7 luglio 2020
Ci hanno riempito le orecchie con lo slogan “I giovani sono il futuro” senza chiedersi se ci stavano dando gli strumenti adatti per esserlo. Come possiamo essere il futuro se non riusciamo a comprendere il presente e il recente passato?
Tutti noi riceviamo nozioni sulle civiltà degli Assiri, dei Fenici, degli Egizi e conosciamo la storia greca, etrusca, romana e così via. Tuttavia, nello stesso momento in cui inizia il quinto anno, la fretta inghiottisce tutto: non c’è mai il tempo di arrivare fino all’oggi. Conoscere la storia è importante, ma non sarebbe forse più opportuno prestare maggiore attenzione agli avvenimenti dal 1945 a oggi? Bisognerebbe dare spazio anche alla storia italiana recente, così intrisa di misteri, perché è necessario conoscere quello che è accaduto ieri per comprendere l’oggi.
Lo studio della mafia dovrebbe avere un ruolo centrale perché, anche se non tutti ne sono consapevoli, si tratta di un fenomeno legato indissolubilmente alle nostre vite
In particolare, lo studio della mafia dovrebbe avere un ruolo centrale perché, anche se non tutti ne sono consapevoli, si tratta di un fenomeno legato indissolubilmente alle nostre vite. Potrei fare una lista infinita dei perché anche noi più giovani risentiamo, sulla nostra pelle, della presenza di quel mostro, ma per brevità ne cito solo due: l’inquinamento dell’economia legale da parte dei mafiosi contribuisce a gravare sulle nostre spalle il peccato originale che dovremo scontare, cioè il debito pubblico; inoltre, se è vero che la mafia non è più quella della lupara, è altrettanto vero che trasformandosi non ha cessato di uccidere attraverso morti indirette dovute, per esempio, allo spaccio della droga o al sotterramento dei rifiuti. Dobbiamo studiare la mafia per studiare la storia del nostro Paese, per comprenderlo, viverlo e, perché no, cambiarlo.
Se la scuola esclude, le mafie avanzano
L’associazione Libera con i suoi preziosi progetti nei campi confiscati alle mafie trasmette a chi vi partecipa il valore della legalità. Ma questo non basta. La scuola dovrebbe darci, per esempio, gli strumenti per capire il contesto storico in cui si è deciso di approvare prima la legge sulla confisca dei beni e poi quella sul loro riutilizzo sociale. Io ho avuto la fortuna di avere una docente di italiano e storia capace di trasmettermi la passione per l’argomento, ma mi chiedo: è giusto che chi non ha avuto questa fortuna sia condannato al non sapere?
Non possiamo accontentarci di conoscere Giovanni Falcone, Paolo Borsellino o Peppino Impastato. Sono convinto che la scuola debba farci studiare anche uomini delle istituzioni come Cesare Terranova, Rocco Chinnici, Antonino Caponnetto o giornalisti come Giancarlo Siani, Mauro Rostagno, Pippo Fava. Perché senza questi ultimi, i primi sarebbero stati solo dei Don Chisciotte contro i mulini a vento.
Da lavialibera n° 3 maggio/giugno 2020
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