21 luglio 2021
Sono passati 10 anni dalla straordinaria vittoria del referendum dell’11 e 12 giugno 2011 per l’acqua pubblica. Era dal 1995 che non veniva raggiunto il quorum per un referendum. Un fatto politico importante anche a livello europeo. Il risultato più grande ottenuto dall’impegno dei movimenti per la difesa dei beni comuni. Il riconoscimento dell’importanza di nostra sorella acqua per le vite di tutte e tutti.
L’acqua è un diritto, non una merce, ed è il bene più prezioso per la vita
Le pratiche con cui i movimenti per la difesa dei beni comuni hanno costruito il loro successo sono state determinanti: unità nella diversità, democrazia partecipativa, orizzontalità nelle relazioni, alleanze a geometrie variabili, processi di deliberazione collettiva. Un metodo che ha consentito di aprire la società italiana alle prime riflessioni sulla giustizia ambientale ed ecologica come elementi indispensabili per raggiungere l’equità sociale e la sostenibilità. Il movimento per i beni comuni attraverso il pluralismo e la riflessività ecologica ha dato vita in quella stagione a una società in movimento, capace non solo di interrogarsi sull’origine della crisi strutturali e sistemiche in cui siamo tutti immersi, ma anche di costruire alternative praticabili e replicabili. Il metodo, la chiarezza degli obiettivi e il linguaggio di quella stagione hanno contribuito con la loro fecondità e capacità a costruire connessioni, relazioni e reciprocità. La battaglia per l’acqua pubblica è riuscita a mettere in secondo piano il grigiore di una politica stretta tra un passato che non torna e le illusioni ipocrite, rivelatesi catastrofiche, di poter controllare un modello che per sua natura non riconosce limiti.
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