San Luca, paese in provincia di Reggio, per anni ritenuto una roccaforte inespugnabile del crimine, è alle prese con i problemi ordinari della Calabria: “Non c’è lavoro” San Luca cerca un'immagine diversa | lavialibera
San Luca (Reggio Calabria) vuole essere ricordato come il paese natio dello scrittore Corrado Alvaro (Foto di Francesco Donnici)
San Luca (Reggio Calabria) vuole essere ricordato come il paese natio dello scrittore Corrado Alvaro (Foto di Francesco Donnici)

Il paese di San Luca cerca un'immagine diversa

Comune in provincia di Reggio, per anni ritenuto una roccaforte inespugnabile del crimine, San Luca è alle prese con i problemi ordinari della Calabria: "Non c'è lavoro"

Francesco Donnici

Francesco DonniciGiornalista

12 settembre 2023

San Luca rappresenta storicamente il centro nevralgico dei luoghi deputati a custodire l’ortodossia ’ndranghetista. L'indagine Eureka ha dimostrato che il paese sull'Aspromonte rimane centrale per la 'ndrangheta e i suoi traffici. Nella relazione con la quale, nel 2013, il prefetto di Reggio Calabria Vittorio Piscitelli chiese l’azzeramento del consiglio comunale per le infiltrazioni mafiose nell’amministrazione, il paese è definito "una roccaforte inespugnabile del crimine". Oggi all’ingresso del centro abitato c’è un nuovo cartello: "Se la Calabria ha un cuore… questo batte a San Luca. Qui nacque Corrado Alvaro". Sostituisce quello precedente, ormai famoso, forato dai proiettili delle lupare. Il borgo, un tempo "fulcro dei collegamenti tra le famiglie dell’intera area", al centro della provincia tra la montagna, la Piana e la città di Reggio, prova a dare un’immagine diversa di sé. Le strade sono addobbate a festa.

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San Luca, luogo dell'ortodossia mafiosa

Sull’asfalto si legge la scritta "Viva Maria ", lasciata da bombolette spray e gessetti nell’anno della peregrinatio della Madonna della Montagna. La statua lignea arriva in visita alle comunità della zona partendo dal santuario di Polsi, uno dei luoghi più mistici della regione, forse anche per questo scelto come "punto di riferimento sacro della ’ndrangheta".

Proprio qui nel 2009 – secondo l’inchiesta Crimine – Domenico Oppedisano, fino a quel momento sconosciuto ai più e incensurato, era stato investito capo- crimine della ’ndrangheta, concepita in forma unitaria. Un nome scelto su indicazione del boss rosarnese Vincenzo Pesce, per bilanciare i delicati equilibri di potere esistenti tra le famiglie del Reggino. "Polsi non è il santuario della ’ndrangheta", rimarca invece don Tonino Saraco, chiamato nel 2017 dal vescovo di Locri Francesco Oliva a succedere come rettore a don Pino Strangio, dimissionario dopo la condanna nel primo grado del processo Gotha a 9 anni e 4 mesi. "Non posso dire che non sia successo nulla, ma non ci si può concentrare solo su vent’anni di un luogo con una storia millenaria ".

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