Assunta Legnante. Credits: Foto di Marco Mantovani (Fispes)
Assunta Legnante. Credits: Foto di Marco Mantovani (Fispes)

Assunta Legnante, la ragazza con la luce dentro

Sono iniziate le paralimpiadi di Tokyo 2020, rinviate di un anno causa coronavirus. La storia della campionessa azzurra di lancio del peso che nel 2012 ha perso la vista per un glaucoma, insegna che lo sport è rinascita

Lucilla Andreucci

Lucilla AndreucciResponsabile settore Sport di Libera

Aggiornato il giorno 25 agosto 2021

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Le paralimpiadi di Tokyo 2020 sono iniziate e Assunta Legnante sogna nuove medaglie. La campionessa azzurra di lancio del peso soffre di un glaucoma da quando era bambina e nel 2012 ha perso la vista. “Lo sport mi ha salvata. Mi ha dato la possibilità di uscire", dice. Riprendiamo la sua storia, raccontata nel secondo numero de lavialibera, che insegna l'importanza di partecipare ai Giochi. 

Proviamoci per un solo attimo ad aprire gli occhi la mattina e non vedere più nulla. Piccoli spiragli di luce che diventano ombre e poi buio. Un buio che sei costretto a farti amico. Un buio da cui ripartire. Come si sta nel buio? Ce lo racconta Assunta Legnante con le sue due vite. Lei, napoletana di Frattamaggiore, campionessa azzurra di lancio del peso, con un titolo europeo indoor a Birmingham nel 2007, a 10 anni giocava a calcio in mezzo alla strada e si accorgeva di tutto. Anche di quello che di spiacevole la strada può raccontare quando abiti ai margini. “Lo sport mi ha salvata. Mi ha dato la possibilità di uscire, viaggiare". A 20 anni, Assunta va via di casa per inseguire un sogno: partecipare a un’Olimpiade. Lo raggiunge: Pechino 2008 è sua.

La lotta contro il glaucoma 

Ma il vero, perenne avversario non lo trova sulle pedane. Da quando era piccola, soffre di un glaucoma, un’ombra silenziosa con cui deve fare i conti sempre. Lei sa che è lì, a volte disturba i suoi sonni e i suoi sogni. Ma Assunta non si arrende, né in pedana né fuori. Il campo visivo nel 2009 si va restringendo, appende la maglia azzurra al chiodo. Due anni di stop. Nel 2012, quando perde definitivamente tutta la vista, ha 34 anni. "Ho avuto la fortuna di fare in tempo a vedere mia nipote Francesca che camminava alla festa del suo primo compleanno. Il giorno dopo sono stata ricoverata. E poi basta, il buio assoluto". Perdere la vista. Perdere l’indipendenza. Perdere i colori. Ma perdere non è un verbo che appartiene al dizionario di Assunta. Sì, il buio c’è, innegabile, invincibile. Ma è fuori, mai dentro. All’inizio devi riadattare completamente l’esistenza. Scalare una marcia, forse anche di più. Trovare una guida per gli allenamenti. Ripartire. Ma senza perdere il ritmo. Lei non lo ha perso, guarda il mondo con altri sensi. "Non lo vedo il sole, ma lo sento".

"Non voglio essere un esempio. Mi accontento di essere da stimolo per chi, come me, sceglie di non arrendersi"

Quando nel 2012 la chiama Nadia Cecchini, tecnico nazionale della Fispes, Federazione italiana sport paralimpici, invitandola nuovamente in uno stadio di atletica, per Assunta si accende una nuova luce. Riprende ad allenarsi con impegno, dedizione, motivazione. Gareggia nel lancio del peso, ed è subito record del mondo, 13 metri e 27 centimetri. Un primato che migliora ancora nel 2014: 17,32 metri. Emozione grande, come la sua forza gentile. "La sensazione più bella di tornare in pedana è quella di essermi risentita per un attimo autonoma, libera. Quell’automatismo nel lanciare, dopo tanti anni di agonismo, che non ha bisogno di occhi". Vince le Paralimpiadi di Londra nel 2012 e quelle di Rio de Janeiro nel 2016, sempre nel getto del peso. Prova anche il disco: si regala il record europeo.

Ora, Tokyo 2020

Ogni volta che gareggia, Assunta indossa delle mascherine, tipo quelle che si usano per dormire, ma molto particolari. "La prima, con il disegno di Diabolik, mi è stata regalata ai tempi dei Giochi di Londra. Volevano che andassi in pedana con uno sguardo cattivo". E sorride. "L’ultima è l’Uomo tigre, un manga giapponese che quest’anno compie cinquant’anni: il personaggio più adatto sulla strada per Tokyo. Sdrammatizza, porta quel tocco di colore, di allegria, che mi piace". Colore e allegria che fanno parte di lei. Perché non si vede solo con gli occhi. Perché la vita la puoi sentire, nella sua bellezza, nei suoi profumi, nelle sue voci, nei suoni. "Penso al destino che abbiamo. Il mio è stato questo. Ma sono viva, testarda, determinata". Nello sport Assunta ha trovato una sua luce. "Io sono fortunata perché riesco a gestire la mia autonomia in pieno. Ma non voglio essere un esempio. Mi accontento di essere da stimolo per chi, come me, sceglie di non arrendersi. Non sono la prima non vedente che trova una strada di rivincita con lo sport. Penso a quei bambini che non hanno mai potuto vedere: loro sì che devono cominciare a vivere da zero". Tifosa interista, amante della musica, tra le tante cose belle di Assunta è che le piace cantare. La mattina si sveglia e va incontro al nuovo giorno cantando.

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