1 marzo 2020
Su di un muro nei pressi del parco “Graziella Mansi” ad Andria, comune capoluogo di provincia in Puglia, c’è un gigantesco murales che tratta di emigrazione giovanile. Questa opera di Daniele Geniale ritrae un ragazzo seduto su una valigia, cellulare in mano e una vignetta nella quale c’è scritto: “Ritornerai?”. È la stessa domanda che viene posta a moltissimi giovani e venne posta a me, due anni fa, quando ho lasciato Avellino per studiare a Gorizia, una piccola città al confine con la Slovenia.
Qualche mese fa Gorizia è stata la location ideale per il festival del turismo responsabile It.a.ca’. Il festival si compone di un tour attraverso numerose città d’Italia e punta a modificare il concetto di turismo valorizzando il territorio e le comunità locali. La parola chiave del festival? “Restanza”. Questa parola suona in maniera antipatica nella testa di tutti quei giovani che amano profondamente la loro terra ma scelgono di inseguire un futuro con possibilità differenti; “Restanza” evoca a primo impatto il verbo “Restare”, ci si sente in difetto nei confronti di chi invece è rimasto. Ma “Restanza” è molto di più, è amore per le radici di un territorio, è il desiderio attivo di cambiare la propria realtà e costruirvi comunità.
Uno dei mantra della società moderna è quello di spingere i giovani a ricercare l’innovatività. Sarebbe una ricetta semplice se non fosse per l’enorme rischio che essa racchiude: fare innovazione sociale vuol dire saltare nel vuoto. Richiede un grande investimento di tempo, di risorse economiche e, molto semplicemente, non presenta esempi di alcun genere perché siamo i primi a compiere il salto. È importante riconoscere che il concetto di cittadinanza è strettamente collegato con l’accesso ai propri diritti. Un cittadino dovrebbe essere messo in condizione di esprimere al meglio le sue potenzialità; al contrario, le nuove generazioni vengono lasciate da sole nella sfida per il loro futuro e nei loro progetti di innovazione. In una società moderna focalizzata sul successo, come sarà gestito il rischio di sbagliare nella scelta della propria strada?
La risposta non è certamente la guerra generazionale, piuttosto è il momento di sviluppare un’ottica integrata. Una società con un orizzonte condiviso diventa comunità ed è capace di reinventarsi e “sognarsi”. “Ciascuno cresce solo se sognato”, scriveva Danilo Dolci riferendosi all’educazione, probabilmente, il tema maggiormente rappresentativo in un sano rapporto intergenerazionale.
Da lavialibera n° 1 gennaio/febbraio 2020
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