23 giugno 2020
Il dottor Massimo Elesio Giordano non sapeva che lo "Stato" non può entrare a Fondi e al Mercato ortofrutticolo senza il permesso di Giuseppe D'Alterio detto Peppe 'o marocchino, il quale da venticinque anni entra ed esce dal carcere per i suoi rapporti con i casalesi, per il controllo mafioso del trasporto su gomma dell'ortofrutta e per il traffico di droga. Quando a settembre 2018 il commercialista romano viene nominato amministratore de "La Suprema srl", sequestrata dopo l'arresto di D'Alterio nell'operazione "Aleppo", contatta alcuni operatori per mandare avanti l'azienda posta sotto sequestro, al fine di dare continuità al lavoro e alle commesse e anche per rendere visibile, appunto, la presenza dello Stato in una città e in un contesto economico dove la criminalità organizzata si fa sentire con prepotenza. Invece Giordano si arrenderà nel giro di quattro mesi perché attorno a lui, tranne l'iniziale collaborazione di una sola ditta di autotrasporto, verrà fatta terra bruciata e capirà, a sue spese, cosa vuol dire tentare di portare la legalità a Fondi. (Il 16 giugno il senatore Sandro Ruotolo ha presentato un'interrogazione al ministro dell'Interno Luciana Lamorgese per sapere cosa vuole fare per "assicurare la bonifica radicale della filiera agroalimentare da ogni condizionamento mafioso" a Fondi, ndr).
Viene contestato il metodo mafioso: "hanno fatto valere il peso criminale della famiglia D'Alterio"
A febbraio 2019 l'unico vettore che aveva accettato di collaborare, ossia Vincenzo Marzocchi, con la "Trans Logistica", disdirà tutto, comunicando che non vi erano più le condizioni per proseguire il rapporto di sub-vezione in corso . Un ripensamento dovuto al pesante condizionamento ambientale di Giuseppe D'Alterio che viene meticolosamente descritto nell'ordinanza cautelare firmata dal gip di Roma a carico di Giuseppe (il capostipite), Giovanni e Luigi D'Alterio, tutti autotrasportatori di Fondi, oltre che per Crescenzo Pinto, mediatore all'interno del Mof, Anna Milazzo, moglie di Giuseppe D'Alterio e Domenico Di Russo, suo portavoce presso gli altri operatori. È l'operazione Aleppo II, condotta il 2 marzo 2020. Con ruoli diversi tutti hanno rimesso in piedi l'attività della società sequestrata e, in specie, la moglie di D'Alterio ne ha creata una nuova, ossia la "Anna Trasporti" che ne ha preso il posto; al tempo stesso veniva bloccata qualunque forma di concorrenza, il tutto con l'aggravante del metodo mafioso poiché gli indagati "hanno fatto valere il peso criminale della famiglia D'Alterio".
Un nome conosciutissimo nell'ambiente criminale: i casalesi lo rispettano, persino la ‘ndrina dei Tripodo, finché ha avuto un ruolo importante nel Mof di Fondi, lo ha avuto in considerazione. Peppe o' marocchino è stato più volte pizzicato a portare droga insieme all'ortofrutta, confermando che il trasporto su gomma è uno dei principali sistemi di importazione di stupefacenti dalla Spagna attraverso la provincia di Latina. Risulta finora che uno soltanto è riuscito a beffarlo: Renato Pugliese, il primo pentito del clan zingaro dei Di Silvio di Latina, figlio di Costantino Di Silvio detto Cha Cha. Si tratta di due figure di notevole spessore criminale: Cha Cha è finito in carcere per la rete delle estorsioni nel capoluogo pontino ma è famoso per essere stato uno dei migliori amici di Pasquale Maietta, già deputato di Fratelli d’Italia, arrestato nell'operazione "Arpalo" sul riciclaggio di denaro del Latina Calcio verso la Svizzera e imputato nell’omonimo processo in corso davanti al Tribunale di Latina. E nel quale il figlio di Cha Cha, appunto Renato Pugliese, è teste della pubblica accusa nella sua qualità di collaboratore di giustizia. In questa stessa veste ha raccontato l'unica storia che si conosca nella quale Giuseppe D'Alterio, detto Peppe o' marocchino, è stato preso in giro. Pugliese gli ha chiesto una partita di droga, un chilo di cocaina, facendo valere il nome del padre, Cha Cha appunto, ma quando il fratello di “marocchino” ha consegnato il "pacchetto", Pugliese non ha pagato; ciò nonostante ha salvato la pelle, come lui stesso ha riferito nei verbali, solo perché figlio di Costantino Cha Cha. Chiunque altro sarebbe stato perlomeno gambizzato o investito con un autotreno.
