La Sala rossa, sede del consiglio comunale di Torino (Foto Ufficio stampa del Consiglio comunale di Torino)
La Sala rossa, sede del consiglio comunale di Torino (Foto Ufficio stampa del Consiglio comunale di Torino)

A Torino nella commissione legalità siede il parente di un boss della 'ndrangheta

L'ex deputato Davide Mattiello attacca la presenza di Domenico Garcea, consigliere comunale di Forza Italia e parente di Onofrio, condannato in via definitiva quale esponente di spicco della locale di 'ndrangheta di Genova e sotto processo per voto di scambio politico-mafioso

Redazione <br> lavialibera

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16 marzo 2022

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Stando ad alcune intercettazioni del 2019, avrebbe ricevuto il sostegno di un parente, un lontano cugino condannato per mafia, e di un suo sodale nella campagna elettorale delle elezioni regionali del Piemonte. Per questa ragione l’attuale vicepresidente del consiglio comunale di Torino, Domenico Garcea, politico di Forza Italia e componente della commissione Legalità cittadina, è al centro di un dibattito. A innescarlo, il consulente della commissione parlamentare antimafia, Davide Mattiello, secondo il quale la nomina di Garcea è inopportuna e “moralmente ripugnante”

L’inchiesta Fenice

Secondo il tribunale gli aiuti di Onofrio Garcea e Francesco Viterbo alla campagna elettorale di Domenico Garcea sono “indicativi dei contatti avuti tra gli affiliati del sodalizio che ci occupa e la realtà politica delle aree territoriali di riferimento”

Gli atti riportati all’attenzione dell’opinione pubblica sono alcune intercettazione dell’inchiesta Fenice, condotta dalla Guardia di finanza e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Torino. L’indagine ruota soprattutto intorno all’ipotesi di voto di scambio politico-mafioso tra l’ex  assessore regionale FdI Roberto Rosso e due uomini, Onofrio Garcea e Francesco Viterbo, arrestati nel dicembre 2019. Secondo l’accusa il politico avrebbe dato ai due alcune migliaia di euro (15mila la cifra promessa, 2.900 quella effettivamente consegnata) per ottenere il loro aiuto nel corso della campagna elettorale (leggi qui la vicenda). Rosso ha scelto il rito ordinario e si trova tuttora sotto processo, mentre Garcea e Viterbo sono stati condannati in primo e secondo grado con il rito ordinario. Nel frattempo, nel 2020 è diventata definitiva la condanna di Onofrio Garcea per associazione mafiosa quale esponente di spicco della locale di ‘ndrangheta di Genova nell'ambito del processo Maglio 3.

A dieci anni dall'inchiesta Minotauro, politica e imprenditoria assenti

Il consigliere comunale di Forza Italia non è mai stato indagato ma negli atti dell'inchiesta Fenice si parla di lui. Sua sorella Chiara è la compagna di Onofrio e chiede all’uomo di dare una mano al fratello. "Ci sarebbe una bella flotta lì a Torino da convogliare su una persona sola, ma senza commettere nulla di strano. Tutto alla luce del sole, tutto chiaro, tutto pulito. Poi basta fare il bene nella zona in cui uno vive", le consiglia il compagno. Il 10 aprile 2019 lei invita lui a distribuire i volantini e lui la tranquillizza dicendole che era ancora troppo presto: “Io adesso non li do alle persone, sarebbe sprecato”. Secondo lui sarebbero stati in grado di prendere voti alle Vallette (quartiere periferico di Torino, ndr) e anche da altri amici: “Non abbiamo amici solamente lì dove abiti tu, anzi dalle altre parti abbiamo molti più amici noi”. Il 25 aprile i due Garcea si sentono al telefono, ascoltati dagli investigatori. “Mi hanno dato ieri una macchina”, dice il politico. “Lasciala lì che magari che mi sposto per andare a vedere per te”, risponde l’altro. Per i magistrati sarebbe un riferimento alle attività della campagna elettorale. A confermare questo sospetto, poi, ci sono altre conversazioni in cui Viterbo sollecita alcuni invitati a una cena elettorale di Rosso a votare invece per Garcea. Nelle motivazioni della sentenza di primo grado contro Onofrio Garcea e Francesco Viterbo, il Tribunale di Torino ritiene che alcuni episodi siano “indicativi dei contatti avuti tra gli affiliati del sodalizio che ci occupa e la realtà politica delle aree territoriali di riferimento”, utili ad aumentare il “controllo del territorio, mediante l'ottenimento di ‘favori’ da parte dei soggetti che avevano goduto del sostegno elettorale”.

“Abbiamo imparato che il perimetro del penalmente rilevante non coincide con quello del politicamente inopportuno e non coincide con quello del moralmente ripugnante – sottolinea ora Mattiello –. Considerati gli stretti legami famigliari tra Onofrio, Chiara e Domenico Garcea a me pare inopportuno che proprio quest’ultimo sia stato chiamato a comporre la commissione Legalità del Comune di Torino. Sarebbe quanto meno necessario che Domenico prendesse pubblicamente le distanze da questi fatti, condannandoli esplicitamente: ad un politico è legittimo chiedere la parola ed il politico ha sempre la responsabilità di scegliere tra reticenza e chiarezza”. 

