
'Ndrine in Val d'Aosta, per la Cassazione c'è ma non è strutturata

Aggiornato il giorno 12 maggio 2023
"Se lei fosse ministro dello sport, da dove comincerebbe?". Julio Velasco, argentino de La Plata, sorride sornione. È un maestro di sport, nel senso proprio dell’insegnarlo. Nel suo caso, ai massimi livelli: ha portato la nazionale italiana maschile di pallavolo sul tetto del mondo (tre ori europei, due mondiali, cinque World League) e quella che ha allenato è stata votata come “squadra del secolo”. Dal 2019 è commissario tecnico delle nazionali giovanili maschili della Federazione italiana pallavolo, negli ultimi anni ai vertici mondiali. Lo incontriamo il 21 marzo a Milano, in occasione della Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, al seminario La partita più bella: come lo sport può aiutare i giovani a diventare cittadini più consapevoli. «Se fossi ministro dello Sport? Per prima cosa mi dimetterei perché non è il mio mestiere. Comunque, è evidente che ci siano delle mancanze nella cultura sportiva, ma è anche vero che il nostro Paese non è un disastro e bisognerebbe dare ai giovani la consapevolezza di aver avuto una fortuna incredibile a nascere qui. A volte ci si dimentica che siamo una delle nazioni più ricche del mondo, dove la sanità è pubblica, a differenza degli Stati Uniti, e dove la scuola, nonostante tutti i difetti, è una buona scuola».
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La strana situazione del basso Lazio, ammaestrato da decenni di clientele politiche e interessi della camorra. Dove si fa festa per non pensare, e chi alza il dito è tacciato di moralismo e isolato.