La cultura del voto

A distanza di 70 anni dal suffragio universale, sempre più cittadini scelgono di non andare alle urne, specie tra i giovani. Alcuni ragazzi hanno proposto di introdurre il voto obbligatorio. Bisogna soprattutto far capire la valenza di questo atto

Fabrizio Bal

Fabrizio BalStudente di Lettere moderne all'università di Pavia

20 giugno 2020

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In questi giorni in cui si discute della possibilità di un election day per il rinnovo di alcuni consigli comunali e regionali e per il referendum costituzionale mi risulta inevitabile riflettere sugli sconfortanti dati sull'affluenza di molte delle elezioni degli ultimi anni (le suppletive di Camera e Senato dello scorso febbraio ne sono solo l'ultimo esempio). Mi torna in mente una riflessione fatta la scorsa estate durante un'esperienza molto formativa a cui ho avuto modo di partecipare: il "Conseil des Jeunes Valdotains", una simulazione in lingua francese dei lavori del Consiglio regionale della Valle d’Aosta riservata ai giovani valdostani.

Durante la simulazione del 2019, si è discusso di una proposta di legge che prevedeva la riforma del sistema di voto e alcuni ragazzi hanno suggerito l’introduzione di un emendamento che prevedesse l’obbligatorietà del voto, pena il pagamento di una multa. Andare a votare sarebbe diventato obbligatorio senza più possibilità di astenersi. 

Certo, in quel caso si trattava di una simulazione e quella proposta non trova applicazione nel mondo reale, ma forse merita una piccola riflessione. Il voto è nel nostro Paese un diritto (per il quale in tanti hanno a lungo combattuto), ma anche un dovere civico: noi cittadini dobbiamo andare a votare, è nostro compito farlo. Ma allora perché a distanza di 70 anni dall’introduzione del suffragio universale sempre più cittadini scelgono di non recarsi alle urne, specie tra i giovani? E, soprattutto, l’introduzione dell’obbligatorietà potrebbe essere una soluzione?

Una foto del Conseil des Jeunes Valdotains del 2019
Una foto del Conseil des Jeunes Valdotains del 2019
Credo che la soluzione non sia un'imposizione, ma far capire alle persone che una matita può davvero cambiare il mondo

Apparentemente, la risposta a quest'ultima domanda potrebbe essere “sì”: se mi impongono qualcosa allora lo farò. In realtà, in questo caso non sarebbe così semplice. Personalmente, non credo che di fronte a questo grande disinteresse civico si possa agire imponendo alla gente di andare a votare. Credo che la soluzione debba essere un’altra: reintrodurre la cultura del voto. Far capire di nuovo alle persone (soprattutto a noi giovani) quanto una matita possa essere potente per cambiare il mondo e quanto sia giusto imparare ad assumerci le nostre responsabilità, facendo delle scelte.

Di fronte alla grande delusione per la politica, il non voto sembra essere la scelta più facile. Si preferisce liquidare la classe politico-amministrativa con etichette quali “tanto sono tutti uguali” o “uno vale l’altro”. Di fronte a questi atteggiamenti, imporre alle persone di andare a votare porterebbe la gente a sentirsi semplicemente costretta, obbligata, dando così ancor meno peso al voto. Senza capire, invece, quanto esso contribuisca al cambiamento e al miglioramento del Paese; senza capire l’importanza di questo strumento e soprattutto il sacrificio fatto da molti per ottenerlo. Si dovrebbe (e questa sfida parte da noi) far nuovamente capire alle persone quanto il voto sia fondamentale per il nostro futuro e quanto sia necessario assumerci le nostre responsabilità anche al momento delle votazioni. Chissà se la reintroduzione dell’educazione civica nelle scuole potrà portare in questa direzione.

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