3 maggio 2023
È un’indagine immensa, capace di seguire gli affari della ‘ndrangheta in tutta Europa e in Sudamerica. Traffici di droga, ma anche diarmi da guerra, e moltissimi soldi riciclati in ristoranti, gelaterie e immobili. È l’operazione Eureka, condotta dai carabinieri del Raggruppamento operativo speciale (Ros) e del Comando provinciale di Reggio Calabria, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia reggina, un’indagine a cui hanno collaborato anche altre procure italiane e forze di polizie di Belgio, Spagna, Portogallo e altri Stati europei. In Italia, i militari dell’Arma hanno arrestato 108 persone (85 in carcere) sulla base di quattro ordinanze di custodia cautelare. Gli indagati sono accusati a vario titolo d'associazione mafiosa; concorso esterno e traffico internazionale di droga con l'aggravante di transnazionalità e di ingente quantità; traffico di armi, anche da guerra; riciclaggio; favoreggiamento; trasferimento fraudolento e procurata inosservanza di pena. Non solo. In contemporanea, in Belgio e in Germania sono state arrestate rispettivamente altre 15 e 24 persone, mentre le Dda di Genova e Milano facevano arrestare altre 15 e 38 persone nell’ambito di altre due indagini connesse.
L’inchiesta di Reggio Calabria è cominciata nel 2019 dopo i contatti con la Polizia federale del Belgio che, alcuni anni prima, aveva acceso un faro sulle attività di un gruppo di calabresi, vicini alla cosca Nirta di San Luca attiva a Genk (Be) nel traffico internazionale di cocaina. Gli investigatori belgi erano riusciti a infiltrare quel gruppo con un agente sotto copertura: “C’è voluto un anno per diventare amici – ha spiegato Roger Grosemans, dirigente della Polizia federale belga –. Dopo tre anni di amicizia, siamo stati inviati a passare le festività a San Luca. Prima di andare a San Luca, siamo venuti in Italia e abbiamo avuto un incontro con le autorità giudiziarie e i carabinieri del Ros. È emerso un comune interesse”.
I carabinieri hanno a loro volta cominciato a lavorare sulla famiglia Strangio “Fracascia”, "nelle cui fila operano esponenti delle famiglie Nirta 'Versi" e Strangio 'Janchi', protagoniste della strage di Duisburg", si legge in una delle ordinanze. Da qui, l'interesse è stato esteso ad altre famiglie di San Luca e di Bianco. Una figura ha attirato l’attenzione ed è quella di Rocco Morabito, chiamato Tamunga, uno dei latitanti italiani più ricercati, arrestato in Brasile nel maggio 2021 insieme a Vincenzo Pasquino, altro latitante ricercato dalla Dda di Torino. Mentre gli investigatori erano sulle sue tracce, scoprono che tra le sue attività illecite non c’è soltanto il traffico internazionale di cocaina, ma anche la compravendita di armi da guerra: “La consorteria aveva offerto un container di armi da guerra, da approvvigionarsi tramite non meglio identificati soggetti pakistani, a un’organizzazione paramilitare brasiliana che, in cambio, avrebbe spedito ingenti quantità di stupefacente presso il porto di Gioia Tauro (Rc)”, riassume l’Arma in un comunicato.
Per quanto riguarda il traffico internazionale di stupefacenti, dalle indagini – basate anche sull'analisi delle chat dei criptofonini con sistemi di comunicazione criptati come Encrochat, SkyEcc e Anom – è emersa l’attività di di tre organizzazioni legate alle principali cosche della 'ndrangheta del mandamento jonico reggino, con le radici in Calabria e ramificazioni nel resto d’Italia e all’estero. Questi tre gruppi, anche in sinergia tra loro, si rifornivano dai narcotrafficanti colombiani (come quelli del clan del Golfo, un’organizzazione paramilitare di primo piano), ecuadoregni, panamensi e brasiliani e gestivano il commercio anche verso l’Australia (dove la 'ndrangheta è presente da quasi un secolo), dove il prezzo di vendita della coca è molto più alto rispetto al mercato europeo.
Dalle chat di Sky Ecc i segreti della rete del narcotrafficante Imperiale
Gli investigatori hanno accertato tra il maggio 2020 e il gennaio 2022 il trasporto di sei tonnellate di cocaina, di cui la metà sequestrata. Per muovere il denaro, i trafficanti calabresi si avvalevano della collaborazione di altre persone, in particolar modo di nazionalità cinese, specializzate nel pick-up money, o di spalloni. Sono circa euro 22,3 milioni, le somme spostate con tali modalità, parte dei quali reimpiegati nell’acquisto di auto e beni di lusso, nonché utilizzati per avviare e finanziare attività commerciali a Mentone (in Francia), in Portogallo e Germania, dove venivano anche riciclati sfruttando attività di autolavaggio.
Un filone dell'indagine riguarda il reinvestimento di denaro sporco attraverso i ristoranti. In particolare, gli investigatori si sono concentrati sulla società di Domenico Giorgi (classe 1960), indagato insieme ai figli di associazione a delinquere di stampo mafioso, riciclaggio, autoriciclaggio e intestazione fittizia. Viene ritenuto "il dominus occulto di un vero e proprio 'impero', composto da una società italiana (la 'Caffè In srl') che controlla il ristorante 'Antica Trattoria da Pallotta' di Roma, e da nove società portoghesi che gestiscono cinque ristoranti a Lisbona, Braga e Porto, i cui proventi confluiscono in una cassa comune e vengono suddivisi tra tutti i soci, formali e occulti, del gruppo".
Giorgi, "senza avere alcun titolo formale, interviene in maniera diretta, definendo modalità strategiche e di gestione, istruisce i soci formali, impartendo precise direttive, e partecipa alla divisione degli utili 'in nero'". Era il referente di tutti. Ogni giorno i responsabili dei locali, "La porta" e "Caffè Italy" a Braga, "Italy Caffè" e "AI Garage" a Lisbona, "Italy Caffè Gaia" a Vila Nova de Gaia e "Antica Trattoria da Pallotta" a Ponte Milvio (quartiere in di Roma) riferivano informazioni su affluenza e incassi.
* In aggiornamento
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