25 novembre 2022
Con Melanconia di Classe (Edizioni di Atlantide) Cynthia Cruz esplora la condizione di emarginazione vissuta da chi proviene dalla working class e non vuole conformarsi alla cultura neoliberista. Saggista, accademica, autrice di diverse raccolte di poesia, Cruz parte dall’esperienza personale per poi allargare lo sguardo sul mondo dell’arte, dello spettacolo, della musica, della letteratura. Qui riscontra ed esamina un’ossessione comune: lo spettro del proprio io proletario abbandonato nel lasciare i luoghi d’origine per “diventare qualcuno”.
Elaborando un’infanzia segnata dal sacrificio di un padre messicano-americano cresciuto lavorando in fattoria e di una madre immigrata priva di legami con il paese di adozione, Cruz sperimenta il contrasto col passato, la vergogna, lo smarrimento per la frattura con il suo mondo, che si manifesta tanto nella scrittura quanto nella vita. Pone poi l’accento sull’inaridimento linguistico del dibattito sulla classe sociale e la persistenza di stereotipi e costrutti che inibiscono un reale cambiamento: "Certi tropi sono coerenti (esistono da decenni), sono un costrutto culturale e sono rafforzati dai mezzi di comunicazione. Eppure, inevitabilmente, certi tropi contraddicono la realtà". Tra continui rimandi a Benjamin, Gramsci, Freud e Fisher, Cruz definisce condizionamenti sociali e comportamenti tossici attraverso le storie di musicisti, scrittori e artisti della working class che, sopraffatti "dai valori e dall’estetica della classe dominante", hanno tentato di omologarvisi o hanno invece rifiutato l’annientamento. Né gli uni né gli altri sfuggono però alla melanconia, allo sdoppiamento vissuto da chi non appartiene a nessuna delle due classi: "Scrivere della working class significa entrare dentro la contraddizione, ma significa anche entrare in un vuoto: il divario tra i mondi, l’intermedio tra due morti".
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