Skyline di Milano (Foto di Anastasiia Buchinskaia, Unsplash)
Skyline di Milano (Foto di Anastasiia Buchinskaia, Unsplash)

Le 10 regole della corruzione alla milanese

A ventitré anni da mani pulite e undici dopo lo scandalo Expo, l'inchiesta sull'urbanistica nel capoluogo lombardo mostra un nuovo modello di malaffare

Alberto Vannucci

Alberto VannucciProfessore di Scienza politica, Università di Pisa

1 settembre 2025

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Ancora una volta il “modello milanese” di governo municipale viene sfidato un’inchiesta giudiziaria, a ventitré anni da mani pulite e undici dopo lo scandalo Expo, senza contare l’affollata platea di figure politico-amministrative di piccolo e medio cabotaggio nel frattempo finite nei guai con la giustizia, talora con la mazzetta ancora calda in mano. Una volta tanto non sono i soliti appalti la posta in palio prospettata dai giudici.

Si scoperchiano ipotizzati magheggi nel settore dell’urbanistica, o per meglio dire “della rigenerazione urbana”, secondo la riverniciatura linguistica operata nella denominazione dell’assessorato competente. La corruzione lessicale prescinde da quella di rilievo penale, magari è utile a legittimarla. Si prospettano assai incerti gli esiti dell’inchiesta fino al terzo grado di giudizio, se mai lo si raggiungerà. Ma l’evidenza già emersa potrebbe risultare d’aiuto a chiunque decida di avventurarsi nella selva oscura della nuova corruzione italica.

Come guida potremmo proporgli un decalogo del corruttore moderno, applicandovi i tratti tipici del modello milanese, improntato al culto di efficienza, rigore, concretezza, precisione, quantificabili in termini di fatturato e attivi di bilancio.

  1. Punta sui settori amministrativi a più alto potere d’acquisto. Ogni scelta pubblica nasconde un potenziale profitto privato. Più la scelta pubblica è arbitraria nel definire il valore e opaca nel fissarne i criteri, maggiore è il guadagno illecito ricavabile. Il governo del territorio è uno di quelli. Già nel 1963 il film di Francesco Rosi Le mani sulla città ci ha insegnato che "cambiare il piano regolatore" può garantire "il cinquemila per cento di profitto. Eccolo là. Questo è l’oro oggi".
  2. Coltiva relazioni con tutti quelli che contano, ma soprattutto con i componenti degli organismi tecnici, detentori del vero potere: non quello di fare, ma di impedire. Un potere che discende dall’intreccio tra capacità di interdizione e di interpretazione. In cambio di un modesto obolo, delle migliaia di disposizioni normative e regolamentari che vincolano ogni decisione pubblica, egli saprà selezionare quelle calibrate alle tue necessità, leggendole in un’accezione favorevole anziché in quella penalizzante.

  3. Lascia perdere gli organi di indirizzo politico e i ruoli formali di governo, salvo eccezioni. Se credi, puoi sovvenzionare la campagna di un candidato promettente che ti ha chiesto soccorso elettorale, così potrai richiamarlo al dovere in caso torni utile. La sfera politica è per lo più ininfluente, impotente, assente. Quando si attiva, lo fa per mettersi al servizio degli interessi privati dai quali è stata già sovvenzionata, o conta di esserlo in futuro.

  4. Ignora i proclami pubblici e la casacca partitica indossata dall’interlocutore politico di turno, qualora ritenga conveniente coinvolgerlo. Quello degli affari è un partito unico, nel quale si milita per una comune affinità spirituale che potrebbe tradursi in piattaforma programmatica: la politica non è che una continuazione degli affari con altri mezzi.

  5. Annusa l’aria che tira nel sottobosco degli uffici pubblici o nell’anticamera dei potenti, riconoscibili come tali a prescindere dal ruolo che formalmente ricoprono. Ascolta e prendi appunti da chi è già nel giro. Fai capire che sei disponibile, senza sgomitare. Apprendi le regole del gioco e appena se ne presenta l’occasione dimostra di essere pronto a osservarle con disciplina calvinista. 

  6. Dimentica titoli di studio, qualifiche, esperienze e valore professionale, competenze comprovate. Il “merito” è soltanto un termine priva di senso concreto, da spendere in pubblico per giustificare scelte arbitrarie.

  7. Scordati le bustarelle vintage, pagate in cash. Non c’è più bisogno di creare fondi neri, darsi appuntamenti per imbarazzanti consegne. Le “tangenti” contemporanee si fatturano, dissimulandole come consulenze, prestazioni professionali, assunzioni mirate di congiunti.

  8. Evita di ricorrere ad atti in odore di contestazione d’illegittimità, manovre sospette, abusi amministrativi. La corruzione moderna si accompagna a scelte operate alla luce del sole e rivendicate con il crisma di una qualche scivolosa nozione di “interesse pubblico”, applicabile tanto al colossale ponte a campata unica che al grattacielo griffato dall’architetto di grido. 

  9. Esibisci come una medaglia al valore gli auspicabili conflitti di interesse così come il tuo avere “le mani in pasta”. Mostrandoti ricattabile all’interno delle cerchie dove si stringono quel tipo di intese, gli altri sapranno che sei affidabile, e tu lo saprai di loro.

  10. Non cospargerti il capo di cenere di fronte a qualsiasi tipo di contestazione, inciampo giudiziario o amministrativo. Non mostrare sensi colpa, non far trapelare rimorsi o pentimento. Al contrario, esponiti al giudizio pubblico alternando la figura del pubblico benefattore incompreso a quella del martire. In altre parole, segui alla lettera gli insegnamenti di Yossarian – protagonista del leggendario romanzo Comma 22 di Joseph Heller – che così risponde al dubbio amletico del faccendiere Milo: "Ma come faccio a sapere chi corrompere?". "Non preoccuparti di questo... Se la tangente è abbastanza cospicua, saranno loro a trovarti. Assicurati solo di fare tutto alla luce del sole. Fai sapere a tutti esattamente cosa vuoi e quanto sei disposto a pagare per ottenerlo. Non appena mostri un senso di colpa o di vergogna, rischi di finire nei guai".

Da lavialibera n° 34, Il giornalismo che resiste

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