Una foto della manifestazione sulla spiaggia di Cutro. Credits: Libera
Una foto della manifestazione sulla spiaggia di Cutro. Credits: Libera

Ciotti: "Esportiamo nel mondo l'immagine della Calabria coraggiosa"

La 'ndrangheta si è diffusa a macchia d'olio dalla Calabria in tutto il mondo, diversificando gli investimenti e riuscendo a infiltrarsi nell'economia legale. C'è però una Calabria capace di solidarietà e inclusione che va diffusa

Luigi Ciotti

Luigi CiottiDirettore editoriale lavialibera

12 settembre 2023

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A fine estate, chi ha avuto la fortuna di poterci andare è felice di raccontare le proprie vacanze. "E tu, dove sei stato?", è la domanda tipica che ci si scambia. Così, fra località di mare e montagna, città d’arte e mete esotiche, si ha l’impressione di fare un piccolo supplemento di viaggio. "Dove sei stato di bello?", ho chiesto a tanti amici. Corsica, Sicilia, Spagna, Grecia… Ognuno raccontava con occhi brillanti il tempo del riposo e della scoperta di posti nuovi, o del ritorno alla terra d’origine. Lavialibera non è però una rivista di viaggi e, mio malgrado, durante quelle chiacchierate allegre pensavo a questo numero in uscita e al diverso tipo di “turismo” che vi si tratta. Il turismo criminale.

Criminalità oltreconfine

L’operazione Eureka del maggio scorso (qui la cronaca), cui è dedicato il dossier delle prossime pagine, è soltanto l’ultima di una serie d’indagini che hanno dimostrato la presenza pervasiva della ’ndrangheta in Europa. La capacità di quest’organizzazione mafiosa di diversificare i propri investimenti, sia attraverso i traffici illeciti che infiltrando il mondo dell’economia legale.

L'economia nera che muove il mondo

Proprio nel settore del turismo, le cosche hanno interessi lucrosi. Alberghi, ristoranti e locali per il divertimento notturno sono fra i canali preferiti per insediarsi nei territori e riciclare il denaro sporco. Così, chi sceglie le coste spagnole alla ricerca di spiagge alla moda e movida, rischia di alimentare una delle più potenti mafie a livello mondiale. Chi ordina un piatto di pesce fresco in un dehor della Costa Azzurra, potrebbe occupare lo stesso tavolo che ha visto trattare partite di droga milionarie. E ancora, chi siede accaldato al tavolino di un bar in una delle tante città d’arte d’Italia, con lo sguardo pieno di meraviglia al termine di una visita culturale, potrebbe inconsapevolmente finanziare ciò che della bellezza è l’esatto opposto: il marciume di pratiche criminali che saccheggiano il bene comune e calpestano la dignità degli esseri umani.

Partita dal Belgio, Eureka ha condotto gli investigatori sulle tracce degli interessi sporchi delle ’ndrine in otto paesi europei. Possiamo vederla come il successo di un coordinamento sempre maggiore fra le forze di polizia e la magistratura dei diversi stati. Ma anche come la triste conferma della forza delle mafie nel propagarsi al di là di qualsiasi confine. Del resto, non è l’Europa la sola terra di conquista per la ‘ndrangheta.

Quando, nel 1983, il Gruppo Abele diede avvio a un piccolo ma tenace progetto di cooperazione internazionale in Costa D’Avorio, non avremmo mai immaginato di trovarci, 40 anni dopo, a studiare la presenza delle ’ndrine anche in quel territorio. Ne parlano i documenti della Direzione investigativa antimafia (Dia), che raccontano interessi sempre più estesi della criminalità italiana nel Sud del mondo, in competizione e talvolta in combutta con la criminalità locale. Non a caso, negli stessi giorni in cui si festeggiavano i 40 anni della Communauté Abel di Grand Bassam, in quella città abbiamo deciso di svolgere il primo incontro della rete Place – Pace e liberazione in Africa per il cambiamento e la partecipazione – promossa da Libera. E sempre lì abbiamo incontrato la moglie di Daouda Diane, un mediatore culturale e operaio ivoriano scomparso oltre un anno fa ad Acate, in Sicilia, dopo aver denunciato le condizioni di sfruttamento sul lavoro subite insieme ad altri. Il terribile sospetto è che a causa di questo suo impegno sia stato ucciso. Arrivava dalla Costa D’Avorio la giovane mamma che all’inizio di agosto ha perso il suo bimbo in un naufragio – l’ennesimo – al largo di Lampedusa. E ivoriane erano anche Fati e Marie, madre e figlia, la cui foto è diventata il simbolo del dramma dei migranti respinti dalla Tunisia verso il deserto libico. Sono morte di fame e di sete.