Spezzoni di storia criminale di Latina che aiutano a comprendere quello che in più procedimenti giudiziari è il "clima" in questa provincia tranquilla solo in apparenza , ma dove in realtà sguazzano boss, trafficanti e colletti bianchi uniti da un solo, grandioso, interesse, i soldi. Tanti soldi che in quote importanti transitano dal trasporto e dalla mediazione sulle partite all'ingrosso di ortofrutta di cui la provincia di Latina è uno dei maggiori produttori europei grazie anche all'uso spregiudicato di lavoro irregolare e ai quasi diciottomila braccianti sfruttati. È un quadro che si conosce, ben tratteggiato dal più famoso processo di mafia celebrato davanti al Tribunale di Latina, ossia "Damasco", sul caso Fondi. Ma non solo. L'inchiesta “La Paganese” ha ricostruito al millimetro cosa sono l'accordo tra diverse mafie italiane per il trasporto dell'ortofrutta nei vari mercati all'ingrosso e l'imposizione dei prezzi a vettori, produttori, ditte di autotrasporto. Anche gli ultimi arresti dell'inizio di marzo ripercorrono questa stessa, terribile filiera illegale, ma negli atti c'è dell'altro, persino di più inquietante. Ed è il clima di isolamento in cui ha tentato di lavorare l'amministratore giudiziario della "Suprema srl", l'azienda sequestrata a Giuseppe D'Alterio, prima di essere obbligato ad arrendersi e a mettere in liquidazione la società perché nessuno a Fondi voleva lavorare con Massimo Giordano, cioè con lo Stato. Sono stati "compiuti atti di concorrenza con minaccia in modo da estromettere dal mercato la società 'Suprema srl' in amministrazione giudiziaria (...). Gli indagati hanno impedito, con metodo mafioso, agli altri autotrasportatori, tra cui Vincenzo Marzocchi, titolare della 'Trans Logistica srl' di entrare in rapporti commerciali con la 'Suprema'", in specie con l'amministratore giudiziario che pure da tutti viene definito come "una brava persona, capace, che vuole lavorare". L'obiettivo era duplice: da un lato impedire all'amministratore giudiziario di proseguire l'attività, dall'altro agevolare la neonata società dei D'Alterio, "pulita" perché formalmente intestata alla moglie mentre lui era in carcere a Poggioreale dal settembre del 2018.
"La ditta a cui si era appoggiato per effettuare i primi viaggi aveva ricevuto delle chiare pressioni e intimidazioni affinché non fornisse l'apporto logistico e di mezzi necessario a far riprendere l'attività di trasporto interrotta il giorno del sequestro"
Tutti però, a Fondi e nel Mof, sapevano che di lì a poco sarebbe tornato a casa, ai domiciliari e allora per chi collaborava con l'amministratore giudiziario, per gli "infami", sarebbero stati guai seri. Infatti la ditta Marzocchi smette di collaborare con Giordano l'11 febbraio 2019, due settimane dopo Giuseppe D'Alterio otterrà gli arresti domiciliari. Il 12 febbraio 2019 l'amministratore nominato dal Tribunale va a riferire alla Direzione distrettuale antimafia di Roma ciò che ha vissuto e avvisa che sta per recarsi dal giudice che lo ha nominato per rappresentare un grave fatto avvenuto qualche giorno prima e di cui era appena venuto a conoscenza. Ossia che si trovava nell'impossibilità di proseguire l'attività per "La Suprema" in quanto "la ditta a cui si era appoggiato per effettuare i primi viaggi aveva ricevuto delle chiare pressioni e intimidazioni affinché non fornisse l'apporto logistico e di mezzi necessario a far riprendere l'attività di trasporto interrotta il giorno del sequestro e far sì che le cose restassero ferme". "La Suprema" aveva quindici camion disponibili quando la Dda ottenne il sequestro e l'arresto di D'Alterio, a settembre 2018.
