Ibargüengoitia profeta in patria (alcuni anni dopo)

La Nuova Frontiera pubblica Ammazzate il leone dello scrittore messicano morto nel 1983. Satira irriverente sulla dittatura, sull'eroismo e sull'invenzione del passato delle nazioni, ancora tremendamente attuale

Livio Santoro

Livio Santoroscrittore

31 marzo 2022

Il 27 novembre 1983, un Boeing 747 partito da Parigi con destinazione Bogotà, volo Avianca 011, si schianta poco prima di raggiungere lo scalo di Madrid, portandosi in pancia centottantuno passeggeri. Solo undici i sopravvissuti. "Un orribile miscuglio di odori di carburante e carne bruciata", testimonierà poi un fotografo dopo essere giunto sulla scena del disastro. Nell’amaro novero delle vittime, un numero nutrito di artisti e intellettuali latinoamericani, al momento in Europa, diretti al Primer encuentro hispanoamericano de cultura, in programma nella capitale colombiana. Tra questi, Jorge Ibargüengoitia, drammaturgo, giornalista e narratore allora residente a Parigi e oggi unanimemente considerato tra i maggiori protagonisti della cultura messicana del secondo Novecento.

Voce non allineata, ebbe successo per i suoi scritti sui giornali popolari con cui irrideva tutto e tutti. Dagli anni Novanta rivalutato anche dalla critica

Un successo tardivo 

Nonostante il largo consenso che attualmente l’opera di Ibargüengoitia riscuote, anche in virtù di un’attenta rilettura avvenuta a partire dagli anni Novanta, durante la vita dell’autore non fu lo stesso. Complice una voce non allineata alle esigenze governative della madrepatria, voce che amava insistere sull’onnipervasiva corruzione messicana del tempo, sui labirinti della burocrazia nazionale, sul fallimento dei propositi rivoluzionari e sulla mendace narrazione delle gesta eroiche di quel passato, Ibargüengoitia subì, in Messico, un trattamento non proprio eccellente dalla critica e dalle gerenze del potere. Ottenne al contrario un formidabile successo tra il pubblico dei lettori che avevano imparato ad amarne l’estro parodiante e l’affilata irriverenza soggettiva sulle testate popolari in cui teneva le sue rubriche di costume, nelle quali usava deridere e traslare in caricatura i messicani tutti, il Partido revolucionario institucional (Pri), al potere senza interruzioni per circa settant’anni, i turisti, gli statunitensi, gli europei, gli eccentrici, i burocrati, le madri, i docenti, gli automobilisti e così a seguire, includendo nelle sue invettive umoristiche svariati gruppi di persone povere o ricche, egemoni o subalterne, senza risparmiarsi tuttavia continui affondi di schietta autoironia.

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