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Dalle chat di Sky Ecc i segreti della rete del narcotrafficante Imperiale

La Dda di Napoli punta i fari su 180 utenti dell'app SkyEcc, una chat criptata che gli investigatori europei sono riusciti a decodificare. L'indagine italiana, che ruota intorno alle attività del trafficante di droga Raffaele Imperiale, è ancora in pieno svolgimento e promette di coinvolgere decine e decine di indagati in diversi continenti

Daniela De Crescenzo

Daniela De CrescenzoGiornalista

12 dicembre 2022

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Nome in codice: “Operazione Zio”. E lo “zio”, in questo caso, è il narcotrafficante Raffaele Imperiale sui cui commerci indagano le polizie di mezzo mondo. I suoi soci, secondo la Dea (Drug Enforcement Administration), sono l’irlandese Daniel Kinahan, il serbo Edin Gacanin Tito e Ridouan Taghi (Marocchino residente ad Amterdam) insieme ai sudamericani Richard Eduardo Riquelme Vega (Cileno emigrato in Olanda) e Dairo Antonio Úsuga Colombia).

Quella tuttora in corso è una delle più vaste inchieste europee sul narcotraffico  ed è anche il quadro al cui interno si muove l’indagine italiana sui broker delle droghe Raffaele Imperiale e Bruno Carbone. L’operazione è ancora in pieno svolgimento e promette di coinvolgere decine e decine di indagati in diversi continenti perché la squadra formata da investigatori olandesi, belgi e francesi – come è ormai noto – è riuscita a “bucare” due sistemi di comunicazioni criptate, Encrochat e Sky Ecc, recuperando milioni di chat a cui hanno partecipato tra il 2019 e il 2021 i delinquenti sparsi in diversi continenti.

Il narco Imperiale è in cella, ma la caccia al suo tesoro prosegue

Sky Ecc, tutto il narcotraffico minuto per minuto

Un mole di materiale enorme, che coinvolge organizzazioni criminali di diversi Paesi e che sta attivando i magistrati europei e non solo. L’indagine della Direzione distrettuale antimafia campana che nelle scorse settimane si è conclusa con 28 arresti è, dunque, solo la prima di una serie che potrebbe mettere in ginocchio diversi clan. Quello che si è aperta è una finestra che permette di spiare in casa dei criminali in una sorta di Grande fratello planetario dei clan.

Basti pensare che sono 180 i pin (i codici identificativi di ogni utente di Sky Ecc) al centro dell’attenzione della Dda campana: quelli attivi sui server sono, invece migliaia. Ma, come dimostra l’ordinanza di custodia cautelare firmata a metà novembre dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, Linda D’Ancona, il materiale messo insieme dalla sezione narcotici della questura di Napoli e dal nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza napoletana, è imponente. Sono gli stessi trafficanti a raccontare in diretta i viaggi degli stupefacenti, quelli del denaro e quelli dell’oro. Alle conversazioni aggiungono, come in qualsiasi normale chat, un gran numero di foto e video mostrandoci i container carichi di cocaina, i depositi, le auto utilizzate, le mazzette di denaro, i biglietti di banca firmati, da loro chiamati token, utilizzati come strumento di riconoscimento dai corrieri. Tutto il narcotraffico minuto per minuto.

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Raffaele Imperiale a ottobre ha manifestato la volontà di collaborare con la giustizia: già quattro verbali di dichiarazioni sono stati depositati, ma da lui ci si aspetta molto di più

A fregare i boss, dunque, è stata la tecnologia: i sistemi di chat criptate assicuravano non solo l’anonimato (garantito dall’utilizzo dei pin), ma anche la cancellazione immediata dei messaggi che invece sono stati rintracciati dalla squadra degli “hacker” europei sui server remoti dei sistemi.

Per seicento euro al semestre, più cento euro al mese, Imperiale e compagni erano sicuri di aver comprato l’impunità e invece stavano già percorrendo la strada della prigione: una strada sicuramente lunga, ma senza via d’uscita. E infatti ad agosto 2021 Raffaele Imperiale è stato arrestato al Jumerai Estates Golf Resort, un complesso extralusso di Dubai in cui si era trasferito dopo aver abitato nell’hotel simbolo di Dubai, l’hotel Burj Al Arab dove una stanza costa 1.500 euro a notte.

