13 luglio 2022
Quando si parla di giovani si pensa subito al futuro, forse perché giovane è sinonimo di speranza. Ma quale speranza dà il futuro a noi giovani? Nasciamo e cresciamo persuasi che ogni nuova generazione debba essere e fare meglio della precedente, scalando i gradini della società fino ad arrivare alla sommità della piramide. È ciò che si pensa soprattutto quando si parla di lavoro. Il figlio dell’operaio ormai deve diventare un professionista, medico o avvocato che sia, e se non lo diventa vuol dire che non si è impegnato abbastanza. È come se il percorso di un giovane sia già scritto, ancor prima che egli stesso possa deciderne le tappe. E se esci da quei binari significa che stai sbagliando, che stai fallendo.
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"Nasciamo e cresciamo persuasi che ogni nuova generazione debba essere e fare meglio della precedente, scalando i gradini della società fino ad arrivare alla sommità della piramide"
Con queste premesse voglio raccontarvi chi sono oggi, grazie ai fallimenti, con la speranza che chi leggerà la mia storia, specchiandovisi, abbia piacere poi a sentirsi imperfetto o fallimentare. Il valore delle scelte. Parto quindi con il presentarmi. Sono una studentessa lavoratrice (come tanti altri della mia età), frequento l’università e nel frattempo lavoro part-time come collaboratrice scolastica (la bidella). Insomma, nulla per cui potrò mai ricevere un premio. Eppure, sintetizzare la mia vita in poche righe non esprime il valore delle mie scelte e dei miei sacrifici quotidiani, anzi, si potrebbe pensare che tutto ciò sia di per sé un fallimento. Ma riguardando il mio percorso, credo si possa giungere a conclusioni diverse: non perché io sia chissà chi, ma semplicemente perché dietro ogni persona e il suo bagaglio di esperienze c’è comunque da imparare: il valore di ciò che si è appreso vivendo.
E qui veniamo a quello che per me è stato un grande fallimento. Quando ho iniziato l’università, ho deciso di intraprendere il percorso di doppia laurea italo-francese nel campo del diritto. Allora facevo giurisprudenza e la voglia di buttarmi in quest’avventura era veramente forte, sentivo che avrei fatto le cose per come devono essere fatte, che sarei diventata una persona migliore, che avrei fatto vedere al mondo quanto davvero valgo. Non avevo piena coscienza di me, ma sentivo che con quest’esperienza sarei diventata una vera donna, forte e determinata. Era quello che immaginavo. Quello che invece è stato ha deluso le mie aspettative. Mi sono scontrata con quello che ero in realtà: fino ad allora non mi conoscevo abbastanza, non sapevo quali limiti avevo né quali erano le mie prospettive di crescita. La botta è stata forte. In questo percorso di doppia laurea sono stata fallimentare, nello studio, ma anche nella vita, nelle relazioni e soprattutto con me stessa.
Quando ho fatto ritorno a casa mi sono accorta che stavo continuando a vivere guardando al passato, all’errore che avevo fatto. All’inizio ho provato a rimettermi in carreggiata con lo studio ma con il passare del tempo e la mancanza di risultati ho capito che non avrei potuto continuare quel percorso. Allora ho deciso che ne avrei fatto a meno, a patto di continuare seriamente gli studi in giurisprudenza. Purtroppo non sono riuscita a concretizzare nulla e quando ho capito che stavo soltanto sprecando tempo prezioso ho deciso di concentrarmi su una materia alla volta per riconquistare fiducia. Proprio in quel momento è arrivato il primo lockdown e sono stata di nuovo travolta da un vortice negativo. Quando l’emergenza è rientrata mi sono convinta a voltare pagina, definitivamente. Avevo davvero bisogno di qualcosa che alimentasse la mia autostima. Vivere nel presente voleva dire e, ancora oggi, significa per me fare delle scelte di concretezza, afferrare risultati tangibili giorno per giorno. Ho capito che la fiamma della vita va alimentata e solo in questo modo potevo affrontare le sfide con un volto nuovo.
La società della performance soffre e non sa più sognare
Finita l’estate, mi sono armata di coraggio e ho trovato un lavoro in una scuola elementare come collaboratrice scolastica. Ho trascorso lì un intero anno, sviluppando qualità che prima trascuravo: responsabilità, organizzazione, resilienza. Lo studio, invece, è passato in secondo piano. Il lavoro mi portava via l’intera giornata e tutte le forze e così ho perso un altro anno. Poi, all’inizio della stagione accademica, ho deciso che dovevo trasferire nello studio la concretezza che avevo acquisito lavorando. La scelta è ricaduta su una laurea triennale, che mi permette di focalizzare meglio l’obiettivo: ora il traguardo non è così lontano.
Non sono delusa da me stessa, né tanto meno dai miei fallimenti, anzi è grazie loro che ho trovato il coraggio per cambiare
In fin dei conti ognuno fa la sua strada e quando ci si impegna qualsiasi percorso è quello buono, anche il più tortuoso. Mettercela tutta non significa per forza puntare alle stelle o avere le idee chiare su chi vorremmo essere da grandi: oggi faccio la bidella, ma domani non so cosa farò. Non è un problema, il tempo e le esperienze mi insegneranno a trovare la via e a capire chi sono. Ecco perché non sono delusa da me stessa, né tanto meno dai miei fallimenti, anzi è grazie loro che ho trovato il coraggio per cambiare. I fallimenti non devono spaventare, semmai sono la chiave per scoprire una parte di noi che non pensavamo esistesse.
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