L'impegno sociale non è da sfigati

"Ho ascoltato molti convegni, ma le parole restano astratte. Dovete spiegarci come trasformarle in azione". Le riflessioni di una giovane studentessa sull'educazione civica a scuola

Nicole Abbate

Nicole AbbateStudentessa del Liceo linguistico Salvatore Pizzi di Capua (Ce)

31 marzo 2022

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Noi adolescenti viviamo con superficialità i nostri giorni e, soprattutto dalle mie parti, in provincia di Caserta, l’impegno sociale viene visto da tanti come una cosa da sfigati. A casa mia (direi purtroppo) si parla spesso, anche troppo, di politica e di camorra, argomenti sui quali quasi per inerzia sono stata costretta a informarmi.

Durante le scuole medie ho ascoltato convegni sulla criminalità, ma mai nessuno ha pensato di portarci nei luoghi dove ha vissuto don Peppe Diana, un paese confinante a quello in cui vivo; nessuno mi ha mai letto o ci ha invitato a riflettere sulla sua lettera che portò alla sua morte. Ho vissuto l’impegno di don Peppe come un fatto astratto e non come qualcosa di reale, capace di migliorare il percorso di tanti giovani.

L'analfabetismo funzionale si nutre di disuguaglianze

Ho ascoltato le parole di magistrati e giornalisti, ma dopo le parole non ho mai visto seguire i fatti concreti che ci invogliassero a un impegno concreto. Ho capito che troppe volte si preferisce il grigio, impedendo a tanti di urlare contro la parte sbagliata perché altrimenti il meccanismo si inceppa, le opere diventano difficili da realizzare per i politici, l’economia si ferma, il consenso cala. Tanto basta inflazionare la parola legalità.

Eh già, perché la camorra, come altre forme di criminalità, ha cambiato pelle e modo di agire e reclutare: ora investe per formare la futura classe dirigente e continuare così a lucrare ai danni dei cittadini e dello Stato in modo quasi legale. Soprattutto nei piccoli centri, da quel che leggo, quel che vedo e quel che vivo, c’è commistione tra controllato e controllore, un intreccio schifoso tra poteri istituzionali (politici e non) ed economici che rende vani i passi avanti fatti contro la criminalità organizzata.

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Allora vorrei che nelle ore di educazione civica mi raccontassero le gesta del comandante di stazione dei carabinieri Baldo Nero (morto da quasi un anno a causa del Covid), che oltre ad aver “ripulito il mio paese” dalla criminalità e dai colletti bianchi, è stato per tanti (più grandi di me) davvero una guida per la comunità e un educatore. In questo modo il suo lavoro e il suo esempio non rimarranno vani, ma saranno proseguiti. Vorrei che mi parlassero della vita, dell’impegno, delle giornate fuori dalle carceri per cercare notizie e anche delle difficoltà della giornalista Rosaria Capacchione, minacciata dalla camorra, affinché la stampa ricominci a fare inchieste senza paura del potente di turno e della perdita delle pubblicità dei potentati economici. Vorrei che la lettera di don Peppe Diana fosse affissa in ogni scuola e che tanti conoscessero l’impegno del “maestro” Gianni Maddaloni, che con la sua palestra a Scampia “ruba” manovalanza ai clan.

Credo e voglio che l’educazione civica, ritornata obbligatoria, ci sproni a impegnarci per il bene delle nostre terre.

Da lavialibera n°13 

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