Le sagome di Zaki all'Università di Bologna (Foto Unibo Magazine)
Le sagome di Zaki all'Università di Bologna (Foto Unibo Magazine)

La professoressa di Zaki: "La difesa di Patrick supera i confini"

A lavialibera, Rita Monticelli, ordinario all'Università di Bologna, racconta Patrick studente e ribadisce la richiesta di libertà e giustizia

Natalie Sclippa

Natalie SclippaRedattrice lavialibera

Aggiornato il giorno 22 marzo 2021

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Rita Monticelli è professoressa ordinaria di letteratura inglese e studi di genere all’Università di Bologna, dove è anche coordinatrice del master internazionale sugli studi di genere e delle donne. Questo percorso d’eccellenza, che coinvolge sette università europee, è stato scelto da Patrick Zaki come proseguimento dei suoi studi. "Nel mio corso di 'Teorie femministe tra differenza e diversità' abbiamo affrontato questi temi attraverso i generi letterari di utopia e distopia. Patrick era affascinato da tutti i corsi, che a Bologna si incentrano sulle discipline umanistiche, anche se aveva studiato farmacologia: i nostri studenti hanno background diversissimi". Monticelli è ben consapevole che Zaki è solo uno tra i tanti a essere recluso in Egitto con accuse pretestuose. Proprio per questo, pensa sia importante la posizione dell'Università in difesa di diritti universali come la libertà d'espressione.

Professoressa Monticelli, cosa studia Patrick all’Alma Mater?   

Patrick frequenta il master d’eccellenza Gemma (European master in gender and women studies), punto di riferimento tra le università dell’Unione europea perché particolarmente attento a temi centrali come la valorizzazione delle diversità e il contrasto a ogni tipo di discriminazione. Gli studenti e le studentesse provengono da ambiti differenti e ciò innesca spesso un dibattito costruttivo e coinvolgente. La selezione è rigorosa e prevede borse di studio per giovani particolarmente promettenti. Il curriculum di Patrick gli è valso una delle tre destinate all’Alma Mater. E, infatti, si è dimostrato da subito uno studente molto serio, preparato e determinato a imparare, curioso e aperto.  

È in custodia cautelare da più di un anno, senza processo, e già questo sarebbe un buon motivo per sostenere la sua causa

Che tipo di studente è Patrick?

In questo anno, ho conosciuto non solo gli amici di studio, ma anche chi condivideva con lui la vita fuori dall’università. Tutti serbano grande entusiasmo per Patrick. A lui piace giocare a calcio, incontrare le persone. Pare che lo conoscano tutti nel quartiere. Scoprendo quante cose faceva mi sono persino chiesta, sorridendo: "Ma quando studiava?". Gli esami sono stati superati sempre brillantemente, e non sono esami semplici, perché ha la capacità di vivere intensamente tutto ciò a cui si dedica, non solo in aula, ma anche in città, con la gente, tra le vie di Bologna. 

Secondo lei, il tipo di studio scelto da Patrick ha inciso sulla sua vicenda processuale?

Le accuse, come sa, sono di altro tipo. Piuttosto, penso che chi sceglie discipline umanistiche e studi di genere abbia uno sguardo costruttivo sul mondo e senta il desiderio di sostenere uguaglianza e inclusione, nel rispetto di tutte e di tutti. Forse è uno ‘sguardo’ che tutti noi dovremmo avere. 

In che modo ha reagito l’Ateneo all’incarcerazione di Patrick?

Quest’aspetto è cruciale: abbiamo deciso di esporci. L’ateneo di Bologna ha espresso nel modo migliore un carattere fondamentale dell’università, facendosi promotore della difesa della libertà di pensiero, di espressione, di parola, dello sviluppo e rispetto del pensiero critico. Alla domanda: "Lo sostenete perchè è un bravo ragazzo?", rispondiamo che sicuramente anche questa sua caratteristica aiuta, ma la nostra istituzione persegue una richiesta di giustizia per tutti. Abbiamo compiuto un passo deciso in nome della tutela dei diritti umani e delle persone: è impegno per noi fondamentale e fondativo. 

Zaki, un anno in carcere senza processo nell'inerzia d'Europa

Perché è importante mantenere i riflettori puntati su questa vicenda?

La storia di Patrick ci ricorda che ci sono tante persone nella sua stessa situazione. Ci siamo esposti perché credo che questo debba fare l’università e la società tutta. Sono molto colpita dalla risposta che cittadini e cittadine hanno dato alla sua carcerazione e mi auguro che la stessa attenzione arrivi da chi ha il potere di fare qualcosa. A noi Patrick manca ed è molto doloroso saperlo in prigione. È in custodia cautelare da più di un anno, senza processo, e già questo sarebbe un buon motivo per sostenere la sua causa. L’immagine che hanno dato di lui e i reati che gli sono stati imputati sono davvero lontani da come lo conosciamo.

Mantenendo alta l’attenzione, tutti chiediamo giustizia e libertà

Quali iniziative hanno riscosso più seguito? 

Già la sola presenza della sua sagoma, negli ambienti dell’Ateneo, mantiene viva la speranza di un suo ritorno. Le diverse iniziative che coinvolgono artisti, manifestazioni, raccolte di firme, testimoniano che la risposta è arrivata dalle persone. Noi abbiamo un indirizzo email, forpatrick@unibo.it, a cui tutti possono scrivere. Ne sono arrivate moltissime, dalle madri agli studenti, fino a persone di 80 anni: il sostegno è trasversale. Poi, le consegneremo a Patrick. Alcune le abbiamo anche pubblicate, altre le abbiamo lette l'8 febbraio, giorno del triste anniversario dell'incarcerazione. Questa difesa delle libertà da parte di cittadine e cittadini è parte della nostra tradizione e segno di una solidarietà forte, che deve essere valorizzata.

Eppure, non sono mancate voci discordanti.

Abbiamo avviato un dibattito che include questioni complesse. Patrick è un cittadino egiziano, per questa ragione alcuni hanno espresso perplessità su un impegno così forte. Ma credo esistano questioni sovranazionali, che vanno affrontate oltre i singoli Stati e le singole appartenenze. Ognuno di noi ha pensato di fare la propria parte, secondo le proprie possibilità e strumenti a disposizione. Dopo il sindaco di Bologna, tanti altri hanno conferito la cittadinanza onoraria a Patrick come segnale forte e simbolico. Credo che il governo italiano, quello spagnolo (dove ha sede centrale il master ndr) e l’Unione europea possano intervenire e spero che ciò avvenga. Mantenendo alta l’attenzione, tutti chiediamo giustizia e libertà.  

 

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