26 settembre 2023
Un’organizzazione di allevatori, alcuni legati alla mafia garganica, ha fatto carte false per ottenere quasi cinque milioni di euro di fondi pubblici. Facevano risultare che alcune aziende agricole gestite da giovani pastori pascolavano il bestiame sui prati delle montagne dell’Abruzzo. Tutto finto, o almeno in parte: il bestiame, a volte, apparteneva ad aziende di altre regioni, e lì stavano i capi di bestiame; e i giovani allevatori erano dei prestanome. Ma così funzionano la presunta mafia dei pascoli e la maxi-truffa smantellata martedì 26 settembre dalla Guardia di finanza di Pescara nel corso della maxi-operazione “Transumanza”, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di L’Aquila.
Le truffe legate ai pascoli sono un fenomeno diffuso in tutta Italia
Secondo quanto ricostruito nei due anni di indagini, tredici allevatori si erano organizzati per simulare il possesso di tutti i requisiti (legati all’età e agli anni di attività e al numero di capi di bestiame) per ottenere la disponibilità di terreni e dei corrispondenti titoli delle Politiche agricole comunitarie (Pac), rilasciati ai giovani imprenditori agricoli dalla Riserva nazionale dei Titoli. Le nuove imprese agricole fittizie sarebbero state in combutta con altrettante società cooperative agricole o associazioni temporanee di imprese, create per accaparrarsi migliaia di ettari di terreni la cui concessione ad uso civico veniva messa a bando dai Comuni. Ottenute carte e terreni, potevano chiedere contributi del Fondo europeo agricolo di garanzia (Feaga).
Venticinque persone sono state sottoposte a misure cautelari, 16 sono state le perquisizioni e i sequestri. Nel complesso, quasi 75 le persone e gli enti coinvolti nell’inchiesta. Le ipotesi di reato sono di associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata allo Stato, indebita percezione di contributi pubblici, autoriciclaggio, ricettazione e reimpiego di proventi illeciti, aggravati dall’aver favorito un’associazione mafiosa, la mafia garganica, una delle mafie foggiane, forse la più violenta.
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La presenza di una mafia dei pascoli è diventata sempre più evidente negli ultimi anni. La prefettura dell’Aquila – si legge nelle ultime relazioni della Direzione investigativa antimafia – ha organizzato un gruppo interforze per vigilare sul fenomeno e ha anche adottato alcuni provvedimenti, come le interdittive antimafia a tre aziende zootecniche per i loro collegamenti con organizzazioni mafiose campane e foggiane. In questi casi, alcune aziende agricole, “mediante raggiri sui ‘pascoli fantasma’, avrebbero frodato l’Agea (Agenzia erogazioni in agricoltura) al fine di ottenere indebitamente l’erogazione di contributi comunitari e aiuti pubblici per l’alpeggio/monticazione dei capi di bestiame in aree montane dislocate tra le province di Trento (Comune di Bleggio Superiore e di Stenico), Foggia (Comune di Monte Sant’Angelo) e L’Aquila (nell’area del Parco del Gran Sasso e Monti della Laga)”.
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