Da quel momento spariranno tutti gli autisti tranne uno, la segretaria non si presenterà più al lavoro e darà le dimissioni, nessun operatore del Mof vorrà collaborare con Giordano e persino uno studente chiamato per un colloquio per un impiego amministrativo alla fine rifiuterà. Quando l'amministratore giudiziario chiederà all'unico vettore i motivi per cui interrompe la collaborazione questi gli dirà: "Io ho famiglia a Fondi, ho l'impresa a Fondi". Formalmente quell'operatore non denuncerà mai le intimidazioni, dirà che nessuno vuole avere a che fare con "La Suprema" perché si temono controlli fiscali su chi ha lavorato con D'Alterio. Ma la verità è un'altra ed emerge dalle intercettazioni: D'Alterio veniva informato minuziosamente su cosa accadeva dentro al Mof e si sapeva che una volta fuori si sarebbe vendicato e che nessuno poteva toccare le tratte appannaggio della famiglia, ossia Fondi-Torino e Fondi-Sardegna, ma anche la tratta per la Calabria e Aprilia. Lavorare per D'Alterio o nulla. Pagare un pizzo di cinque euro a bancale o nulla. Ecco perché tutti si tirano indietro davanti all'arrivo di Francesco Giordano, che rappresenta lo Stato. In fondo il procuratore di Roma, Michele Prestipino, lo aveva in qualche modo anticipato, prima di firmare la richiesta di misure cautelari per i D'Alterio e sodali. A gennaio, durante l'audizione in Commissione parlamentare antimafia sul caso Latina, ha detto che la mafia si rigenera e che a Fondi non era cambiato nulla rispetto alle inchieste del 2009. L'operazione di marzo lo conferma: la mafia è mafia perché non cambia mai.
In tutte le inchieste ci sono certe frasi cardine che ne raccontano l'essenza profonda. La frase più brutta pronunciata a proposito del Mercato ortofrutticolo di Fondi l'ha pronunciata Venanzio Tripodo: "Al Mof entra chi dico io" ed è riportata negli atti del processo "Damasco", quello che ha provato il condizionamento della mafia sull'economia del Mof e parte del Comune. Dieci anni dopo Giuseppe D'Alterio, che grazie ai suoi legami col clan dei casalesi ha preso il sopravvento, visto che uno dei fratelli Tripodo (Giovanni) è morto, manda a dire dal suo portavoce che se qualcosa si muove al Mof lui si vendicherà una volta uscito. E così va avanti un importante tassello dell’economia nazionale. Per la cronaca e la statistica: la filiera agricola a Latina è la seconda voce del pil provinciale. Al primo posto c'è la produzione chimico-farmaceutica.
Anche in emergenza raccontiamo chi fa meno notizia. Aiutaci a offrire un'informazione di qualità, sostieni lavialibera
La tua donazione ci servirà a mantenere il sito accessibile a tutti
Record di presenze negli istituti penali e di provvedimenti di pubblica sicurezza: i dati inediti raccolti da lavialibera mostrano un'impennata nelle misure punitive nei confronti dei minori. "Una retromarcia decisa e spericolata", denuncia Luigi Ciotti
La tua donazione ci servirà a mantenere il sito accessibile a tutti