15 gennaio 2021
"Viva la pappa col pomodoro che è un capolavoro", cantava nel 1965 Rita Pavone. Per anni preparare la passata è stato un rituale per le famiglie italiane. Maria Luisa Terrenzio, 27 anni, se lo ricorda bene: "Ti alzi presto, indossi i vestiti vecchi che possono essere sporcati. C’è chi pela i pomodori, chi è addetto alla scottatura, chi all’imbottigliamento: ognuno in famiglia ha il suo ruolo". Oggi quelle conserve sono il suo lavoro grazie ai terreni che erano di suo nonno e su cui il padre ha fatto sorgere la cooperativa PrimaBio di Rignano Garganico, meno di duemila anime in provincia di Foggia tra distese infinite di campi. Quasi la metà di pelati, polpe e passate che compriamo nei supermercati della Grande distribuzione organizzata (Gdo), arriva da questa zona. Un territorio difficile, stritolato da caporalato e mafia foggiana, dove realtà come questa hanno un valore ancora più forte.
Fin dalla nascita nel 1998, l’azienda agricola ha deciso di produrre solo biologico, "quando qui neanche si sapeva che cosa volesse dire", racconta ridendo Maria Luisa. Da luglio 2019 la cooperativa è parte di Iamme, la prima filiera italiana contro il caporalato. Nata dall’esperienza del camerunese Yvan Sagnet – che nell’agosto del 2011 a Nardò (Lecce) guidò il primo sciopero di braccianti africani –, la certificazione NoCap tiene conto di molti aspetti aziendali: filiera corta, rifiuti zero, decarbonizzazione, trattamento degli animali e valore aggiunto del prodotto. Quella di Maria Luisa e di suo padre Eligio è stata la prima azienda pugliese ad aderire.
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