
'Ndrine in Val d'Aosta, per la Cassazione c'è ma non è strutturata

Aggiornato il giorno 12 maggio 2023
La scuola non deve offrire solo percorsi di formazione, ma anche di cittadinanza. Lo sostiene Annalisa Savino, la preside del liceo scientifico Leonardo da Vinci di Firenze che, dopo il pestaggio compiuto da alcuni giovani di destra ai danni di due studenti del liceo classico Michelangiolo, il 18 febbraio scorso ha scritto una lettera ai suoi alunni: "Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a se stessa da passanti indifferenti". Quella lettera – destinata agli studenti, ma rilanciata e molto condivisa su internet – è arrivata all’attenzione del ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, che l’ha ritenuta "impropria", accendendo le critiche sul caso da parte dei politici di destra. A distanza di alcune settimane dai fatti, la dirigente riflette con lavialibera sui problemi dell’istruzione, sul ruolo della scuola, sul suo futuro e su quello delle nuove generazioni.
Savino, perché ha sentito la necessità di scrivere quella lettera?
L’ho scritta perché i ragazzi sono rimasti colpiti da quelle immagini. La preoccupazione era palpabile. Volevo fargli capire che siamo una comunità e che l’istituzione scolastica vive con loro il disagio generato da eventi che avvengono nella società, in questo caso peraltro molto vicino. Ho sentito anche il bisogno di invitarli a una lettura non passiva dei fatti, perché credo che gli studenti di una scuola superiore abbiano tutti gli strumenti per una visione critica degli avvenimenti agganciata alla storia.
Come hanno reagito gli studenti alla sua lettera?
Mi hanno ringraziato. C’è stata una risposta positiva che si è vista anche con la manifestazione del 4 marzo, indetta sul tema ampio dell’antifascismo ma in parte anche in solidarietà nei miei confronti. Gli studenti hanno voluto che io andassi a quella manifestazione. Hanno gradito anche il tono non istituzionale della lettera, il fatto che mi sono rivolta direttamente a loro. Non è la prima volta che avviene. In passato, in altre scuole e di fronte ad altri fatti d’attualità come il terremoto, l’incendio di Notre-Dame o il settantesimo anniversario della Liberazione, ho scritto lettere che si rivolgevano in modo diretto ai ragazzi. È un mio modo di fare, non l’ho inventato per il pestaggio.
Nella lettera lo definisce un "pestaggio violento per motivi politici". Perché chiedere a degli adolescenti di non restare indifferenti di fronte a un fatto simile?
Significa spingerli a una reazione. Non fisica ma morale, quindi usando gli strumenti della cultura e delle idee. L’invito è soprattutto quello di mantenere alta l’attenzione, non perché il fascismo di un secolo fa possa tornare domani ma perché, come diceva Umberto Eco, esiste un fascismo eterno che si trasforma e rimane lì, e quando si creano le giuste condizioni, favorite proprio dall’indifferenza, c’è il rischio che diventi sistema. Quella lettera era un invito a dare un nome a quanto accaduto, perché è nel silenzio e nell’indifferenza che si rischia di rendere accettabili certi comportamenti. Preciso però che nella lettera mi riferivo alla propaganda dell’estrema destra, non a una destra di governo che ha giurato sulla Costituzione.
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La strana situazione del basso Lazio, ammaestrato da decenni di clientele politiche e interessi della camorra. Dove si fa festa per non pensare, e chi alza il dito è tacciato di moralismo e isolato.