13 giugno 2023
“Bisognerebbe cambiare modo di raccontare la mafia perché siamo cambiati noi ed è cambiata lei”. Durante il festival Passepartout di Asti, intervistato dalla direttrice de lavialibera Elena Ciccarello, Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, regista di La mafia uccide solo d’estate, racconta il suo sogno nel cassetto: “Mi piacerebbe fare un film sulla famiglia Giammarresi (i protagonisti della pellicola, ndr) oggi, alle prese con la mafia attuale e la sua apparente scomparsa, visto che non ci sono più morti ammazzati”. Pif sostiene che “quel film era innovativo quando l’ho fatto, oggi non più. La scommessa per chi fa il mio mestiere è capire come raccontare la mafia in maniera nuova”.
Cosa nostra si è trasformata nel tempo e l’arresto dell’ultimo stragista, Matteo Messina Denaro, lo scorso gennaio, segna la fine di un’epoca. “Denaro non era il capo della mafia siciliana, ma era una figura simbolica, perché l'ultimo di quella generazione” continua Pif. Il suo arresto “è stata una bella notizia perché sono abbastanza convinto che sia stato vero: forse finalmente abbiamo dei carabinieri che non si fermano davanti alla casa di Toto Riina”, un riferimento alla mancata perquisizione della dimora del boss dopo il suo arresto. L’autore palermitano non le manda a dire. “Ho cinquant’anni e non ho più pazienza” confida al pubblico del festival, arrabbiandosi contro la “collusione culturale” di chi sostiene che Messina Denaro non dovesse essere arrestato o di chi ha favorito la sua latitanza. “Che bisogna fare in questo paese per essere considerati una merda? Dobbiamo rifiutare questa mentalità, non voglio che mia figlia cresca pensando che questa possa essere normalità: se non ci fosse questa gente non ci sarebbe la mafia”.
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"Falcone e Borsellino erano folli sognatori, morti perché intorno a loro c’era gente che non sapeva immaginare un mondo diverso"
Il momento decisivo resta quello del voto. “Quando un sindaco come quello di Palermo (Roberto Lagalla, ndr) si candida con l'appoggio di Totò Cuffaro e Marcello Dell'Utri io faccio di tutto per manifestare il mio dissenso – si scalda Pif –. Sono sicuro che Lagalla non sia un mafioso e per me questa è un'aggravante. Tra l'altro ho creato un incidente diplomatico perché siamo anche amici di famiglia”. Il pubblico ride.
“C’è l’ingiusta convinzione che l’antimafia sia una cosa barbosa e invece è capacità di sognare”, è questa la ragione per cui Pif “festeggia” gli anniversari di Capaci e via D’Amelio, “è ingiusto ricordare Giovanni Falcone e Paolo Borsellino solo per la loro morte. Andrebbero ricordati per la loro vita: erano folli sognatori, morti perché intorno a loro c’era gente che non sapeva immaginare un mondo diverso. C'è una linea che unisce i partigiani a loro ed è la lotta per la libertà”.
"Continuiamo a riconoscere un ruolo sociale alla mafia. Prima perché era antifascista, poi perché era anticomunista: le abbiamo fatto fare il lavoro sporco"
Non mancano momenti di scoramento, come quando è stata pronunciata la sentenza per la Trattativa Stato-mafia: “Non volevo più andare a parlare nelle scuole. Con quale credibilità dico a un ragazzino di non pagare per riavere indietro un motorino, come lo convinco a non riconoscere il potere della mafia quando lo ha fatto lo Stato italiano?”. I riferimenti vanno indietro nel tempo, allo sbarco alleato e anche prima. “Abbiamo dato per l'ennesima volta un ruolo sociale alla mafia. Lo abbiamo fatto prima perché era antifascista, poi perché era anticomunista… le abbiamo chiesto spesso di fare il lavoro sporco per noi e questa cosa è devastante”.
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Tuttavia nel complesso Pif si dice ottimista. “Le cose sono cambiate dopo il 1992, a costi altissimi, la scommessa oggi è continuare a cambiare senza che ci scappi il morto. Si sta avverando ciò che diceva Gesualdo Bufalino ‘sconfiggeremo la mafia con un esercito di maestri’: prendiamo tutti i soldi che possiamo e diamoli alle scuole e alle associazioni che lavorano allo Zen, allo Sperone e in tutte le zone difficili d'Italia”. E ancora “non mi piace l'etichetta antimafia, è un recinto che fa comodo a qualcuno. Io non voglio stare dentro un recinto o essere leader di una lotta, voglio invece. partecipare a una lotta” e per chiudere “la mafia e il fascismo non sono capitoli chiusi. Non possiamo dare nulla per scontato, tanto meno la democrazia. E io non voglio che l'Italia diventi come l'Ungheria”.
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