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22 dicembre 2022
Ci si può sentire a disagio anche in un campo di calcio, di basket, di rugby. Ci si può sentire fuori posto anche facendo parte di una squadra. Ci si sente soli quando non si è liberi di essere. Accade, ancora oggi, anche nello sport. Così un bel giorno del 2013 Stefano e Andrea, che amano il rugby, hanno fondato a Roma Libera rugby, con l’idea di inventare un luogo dove nessuno debba più sentirsi a disagio, fuori posto, solo.
"Con noi tutti si sentono di poter essere nel mondo quello che desiderano e sentono di essere"Nicola Zito - presidente Libera Rugby
Libera Rugby (che – va precisato – è una realtà indipendente dalla rete associativa di Libera, pur condividendo l’omonimia e l’interesse per la difesa dei diritti) è una squadra diversa da tutte le altre squadre proprio perché non contempla il concetto di “diversità”, anzi lo mette proprio fuori campo, una squadra “gay inclusiva”, cioè aperta a omosessuali ed eterosessuali, senza andare a controllare l’inesistente carta di identità di genere.
Ci si allena insieme, con i coach Valerio e Mario, due volte a settimana (lunedì e giovedì) al parco degli Acquedotti. Basta andare a provare, visita medica di idoneità sportiva e ci si butta nella mischia. Buon rugby a tutti, sport considerato “maschio” per eccellenza e anche nobile nei comportamenti richiesti dal codice di regolamento e universalmente accettati. Perché c’era bisogno di una squadra così? Lo spiega Nicola Zito, dal 2017 presidente della società: "La prima ragione è che sono successi episodi dove ragazzi gay hanno vissuto in campo momenti di imbarazzo. Poi perché abbiamo incontrato tante storie di chi, nella vita reale, non riesce a dichiararsi e si costringe a restare nascosto. Con noi tutti si sentono di poter essere nel mondo quello che desiderano e sentono di essere".
Sui canali social, Libera Rugby si descrive così: "La prima associazione sportiva dilettantistica italiana che promuove la diffusione del gioco del rugby nella comunità Lgbt. Libera è una squadra inclusiva, cioè garantisce che ogni individuo possa partecipare all'attività sportiva e sociale della squadra senza subire discriminazioni a causa di orientamento sessuale, razza, origine etnica, credo religioso, nazionalità, età, abilità fisica o mentale".
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Continua Zito: "A parte questi due anni di pandemia, complessi per tutti, stiamo ripartendo con tanti progetti e ci siamo già tolti delle belle soddisfazioni. Aderiamo all’International gay rugby (Igr), realtà fondata nell'ottobre 2000 da un piccolo gruppo di club per offrire opportunità ai membri della comunità Lgbtq+ di godersi il rugby competitivo. Per promuovere l'uguaglianza, il valore delle diversità, e battersi per l'eliminazione della discriminazione sulla base dell'orientamento o dell'identificazione sessuale. Il tutto promuovendo la buona salute attraverso un gioco meraviglioso ed educativo come quello della palla ovale".
Dopo vent’anni di semina, ci sono ormai circa 120 squadre che aderiscono al progetto, e vengono organizzati campionati europei e mondiali. "La più bella soddisfazione per noi – racconta Nicola – è stata la medaglia d’argento agli Europei del 2019 a Dublino". Oltre che liberi, siete anche forti, allora? "Beh, non siamo tutti giovanissimi, ci sono anche quarantenni, ma l’agonismo c’è eccome. Comunque, la nostra vera meta è sentirsi in squadra, avere degli amici con cui avere dei punti e dei valori in comune. E poter giocare insieme a questo sport bellissimo".
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“Talvolta dagli spogliatoi dei rivali arrivano commenti fuori posto, ma i ragazzi li sanno ‘placcare’ con il coraggio”
Certo, il gioco è importante. Ma per la comunità di Libera Rugby lo è altrettanto l’attività di sensibilizzazione sui temi che hanno portato alla nascita e alla crescita del team: "Verissimo. C’è tanta strada ancora da fare ma non siamo più al calcio di inizio. Credo che l’esempio che stiamo dando, il dialogo che stiamo costruendo, la conoscenza e il racconto di storie come la nostra, possano essere uno strumento perché si arrivi, se non proprio alla meta, almeno vicini".
Sta cambiando anche il rapporto con gli avversari che vi trovate a sfidare? Il presidente sorride: "Succede che affrontiamo squadre composte di eterosessuali. All’inizio può capitare che ci guardino con un pizzico di diffidenza, ma quando la partita entra nel vivo lo sguardo si trasforma: non è più concentrato sulla preferenza sessuale dell’avversario, sulla sua diversità, ma su quanto è bravo". Poi aggiunge: "Ho detto diversità, ma a me è una parola che non piace perché crea una distanza dalla normalità. Preferisco: unico o speciale. E ogni persona lo è, a modo suo".
Il prossimo traguardo di Libera Rugby è riuscire ad organizzare un mondiale inclusivo a Roma, con tutte le squadre della Igr, per il 2024. "L’amministrazione comunale è stata sempre al nostro fianco. Succedono cose belle, a volte. Ne capitano anche di spiacevoli, ogni tanto, come quando si sentono dall’altra parte dello spogliatoio commenti fuori posto verso la nostra squadra. Ma i ragazzi li sanno placcare con il coraggio che certamente non manca a chi sceglie di giocare a rugby". E allora forza, fino alla prossima meta, schiacciando la palla oltre la linea di fondo, che equivale anche a schiacciare i pregiudizi e le esclusioni. Recita il motto dei Barbarian, mitico club inglese: "Il rugby è un gioco per gentiluomini di tutte le classi, esclusi i cattivi sportivi di qualsiasi classe". E i portatori insani di qualsiasi discriminazione.
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