6 novembre 2023
Nella vita sono stato profondamente infelice. È accaduto qualche anno fa, quando avevo 14 anni, un’età in cui non si è più bambini, ma neppure adulti. L’adolescenza è un limbo, le persone sono vulnerabili, indefinite, non hanno piena coscienza delle proprie azioni e sbagliare, anche senza volerlo, è facile.
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Frequentavo il primo anno delle Superiori e una mia compagna, una delle mie migliori amiche, ha denunciato la diffusione di alcune sue foto private “spinte” su social e whatsapp. Sono andato in questura insieme ai miei genitori per testimoniare, ma non credevo che presto la situazione sarebbe precipitata. Durante l’indagine, infatti, la polizia postale ha analizzato il mio smartphone e ha trovato uno sticker raffigurante un’immagine pedornografica. Non ricordo da dove fosse arrivata, ma l’avevo salvata in memoria e questo è bastato per incriminarmi.
Così sono entrato in un incubo fatto di avvocati, processi e una messa alla prova di un anno: per fortuna i giudici hanno deciso che potevo continuare a vivere a casa mia, senza trasferirmi in comunità. Chi sbaglia è giusto che paghi, ne sono sempre stato convinto, ma una cosa è trovare un’immagine simile sul telefono di una persona adulta, un’altra se c’è l’ha un ragazzino. Oggi ho capito di essere stato leggero, so bene che una fotografia di quel tipo bisogna cancellarla subito, ma all’epoca non ero abbastanza maturo e così è successo che la mia vita è cambiata.
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