7 luglio 2020
Penso che quanto è accaduto abbia permesso agli italiani di capire che la nostra vita è basata su due grandi capisaldi che vanno tutelati: la sanità e l’istruzione. Non è stato subito chiaro quanto sia importante e necessaria la scuola pubblica tuttavia, in questi mesi, molti hanno rivalutato o meglio compreso la funzione della scuola. Da luogo considerato, spesso, solo come uno spazio da attraversare sbrigativamente, magari annoiandosi, addirittura da subire, la scuola è diventata un luogo in cui si desidera andare. Bambini e ragazzi vogliono tornare in classe e i loro genitori sperano di poterceli riportare presto.
Non basta ragionare sul sapere che serve: si deve puntare sul sapere che fa crescere
C’è stata, conseguentemente, un’assunzione di responsabilità da parte del Paese nei confronti della scuola? Speriamo di sì. A questa nuova consapevolezza dovrebbe seguire la destinazione di maggiori risorse economiche individuate, innanzitutto, nel bilancio dello Stato, senza dimenticare che una parte non trascurabile potrebbe provenire da programmi europei che chiederanno di coniugare la percezione dei fondi con progetti riformatori.
Ragazz*, a cosa serve la scuola? La parola agli adolescenti
Sin da ora, occorre fare le scelte giuste. Innanzitutto, ci vogliono risorse che mutino il rapporto piuttosto negativo che l’Italia ha sempre avuto tra spesa per l’istruzione e prodotto interno lordo (Pil), più basso di quello di molti altri Paesi europei. Prima di tutto pensando alle scuole in senso fisico: adeguare i locali, ottenere nuovi spazi, avere maggiori strutture e attrezzatture. Ma non basta: occorre porre subito fine alle distorsioni del passato come le “classi pollaio”: un’espressione bruttissima che è però ormai divenuta di uso corrente. Il che richiede, innanzitutto, scelte coraggiose e mirate in materia di assunzioni del personale della scuola.
Tutto questo ha però un significato solo se si colloca all’interno di un progetto che permetta alla scuola di rinnovarsi. Non si tratta, ovviamente, di varare l’ennesima riforma della scuola, immaginata in tempi brevi e calata dall’alto. È veramente giunto, invece, il momento di avviare un dibattito pubblico - non limitato a coloro che operano all’interno della scuola - che permetta di individuare un grande progetto di istruzione e formazione in cui tutto il Paese possa credere.
A scuola nelle ville dei boss
Bisogna pensare a una scuola aperta all’innovazione. Attorno a noi stanno cambiando molte cose e la scuola deve essere in grado di rispondere al cambiamento, anche in rapporto alle esigenze del mondo del lavoro, che non vanno assecondate, ma non possono nemmeno essere ignorate. Non basta ragionare sul sapere che serve: si deve puntare sul sapere che fa crescere e permette di incontrare altre vite, altre culture, altri mondi. Bisogna pensare a migliorare la qualità della scuola e la sua capacità di dare risposte e di combattere le disuguaglianze. Il sistema di istruzione del nostro Paese ha ancora molta strada da fare in questa direzione. Si parla tanto di valori condivisi: sarebbe bello se un grande valore condiviso fosse quello di dare più scuola, a tutte e a tutti.
Da lavialibera n° 3 maggio/giugno 2020
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