Napoli, piazza del Plebiscito. Uno striscione in ricordo di Mario Paciolla (dalla pagina Facebook - Giustizia per Mario Paciolla)
Napoli, piazza del Plebiscito. Uno striscione in ricordo di Mario Paciolla (dalla pagina Facebook - Giustizia per Mario Paciolla)

Caso Paciolla, respinta la richiesta di archiviazione. Il gip chiede nuove indagini

La Procura di Roma aveva chiesto l'archiviazione del procedimento sulla morte di Mario Paciolla, il cooperante italiano trovato senza vita in Colombia a luglio 2020: mancano elementi concreti per proseguire. La mamma a lavialibera aveva detto: "Momento difficile, non ci arrendiamo". Il 9 novembre il gup ha respinto l'archiviazione e chiesto nuove indagini

Rosita Rijtano

Rosita RijtanoRedattrice lavialibera

Aggiornato il giorno 9 novembre 2023

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Aggiornamento: Il 9 novembre 2023 il giudice di Roma ha disposto nuove indagini sulla morte di Mario Paciolla, cooperante italiano trovato senza vita il 15 luglio del 2020 a San Vicente del Caguan, in Colombia, dove era in missione di pace per conto dell’Onu.

"Momento difficile", così Anna Paciolla la mamma di Mario Paciolla, il cooperante italiano morto in Colombia il 15 luglio del 2020, commenta a lavialibera la richiesta di archiviazione del procedimento sulla morte del figlio da parte della procura di Roma. E aggiunge: "Ora aspettiamo le motivazioni, ma di certo ci opporremo. Sappiamo che la morte di Mario coinvolge i vertici di organizzazioni internazionali e non è facile, ci prepariamo a tutto". 

Mario Paciolla, due anni senza verità. La mamma: "Non crederemo mai alla tesi del suicidio"

"Aspettiamo le motivazioni, ma di certo ci opporremo. Sappiamo che la morte di Mario coinvolge i vertici di organizzazioni internazionali e non è facile, ci prepariamo a tutto" Anna Paciolla - mamma di Mario Paciolla

La difficile inchiesta della Procura di Roma

Secondo i pm romani, però, le verifiche condotte in questi anni non hanno portato a elementi concreti che consentano di proseguire l'indagine e la tesi più accreditata dai magistrati rimane quella del suicidio. Anche se l'inchiesta non è stata semplice. Fino allo scorso luglio erano state fatte sette rogatorie per ottenere la collaborazione delle autorità colombiane e al lavoro mancavano ancora dei pezzi. Contattata da lavialibera, la procuratrice Lucia Lotti, coordinatrice dell’inchiesta, si era trincerata dietro un "no comment".

Nelle scorse ore la famiglia ha parlato tramite l'avvocato Alessandra Ballerini, che sulla propria pagina Facebook ha pubblicato questo messaggio: "Siamo sconcertati nell’apprendere la notizia della richiesta di archiviazione depositata dalla procura di Roma per l’omicidio di nostro figlio Mario. Noi siamo certi, anche per le indagini che abbiamo svolto, che Mario non si è tolto la vita. Ci opporremo a questa richiesta di archiviazione e ad ogni altro tentativo di inibire o intralciare la nostra pretesa di verità e giustizia".

Lo scorso luglio Ballerini aveva annunciato che i genitori del 33enne napoletano hanno presentato una denuncia formale contro due funzionari delle Nazioni unite e quattro agenti della polizia colombiana. I due funzionari denunciati sono Christian Leonardo Thompson, ex responsabile sicurezza della missione Onu e oggi a capo del Centro operazioni di sicurezza dell’organizzazione, e il collega Juan Vásquez García.

Perché la tesi del suicidio non convince

"Non crederemo mai alla tesi del suicidio", aveva già detto Anna Paciolla al nostro giornale, lanciando un appello a chi lavorava insieme al ragazzo: “Non vi chiediamo di fare gli eroi ma, anche per vie riservate e prendendo tutte le cautele necessarie, di restituirci la verità sulle ultime ore di nostro figlio”.

Per le autorità colombiane e per l’Onu il giovane si sarebbe impiccato con un lenzuolo. Ma sono tanti i punti ancora non chiari della vicenda mentre le indagini della procura di Roma, date quasi per concluse un anno fa, sembrano essersi arenate. Tra gli elementi che rendono poco convincente l’ipotesi del suicidio, con cui è stato derubricato il caso oltreoceano, c’è la quantità di sangue trovata nella stanza di Mario, sproporzionata rispetto ai tagli presenti sui suoi polsi, e soprattutto la pulizia della casa coordinata da Christian Leonardo Thompson.

Proprio con Thompson Mario avrebbe parlato al telefono poche ore prima di morire. “L’ambiente – prosegue Anna Paciolla – è stato completamente ripulito dopo 24 ore, facendo sparire tutto ciò che sarebbe stato utile alle indagini. I protocolli Onu richiedono il rispetto di norme molto rigide in queste circostanze e non riusciamo a capire come mai sia stato commesso un errore così grossolano, se vogliamo chiamarlo errore”.

