26 ottobre 2023
Garantire la continuità scolastica, sostenere le famiglie e attivare una commissione di esperti per chiedere direttamente ai giovani come stanno e riconoscere i sintomi del ritiro sociale prima che diventi una condizione difficile da affrontare. Questi i motivi principali che hanno portato la Camera dei deputati ad approvare il 18 ottobre una serie di mozioni per favorire la sinergia tra scuole, famiglie e enti del territorio – le cosiddette comunità educanti – per formare una rete che sia in grado di arginare il fenomeno.
La scuola made in Italy, tra merito e disuguaglianze
I deputati spingono perché il governo prenda posizione sul tema e si impegni “ad attivare presso i ministeri competenti specifici progetti per prevenire e arginare il fenomeno” con “azioni di monitoraggio in collaborazione con gli istituti, le strutture sanitarie e gli enti del terzo settore. Un passo che va nella direzione di conoscere meglio le cause del ritiro sociale e le strategie di intervento, anche se gli studi scarseggiano: non vengono, infatti, previsti fondi, ma “nel limite delle risorse disponibili".
La dipendenza da internet ritorna molte volte nel dibattito. Sebbene la rete sia spesso demonizzata, “non è la causa, anzi è un palliativo che aiuta ragazzi e ragazze”, secondo lo psicologo Leopoldo Grosso
I numeri sulla sua diffusione nel nostro Paese sono ancora incerti: la prima indagine quantitativa, condotta da Cnr-Istituto di fisiologia chimica, in collaborazione con il gruppo Abele Onlus di Torino risale allo scorso marzo. In Italia si definiscono così 54mila giovani tra i 15 e i 19 anni, 44mila adolescenti sono ritirati sociali e 63mila sono a forte rischio di diventarlo.
In aula la discussione si è incentrata sul "disagio" giovanile e sulla “dipendenza da internet”, che vengono intesi come concause principali del fenomeno dei cosiddetti hikikomori, termine giapponese coniato dallo psichiatra Tamaki Shito. “Chi è genitore lo sa – commenta Andrea Quartini (Movimento 5 stelle) –. E quanti di noi si sono trovati a combattere con i cellulari dei propri figli, con la rete wi-fi di casa? Quanti di noi si sono trovati in quel tipo di difficoltà?”. Il rapporto di Cnr e Gruppo Abele era giunto a risultati differenti.
Hikikomori: la causa del ritiro sociale non è internet, ma la società violenta
Sebbere spesso demonizzata, lo studio e i suoi autori hanno invece sottolineato che la Rete "non è la causa, anzi è un palliativo che aiuta ragazzi e ragazze”, come sottolineato dallo psicologo Leopoldo Grosso.
La tecnologia è la grande risorsa a disposizione in cui ci si immerge totalmente e riempie le 24 oreLeopoldo Grosso
“La tecnologia è la grande risorsa a disposizione in cui ci si immerge totalmente – continua Grosso –, riempie le 24 ore”. Secondo lo psicologo, non ci possono essere equivoci, visto che Internet non può essere additata come la causa del ritiro sociale. “Sottrarre loro lo strumento telematico, pur nelle buone intenzioni di tentare di dar loro una scossa, sarebbe come togliere al naufrago il legno a cui si è aggrappato”.
Anche nel dibattito parlamentare, la scuola è stata presentata come la chiave per aiutare ragazzi e ragazze. Per la deputata Augusta Montaruli (Fratelli d’Italia), prima firmataria della proposta, “il governo ha voluto avere un primo colloquio nuovamente con le associazioni che si occupano da sempre di questa problematica, per arrivare, in maniera concreta, ad affrontare il problema, che si pone in via indiretta, della dispersione scolastica”.
Il ritiro sociale è un’azione di difesa, “un’autocura per la violenza di una competizione in cui ci si sente sempre perdenti”
Il "disagio giovanile" è stato indicato come il nemico da combattere, per evitare che i giovani abbandonino il percorso di istruzione, ma rispetto alle fragilità dell'adolescenza il rapporto del Cnr individua nel ritiro sociale in realtà un’azione di difesa, “un’autocura per la violenza di una competizione in cui ci si sente sempre perdenti”.
Secondo la deputata Michela Di Biase, "aver voluto descrivere la scuola come "scuola del merito" (come fatto dal Governo Meloni, ndr) ha prodotto le proteste degli studenti, che vogliono imparare e non gareggiare". E prosegue: "Gli hikikomori sono coloro che, dopo aver combattuto per l'accettazione, si arrendono e si ritirano".
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Le buone intenzioni ci sono, i fondi devono ancora essere stanziati. A ricordarlo durante il dibattito è Daniela Ruffino (Azione-Italia Viva-Renew Europe): “Scorrendo la legge di bilancio, in schiettezza, non ho colto risorse per le politiche giovanili. Quasi viene da pensare che l'Italia non sia un Paese per giovani, se questi stanziamenti poi realisticamente non esistono”.
Il sottosegretario ha impegnato il governo a “valutare, compatibilmente alle risorse disponibili”. Ora, quindi, serve aspettare la legge di bilancio, per vedere se e come verranno stanziate le risorse.
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