6 novembre 2023
Tra le cose che a fine anno metteremo nei ricordi tipo "non ci posso credere, ma davvero?", ci sono le ridicole, insensate parole che hanno trovato questa estate spazio di discussione (!) contenute nel libello Un mondo al contrario che pretende di scegliere che cosa sia normale o meno, o quali tratti somatici rappresentino l’italianità. Intanto, da contrappasso, come quando esce il sole mentre piove, diventa protagonista, sempre d’estate, un altro mondo che, almeno per chi scrive, disegna il paradiso dei sogni.
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Campionati mondiali di atletica a Budapest, più di 200 paesi partecipanti, con più di 2mila atleti pronti a correre, marciare, saltare o lanciare. Atlete e atleti allenati a tirare fuori ogni goccia di energia per migliorarsi e per onorare il Paese che rappresentano: Venezuela, Brasile, Cina, Francia, Ucraina, Portogallo, Aruba, Botswana, Kenya, Grenada, anche un team di rifugiati, e l’Italia. Ci siamo ben comportati: quattro medaglie. Con una siamo saliti sul tetto del mondo per una sera, 2,36 metri di passione e coraggio, grazie all’adrenalinico oro del capitano Gianmarco Tamberi, detto Gimbo. Una nazionale promossa. Le tante belle facce del nostro sport. Prendo in prestito una frase di Emanuela Audisio, giornalista come poche, che trova sempre il modo di dire le cose giuste nel modo ancora più giusto e così sintetizza il senso della nostra squadra: "Azzurra di maglia, multietnica per il resto, nomi di un altro mondo, ormai nostro mondo: Marcel, Larissa, Ayomide… L’armocromia dell’atletica". Ecco il caleidoscopio dove far crescere i giovani. L’educazione civica in un confine che non ha fili spinati: il campetto, la pista, un oratorio diventano il perimetro dove chiunque trova un posto, un pettorale per giocare la sua partita, anche a piedi nudi. L’ armocromia che vede nella pratica sportiva la forza dell’esempio.
È un mondo di daltonici, quello sportivo, perché non si accorgono dei colori della pelle. Conta la maglia che porti, nel nostro caso azzurra, e che cerchi di onorare con assoluta lealtà al meglio delle tue energie psico-fisiche. Magari rubi con gli occhi dall’avversario ogni dettaglio che possa portarti vantaggio nella sfida, lo studi, i suoi gesti, i punti di forza o dove può perdersi, come mette il piede, se mostra segni di stanchezza. Ci sta, è l’agonismo: maratona a parte, ti giochi tutto in pochi secondi o comunque in una manciata di minuti o in un salto. E i bonus che hai vanno spesi tutti in quel momento, su quella pedana, in quella corsia; anche il fato, ogni tanto, può aiutarti, quando chiudi gli occhi al terzo tentativo di un salto del tuo avversario che rischia di portarti via il podio.
In questo strano mondo ci sono anche tutte, o quasi, le emozioni e i gesti della vita. La stretta tra avversari mette fine all’agonismo
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