Verità per Daouda, scomparso dopo le denunce sul lavoro

Contro la speranza

Viaggiano i capitali, viaggia la conoscenza, viaggiano i cittadini, purché abbiano i passaporti dei paesi “giusti”. Mentre rimangono ferme immobili le coscienze di tanti di fronte alle ingiustizie

Ecco una delle più insopportabili ipocrisie del nostro tempo. Frontiere impenetrabili, fatte di sabbia o di mare, di caldo estremo o di freddo che uccide, si oppongono alle speranze di migliaia di esseri umani inermi in cerca di opportunità per vivere in maniera dignitosa. Retoriche politiche disumane, nutrite a colpi di soldi pubblici destinati ad armare dittatori e polizie violente e corrotte, si ergono a proteggere la “fortezza Europa” contro di loro.

Quelle stesse frontiere si rivelano, invece, deboli e permeabili quando a volerle attraversare sono i soldi sporchi, i traffici di morte della droga, delle armi o dei rifiuti tossici. Vediamo un mondo globalizzato che favorisce il movimento di merci e persone. Un mondo capace di unire le intelligenze per fare ricerca e affrontare in modo trasversale le sfide del presente. Bello che sia così! Vediamo, però, anche un mondo attraversato dai capitali legali e illegali. I soldi, inclusi quelli che grondano interessi sporchi e sangue innocente, viaggiano alla velocità di un click, come provato dalle recenti scoperte in materia di cybercrimine. Mentre questo stesso mondo rimane crudelmente diviso da muri e reticolati, quando si tratta di lasciar circolare i più poveri e disperati.

Viaggiano i capitali, viaggia la conoscenza, viaggiano i cittadini, purché abbiano i passaporti dei paesi “giusti”. Mentre rimangono ferme immobili le coscienze di tanti di fronte alle ingiustizie. Ferme le politiche chiamate a prevenire il crimine e contrastarlo. Ferma la consapevolezza, a livello pubblico, del furto di bene comune e futuro che le mafie continuano a compiere. Una consapevolezza che anzi sembra arretrare, in base alle rilevazioni di Libera.

L’altra Calabria

Fra le tragedie quasi quotidiane del Mediterraneo, tomba d’acqua per migliaia di innocenti, una in particolare ha suscitato indignazione. Quella accaduta nel febbraio scorso al largo di Cutro, in Calabria, quando decine di migranti in arrivo soprattutto da Iran, Pakistan e Afghanistan, persero la vita anche per un rimpallo di responsabilità fra chi avrebbe potuto e dovuto intervenire a salvarle.

Naufragio di Cutro: indagini sulle falle nei soccorsi

La Calabria dove la ’ndrangheta ha le sue radici criminali e culturali, quella Calabria che ha visto emigrare in tutto il mondo migliaia di famiglie oneste e laboriose, ma anche una minoranza di boss avidi e spietati, si è sentita una volta di più chiamata a scegliere fra umanità e disumanità, diritti e privilegi.

Sono stati tantissimi i calabresi che hanno voluto manifestare cordoglio per le vittime e sdegno per i meccanismi oppressivi che, nei loro paesi d’origine come qui in Europa, le hanno portate alla morte. A quella Calabria ci siamo stretti con gratitudine. Esportare nel mondo l’immagine di una Calabria del malaffare anziché della solidarietà e dell’inclusione – la Calabria coraggiosa! – è qualcosa a cui dobbiamo opporci con tutte le nostre forze.

Da lavialibera n° 22, Altro che locale

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