Cosa è il voto di scambio politico-mafioso?

La polemica politica

La commissione dovrà occuparsi della "analisi del fenomeno mafioso in tutte le sue manifestazioni allo scopo di elaborare proposte di azioni amministrative utili a prevenire e contrastare le infiltrazioni e il radicamento della criminalità organizzata, in primo luogo nelle attività pubbliche"

Il 7 marzo il consiglio comunale ha varato la sua commissione “Legalità, diritti delle persone private della libertà personale, giustizia di comunità, sostegno e memoria delle vittime di reato”. Tra gli obiettivi, si legge nel comunicato stampa, ci sono l'"analisi del fenomeno mafioso in tutte le sue manifestazioni allo scopo di elaborare proposte di azioni amministrative utili a prevenire e contrastare le infiltrazioni e il radicamento della criminalità organizzata, in primo luogo nelle attività pubbliche" e anche la "sensibilizzazione della cittadinanza, a partire dai giovani e dalle scuole nel promuovere la cultura della legalità e del contrasto alla criminalità organizzata come valore fondamentale per la crescita sociale, civile ed economica del territorio e della sua comunità". Tra i suoi componenti, figura anche Domenico Garcea in quota Forza Italia. Da allora Mattiello, presidente della fondazione Benvenuti in Italia, solleva la questione dell’opportunità politica di nominarlo all’interno di questo organismo. “Di cosa si occuperà la commissione Legalità del Comune di Torino? Anche di studiare le più rilevanti inchieste giudiziarie aperte negli ultimi anni, che riguardano precisamente la presenza della ‘ndrangheta sul nostro territorio, gli affari e le collusioni con la politica, al fine di elaborare ipotesi di provvedimenti utili a prevenire e contrastare il fenomeno. Tra queste inchieste c’è sicuramente quella composta da Carminius e Fenice, nella quale si ritrovano proprio i protagonisti di questa vicenda”. Il consulente della commissione parlamentare antimafia non si aspetta l’esclusione di Garcea dalla commissione, ma risposte ad alcune domande: “Domenico Garcea esclude che il cugino si sia interessato alle sue campagne elettorali? – si chiede ad esempio – Cosa pensa della ‘ndrangheta?”. 

Le reazioni

“Domenico Garcea esclude che il cugino si sia interessato alle sue campagne elettorali? Cosa pensa della ‘ndrangheta?”. Davide Mattiello

Già durante la campagna elettorale per le amministrative del 2021 tra gli alleati di Forza Italia serpeggiava qualche dubbio circa la candidatura di Domenico Garcea. In una lettera all’edizione torinese de La Repubblica, che dava conto di quelle perplessità, l’interessato sosteneva “di aver già ampiamente chiarito la mia posizione e che fosse ben noto a tutti che nulla ho a che fare con Onofrio Garcea, arrestato con Roberto Rosso di Fratelli d'Italia, con l'accusa di voto di scambio politico-mafioso. Non nego di avere uno zio che si chiama Onofrio, ma si tratta del fratello della buonanima di mio padre che è completamente incensurato”. Inoltre precisava che l’Onofrio Garcea balzato agli onori delle cronache è un suo “lontano cugino (il grado di parentela è ben il sesto)” sentito soltanto una volta per la scomparsa del padre. 

Adesso il centrodestra è tutto schierato a difesa di Garcea e anche qualche esponente del centrosinistra. Tra questi, la capogruppo del Pd in consiglio comunale, Nadia Conticelli: “Non si delinque per parentela, ma per scelta (Peppino Impastato insegna)”. “Domenico Garcea decida se ispirarsi a Peppino Impastato o a Lucia Riina”, replica a distanza Mattiello. Il Partito democratico, in seguito, ha preso una posizione più netta: "Ribadiamo con forza che la posizione di tutti i Circoli del Pd e di tutto il Partito è chiara: la lotta contro le organizzazioni criminali non deve avere bandiere politiche – affermano in una nota Marcello Mazzù e Domenico Cerabona, segretario e presidente del Pd metropolitano insieme alla stessa Conticelli –. Ribadiamo ancora che riteniamo non opportuna la presenza del consigliere Garcea all'interno della commissione Legalità del Comune di Torino. Infine, siamo ancora in attesa di una di presa di distanze forte e inequivocabile, da parte del consigliere, nei confronti di frequentazioni malavitose di esponenti di cui risulta parente". Il sindaco Stefano Lo Russo auspica una soluzione che ribadisca "l'assoluta estraneità" rispetto a infiltrazioni 'ndranghetistiche e "il garantismo, che è un valore della nostra democrazia": "La 'ndrangheta non ha cittadinanza nella nostra Torino e non deve averne".

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