
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