Bruno Carbone, invece, è arrivato in manette dalla Siria dove era stato fatto prigioniero dalla milizia Hayat Tahrir al Sham (Hts). Probabilmente il Paese mediorientale era una delle tappe da coprire in un piano di fuga che si è rivelato ad alto rischio. Carbone si sarebbe affidato alla persona sbagliata e quando i suoi carcerieri lo hanno prelevato dalla cella, gli hanno permesso di radersi e di lavarsi e infine lo hanno fatto rivestire con abiti civili per poi farlo arrivare in Italia attraverso la Turchia, e – finito in carcere a Rebibbia – ha prontamente ammesso i reati che gli venivano contestati. Imperiale, invece, sin da ottobre ha manifestato la volontà di collaborare con la giustizia e già quattro verbali con le sue dichiarazioni sono stati messi a disposizione degli avvocati dei suoi coindagati per le udienze del riesame sulle misure cautelare. Per essere davvero interessanti per gli inquirenti, però, le sue dichiarazioni dovranno raccontare quello che non ha detto nemmeno ai suoi soci.

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Le indagini napoletane

Molto, moltissimo gli inquirenti italiani già sanno: non è stato facile identificare i possessori dei pin e ricostruirne le mosse, ma il lavoro ha dato buoni frutti come si evince da due ordini investigativi europei inviati dal procuratore della Dda Maurizio De Marco alla Procura nazionale antimafia che li ha inoltrati all’autorità giudiziaria francese (la Giurisdizione nazionale contro il crimine organizzato, Junalco) di Parigi per chiedere la consegna ufficiale dei contenuti delle chat. Dalla lettura dei cosiddetti Oie, messi disposizione dei difensori dei 28 indagati, arrivano notizie interessanti a partire da alcuni nomi finora sconosciuti delle persone che circondavano Imperiale. E soprattutto arriva la conferma che le attività svolte in Italia sono solo una parte di quelle messe in campo dalla Spa della cocaina. Secondo i pm Maurizio De Marco “il gruppo operativo a Dubai ha articolazioni in Europa, Africa e Sudamerica” – come è scritto nel documento del marzo 2021 – e i profitti vengono riciclati “attraverso molteplici canali e investiti in diversi Paesi del mondo”. Notizie più precise sulle indagini in corso a livello europeo arrivano dall’Oie del maggio 2021. “Nel mese di marzo 2021 – si legge nel documento – si è appreso tramite alcuni intelligence packages dell’agenzia Europol dell’esistenza di un’indagine condotta da una squadra investigativa comune francese e olandese, la cosiddetta Operazione Zio che ha come target sia Imperiale Raffaele che Carbone Bruno”.

La sede principale dell’organizzazione è stata fino allo scorso agosto a Dubai dove risiedevano tutti gli uomini più vicini a Imperiale. Molti di loro non sono indagati nell'inchiesta che ha condotto agli arresti di novembre, ma vengono citati nelle richieste inviate ai magistrati francesi. Ad esempio, secondo i magistrati Ciro Arianna “si è occupato di riciclare gli enormi profitti generati dal traffico di droga, attraverso un reticolo societario in grado di creare giustificativi all’immissione del denaro, provento del delitto presupposto, nel circuito legale sia di movimentare le somme immesse nel circuito bancario da uno Stato ad un altro a seconda delle necessità del sodalizio”. Della rete del riciclaggio, sempre per gli investigatori, avrebbero fatto parte Mattia Anastasio, Raffaele Cepollaro e due persone non ancora identificate e residenti in Turchia. Di loro si conoscono solo i nickname utilizzati nelle chat: petrolifera e Shadow. E la Turchia si conferma come uno dei Paesi centrali nell’organizzazione della Coca Spa: da là è passato anche Bruno Carbone per poi volar in Siria. Angelo Alfano e Vincenzo Mosca sarebbero, sempre secondo le ipotesi investigative, assistenti personale e autisti di Imperiale, e con loro avrebbe collaborato anche una donna, Antonietta Iannarilli, suocera del boss.

Ci sono poi i pin individuati mediante la ricerca di parole chiave utilizzate nella rete dei contatti di Imperiale. Tra questi oltre a Mario Cerrone (arrestato nel 2016) troviamo Luigi Filaseta e Mario Iovene, rispettivamente corriere e distributore della droga, Pasquale D’Anna che si sarebbe occupato del controllo del territorio e Ronny e Jaymie Dianco Smith, padre e figlio residenti in Olanda collegati con la consegna di un carico di 125 chilogrammi di cocaina. Tutte le loro chat sono state setacciate. Ma molto resta ancora da chiarire, e soprattutto bisognerà capire che fine hanno fatto i miliardi (secondo la Dea 23 miliardi di dollari è il valore della coca movimentata) incassati dall’organizzazione. E probabilmente questo uno dei terreni sui quali si misurerà l’utilità della collaborazione di “Lelluccio” come gli amici chiamavano l’uomo di Dubai.

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