Letizia Battaglia e Leoluca Orlando raccontano 50 anni di storia siciliana
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Letizia Battaglia e Leoluca Orlando: "Le stragi di mafia ci hanno costretto a essere migliori"

Hanno conosciuto Palermo flagellata dalla violenza mafiosa. Letizia Battaglia, pluripremiata fotografa antimafia, e Leoluca Orlando, per la quinta volta sindaco del capoluogo siciliano, sono stati "professionisti dell'antimafia" quando esserlo significava isolamento. Oggi dicono: "L'antimafia non ha più bisogno di rappresentanti". Siamo andati a incontrarli

Elena Ciccarello

Elena CiccarelloDirettrice responsabile lavialibera

30 gennaio 2020

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Hanno visto Palermo "sorda, muta e cieca" per interesse e paura. L'hanno vista soccombere, ribellarsi e infine risorgere. Leoluca Orlando e Letizia Battaglia sono stati protagonisti e testimoni di quarant'anni di storia siciliana. Diversi per estrazione, formazione e temperamento, i due si sono conosciuti nei fervori della Primavera palermitana degli anni Ottanta. Sindaco e fotografa sono stati "professionisti dell'antimafia" quando ciò significava isolamento. Oggi dicono: "L'antimafia non ha più bisogno di rappresentanti".

La Primavera dell'antimafia

L’otto dicembre 2019, a Palazzo delle Aquile, il sindaco Orlando ci viene incontro a mano tesa: "Ecco l’equipaggio della Alan Kurdi", dice presentandoci i membri dell’Ong tedesca SeaEye, suoi ospiti in Comune. Lo scorso anno, Orlando è stato il primo tra i sindaci italiani a disobbedire al decreto sicurezza Salvini, e ancora oggi continua a concedere la residenza anagrafica ai migranti richiedenti asilo: "C’è solo un modo per garantire sicurezza, rendere visibili le persone", assicura.

Serve la verità per restituire senso ai riti della memoria

Sono passati più di trent’anni da quando, nel 1987, l’allora quarantenne esponente della Democrazia cristiana, catalizzando attorno a sé le spinte di un crescente movimento antimafia, presentava a Palermo la sua "giunta anomala" e il progetto ambizioso di inaugurare una nuova stagione cittadina. "Quando ho rotto con la Dc di Andreotti, che qui aveva il volto di Lima, e con il pentapartito (ovvero con il Psi di Craxi, ndr), abbiamo creato un esecutivo con i Verdi e i comunisti. Letizia è entrata in squadra come rappresentante del partito ecologista".

Battaglia, in quegli anni fotografa di punta del quotidianoL’Ora e dal 1986 consigliera comunale per i Verdi, diventa assessore alla vivibilità urbana. "Ero stata eletta quasi per caso. Ero fotografa, ma volevo fare di più per la mia città. A me che lui fosse democristiano non piaceva, però poi capii: Orlando uscì dalla Dc e inaspettatamente una come me, che andava in giro con gli zoccoli e vestita male, è diventata assessore". Il nuovo sindaco va a occupare la poltrona che era stata di Vito Ciancimino, responsabile del sacco edilizio della città. "La mafia qui aveva il volto dello Stato – ricorda Orlando – ma noi abbiamo scommesso sul sostegno di chi non poteva parlare. Durante i comizi eri solo. In certi quartieri gli amici non ti salutavano per paura. Però poi ci votavano in massa". In quegli anni, ricorda lo scrittore Enrico Deaglio, circolavano a Palermo 700 latitanti, mentre la squadra catturandi contava 39 effettivi. Salvatore Riina e la moglie Antonietta Bagarella si sentivano talmente al sicuro da partecipare a feste e riunioni, concedendosi di far nascere i propri figli nella clinica più nota della città.

I lavori del pool della Procura di Palermo proseguono febbrilmente e, nel febbraio del 1986, il Comune può costituirsi parte civile al primo maxi-processo a Cosa nostra. "Ricordo quegli anni di lotta pieni di sangue, dolore e minacce. Ma entusiasmanti, i più belli della mia vita. Perché potere lottare per qualcosa è un lusso, e noi lo abbiamo avuto", dice la fotografa.

A Palermo si paga ancora il pizzo

Dal diritto ai diritti

Oggi Palermo è profondamente cambiata. "Lo dico drammaticamente, dobbiamo ringraziare la mafia che ha talmente ucciso da costringere i ciechi a vedere, i muti a parlare e i sordi a sentire. I palermitani sono diventati migliori", è il giudizio di Orlando. "È stato necessario un cammino lungo e lento. Ci sono state persone che si sono sacrificate, politici che si sono impegnati, un sindaco che – non so perché – è ancora qua a Palermo", sorride Battaglia. È cambiata la mafia, ridimensionata dall’azione repressiva e dalle trasformazioni culturali, ma è cambiata anche l’antimafia. "C’è stato un tempo in cui si era “professionisti dell’antimafia” perché isolati", spiega Orlando. "Quel tempo – grazie al movimento dei lenzuoli, le catene umane, l’indignazione popolare e lo straordinario contributo della scuola – è finito. Oggi dobbiamo evitare che si cada nell’eccesso opposto".

La fotografa è ancora più lapidaria. Il movimento antimafia oggi? "Non lo pratico, non lo frequento, non mi interessa". Allora perché organizzare a Palermo il prossimo 21 marzo, la Giornata in ricordo delle vittime innocenti di mafia? "È il riconoscimento di un cammino, che adesso deve affiancare la legalità del diritto a quella dei diritti, che non sempre la legge tutela", risponde il sindaco. A 20 anni dalla Convenzione delle Nazioni unite contro il crimine organizzato, frutto di quegli anni di lotta, Orlando lavora per organizzare nel 2021, a Città del Messico, una seconda Convenzione Onu, che questa volta si occupi "di bambini, artisti e società civile. Sarà la seconda ruota del carro siciliano: la prima si occupava del processo penale, la seconda parlerà di diritti".

Da lavialibera n° 1 gennaio/febbraio 2020

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