5 dicembre 2022
La Legge di bilancio è inadeguata, insufficiente e ingiusta, non offre alcuna visione reale del paese e per alcune misure offre coperture solo per tre mesi dell’anno. Per questa ragione 700 realtà sociali si sono date appuntamento il 5 dicembre, a Roma, e in altre 20 città d’Italia. Obiettivo delle assemblee cittadine: rivedere una legge di bilancio che rischia di innalzare ulteriormente i livelli di povertà. Il prossimo appuntamento si terrà il 21 dicembre, per la "Giornata di mobilitazione per l’unità della Repubblica, contro l’autonomia differenziata".
Le proposte elaborate dalle realtà sociali e sindacali che si sono incontrate il 5 dicembre sono sette. L'assemblea chiede:
Le realtà sociali chiedono l’istituzione del Salario minimo per legge adeguato ai livelli europei che coincida con i minimi contrattuali e non diventi uno strumento di sostituzione del contratto di lavoro
Secondo l’ultimo rapporto Svimez una persona su quattro in Italia è a rischio povertà. Cifra che cresce a Sud, toccando più del 40 per cento della popolazione. I dati dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria e del Mezzogiorno sono la prova, l’ennesima, della condizione di crisi del Paese. Condizione che ha spinto più di 700 realtà sociali a organizzare per il 5 dicembre una giornata di mobilitazione nazionale chiamata “Organizziamoci contro il carovita”. L’iniziativa prende le mosse dai contenuti della bozza della legge di Bilancio, per chiedere di modificarla e di rimettere al centro dell’azione politica l’agenda sociale.
La legge di bilancio classista, che fa cassa sui poveri e taglia ancora una volta su settori cruciali come la sanità e l’istruzioneElisa Sermarini - Rete dei Numeri pari
Nonostante non siano ancora stati divulgati gli allegati della manovra, che dovrà essere approvata entro fine anno, secondo Elisa Sermarini della Rete dei numeri pari, ciò che emerge è sconsolante: “Il nostro parere è negativo perché è una manovra classista, che fa cassa sui poveri e taglia ancora una volta su settori cruciali come la sanità e l’istruzione. La pandemia sembra non aver insegnato niente. L’obiettivo è rimettere al centro del Paese la voce dei diritti, contro le disuguaglianze e l’esclusione, per la giustizia sociale e ambientale, con una mobilitazione costruita dal basso. Lavoriamo insieme per dare una visione politica reale, basata sulla realtà e sulle sofferenze che incontriamo ogni giorno”.
Uno dei temi caldi delle assemblee è il reddito di cittadinanza, che si chiede di riformulare a partire dal 2024. Giovanni Russo Spena del comitato Giuristi democratici spiega: “Il governo taglia la possibilità del reddito a 660mila persone e lo collega al decreto flussi, ciò significa che, se passa la misura, il numero di ingressi concessi ai lavoratori stranieri sarebbe calcolato sottraendo questa cifra al numero di persone che già percepiscono il reddito e accetta un’offerta di lavoro”. Russo Spena legge in questo anche un potenziale criminogeno: “Bisogna stare attenti perché la disperazione potrebbe favorire la criminalità organizzata, favorendo un welfare mafioso che aiuta subito chi ha bisogno”.
“Bisogna stare attenti perché la disperazione potrebbe favorire la criminalità organizzata, favorendo un welfare mafioso che aiuta subito chi ha bisogno”Giovanni Russo Spena - Giuristi democratici
Anziché ridimensionato, il nuovo reddito dovrebbe contenere due grandi correzioni per diventare essere antirazzista e antipatriarcale. “Il requisito, per ottenere il reddito, di vivere in Italia da almeno 10 anni di cui gli ultimi due consecutivi, è iniquo e incostituzionale – continua –. In più deve essere ripensata anche la regola dell’attribuzione che si basa sul numero dei componenti della famiglia, e quindi alla quantità di figli messi al mondo dalle madri”. Secondo il comitato, “esiste un diritto all’assistenza che non è il male assoluto, ma una necessità per garantire diritti a chi ha più bisogno”.