La morte del 33enne collaboratore dell'Onu, avvenuta il 15 luglio scorso, resta ancora un mistero. Familiari e amici chiedono sia fatta luce. Sullo sfondo, le ombre del processo di pace in Colombia

E poi c’è quel biglietto che Mario aveva in tasca: il biglietto del volo di ritorno nella sua città, Napoli. Sarebbe dovuto partire da Bogotà il 20 luglio, cinque giorni dopo la morte, e – racconta Anna –  “mi aveva persino già chiesto cosa fargli trovare in frigo. Voleva le freselle, quelle al finocchietto, con il pomodoro”. Causa pandemia, avrebbe viaggiato su un volo umanitario, per cui “solo le Nazioni unite hanno potuto preparargli i documenti necessari al viaggio”.

Dalle Brigate internazionali di pace all'Onu: la vita di Paciolla in Colombia

La mamma di Mario racconta di un ragazzo “pieno di vita, con tanti interessi: dal giornalismo, su cui aveva fondato la propria personalità, al cinema. Amava il Napoli, ballare i latino americani, ed era un salutista che si curava molto”. Attivo fin dai tempi dell’università, l’Orientale, per “dare voce agli ultimi”, aveva iniziato a interessarsi della Colombia nel 2015, quando aveva seguito un corso delle Brigate internazionali di Pace (Pbi), organizzazione non violenta canadese che offre protezione ai difensori dei diritti umani nelle zone a rischio del pianeta.

"Mario aveva in tasca il biglietto del volo di ritorno a Napoli: sarebbe dovuto partire da Bogotà il 20 luglio, cinque giorni dopo la morte, e mi aveva persino già chiesto cosa fargli trovare in frigo. Voleva le freselle, quelle al finocchietto, con il pomodoro”.Anna Paciolla

Dal 2016 si era stabilito a Bogotà e tornava in Italia solo per le vacanze. “Non siamo mai andati a trovarlo – dice Anna –, non ne abbiamo avuto la possibilità, e poi Mario ce l’ha sempre sconsigliato”. Per le Pbi, Paciolla coordinava l’ufficio di Bogotà e faceva da scorta di interposizione ai leader sociali minacciati, come la giornalista Claudia Julieta Duque. Un’attività che l’aveva fatto diventare un profondo conoscitore del territorio. Nel 2018 era iniziata la sua collaborazione con l’Onu, sulla quale "in casa manteneva il più assoluto riserbo”.

Le indagini su un bombardamento e i timori di Mario

Grazie alle indagini del giornale El Espectador sappiamo che il 33enne napoletano aveva fatto ricerche su un drammatico avvenimento successo nel Paese sudamericano il 29 agosto del 2019. Quel giorno l’esercito colombiano aveva bombardato l’accampamento di Rogelio Bolivar Cordova, comandante di una cellula di dissidenti delle Farc, che non aveva accettato il disarmo stabilito con un accordo di pace firmato nel 2016 tra il governo e i vertici dell’organizzazione guerrigliera comunista. Mario aveva scoperto che nell’attacco erano morti anche sette minorenni. Una tragedia che ha determinato un terremoto politico, portando alle dimissioni dell’ex ministro della difesa Guillermo Botero, accusato di aver omesso la presenza di non maggiorenni tra le vittime.

"Negli ultimi tempi era sempre più preoccupato, mi aveva confidato che lo volevano fregare. Ma era un cooperante a progetto e pensavamo a problemi di lavoro"Anna Paciolla

La vicenda avrebbe generato delle tensioni anche all’interno delle stesse Nazioni Unite tra chi festeggiava la caduta del ministro e chi temeva possibili ritorsioni da parte delle forze armate colombiane. Inoltre, a informare di quanto accertato dalle verifiche Onu il senatore dell’opposizione Roy Barreras, che ha denunciato pubblicamente il massacro, sarebbe stato il responsabile Onu regionale, Raul Rosende: una decisione non concordata con Ruiz Massieu, capo di tutte le missioni di verifica dell’Onu in Colombia, a causa della sua presunta vicinanza con il governo di Ivan Duque Marquez.

L'inviato del Tg3 Valerio Cataldi ricorda Mario Paciolla, professionista della pace

Di certo, Mario negli ultimi tempi era sempre più preoccupato e i suoi rapporti con l’organizzazione si erano incrinati tanto che – racconta nel suo ricordo scritto per lavialibera Valerio Cataldi, inviato del Tg3 che Paciolla aveva accompagnato in parte del suo viaggio in Colombia – gli unici posti in cui il cooperante non era riuscito a farlo entrare erano quelli gestiti dalle Nazioni Unite. Le preoccupazioni erano diventate visibili anche a mamma Anna, cui aveva confidato che “lo volevano fregare”. “Ma – spiega – pensavamo che il problema riguardasse la possibilità di proseguire il lavoro e che, essendo un cooperante a progetto, magari temesse una recensione negativa da parte dei superiori”.

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