Dal 1990 al 2017 la percentuale di lavoratori poveri sul totale dei lavoratori è passata dal 25,9 al 32,2 per cento. Il dato emerge dal rapporto sui bassi salari redatto dal Forum Disuguaglianze e Diversità, anch’esso tra gli organizzatori della mobilitazione. “Negli ultimi 40 anni il lavoro ha perso potere – commenta Silvia Vaccaro del Forum – e questa è una delle cause dell’aumento delle disuguaglianze”. Dal rapporto emerge che i lavoratori part time sono tra quelli che percepiscono bassi salari, e spesso il part-time è involontario. “Questo deriva dalla deregolamentazione delle forme contrattuali”. “La reintroduzione dei voucher di cui si parla, spinti fino a 10mila euro annui, ma senza le tutele di un contratto, va in una direzione opposta a quella auspicabile”. Le risposte, secondo la mobilitazione, devono andare nella direzione dell’estensione della contrattazione collettiva, dell’istituzione di un salario minimo, e di un aumento dei controlli ispettivi. “Si sta minando un sistema di protezione universale del reddito, con aiuti solo per pochi” denuncia Vaccaro.
Anche i mutui per gli under36, previsti in manovra, funzionano poco perché senza contratti stabili si fatica ad accedere ai finanziamentiSilvia Paoluzzi - Unione Inquilini
Nella questione lavorativa si inserisce anche quella abitativa, come spiega Silvia Paoluzzi dell’Unione inquilini: “Su 250mila persone pende una sentenza di sfratto e all’interno della recente finanziaria manca il diritto all’abitare. Dobbiamo ancora leggere le tabelle C (allegati che approfondiscono le misure e che non erano presenti nella bozza, ndr) ma il tema è sparito dal testo. È scomparso anche il contributo all’affitto, che, seppur una tantum, aiutava moltissime famiglie. Non ci sono stanziamenti per aumentare il patrimonio pubblico e neanche per il recupero degli alloggi pubblici, ora in abbandono ma che possono dare una casa a persone che vivono in difficoltà. Il bonus fino al 110 per cento non è stato adoperato per il patrimonio pubblico. Anche i mutui per gli under36, previsti in manovra, funzionano poco perché senza contratti stabili si fatica ad accedere ai finanziamenti ”.
La manovra rischia di peggiorare ulteriormente il divario economico del Paese. Lo sottolinea Marina Boscaino, dei comitati per il ritiro di ogni autonomia differenziata, che spiega a lavialibera i motivi della loro adesione alla manifestazione. “Ci opponiamo al progetto di autonomia differenziata, per noi eversivo perché conferisce alle regioni a statuto ordinario la possibilità di avere una potestà legislativa esclusiva su 23 materie che rientrano nella nostra vita quotidiana. Questo porterà alla determinazione di 20 staterelli che procederanno a velocità diverse, gestendo internamente il gettito delle tasse, e alla fine del principio di solidarietà nazionale”.
La priorità è non istituzionalizzare le disuguaglianze
La priorità è non istituzionalizzare le disuguaglianze: “La determinazione dell'iter di definizione dei livelli essenziali di prestazione che il ministro Roberto Calderoli inserisce all'articolo 143 della legge di bilancio, qualora ci fossero davvero i fondi, garantirebbe eventualmente solo servizi essenziali per la parte povera del paese, mentre il nord potrebbe godere di benefici ben diversi e rimanere al traino della locomotiva europea. Noi pensiamo che i livelli di prestazione debbano essere uniformi per tutto il Paese”.
Oltre alle risorse, serve chiarezza su chi potrà ricevere i fondi. Misha Maslennikov di Oxfam Italia si è occupato della redistribuzione: “Il settore energetico ha fatto molti extraprofitti da quando è scoppiata la guerra in Ucraina: chiediamo che nel contributo di solidarietà - che andrà ad aggiungersi a quello già presente - , l’aliquota sugli extraprofitti passi dal 50 all’80 per cento, allargandosi anche ai settori assicurativo e a quello farmaceutico.” Ambiti da cui si potrebbero ricavare fino a 5 miliardi: “Vogliamo che queste somme siano vincolate in maniera formale a chi sia in difficoltà a pagare le bollette, ma anche a copertura di spese sanitarie e per l’acquisto di generi alimentari di prima necessità”.
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