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Il diritto all'istruzione e la sua tutela, dal mondo all'Italia

Diritto all'istruzione, all'educazione o allo studio. Comunque lo si chiami, rimane un principio alla base delle democrazie. Consacrato come diritto umano dalla Dichiarazione universale del 1948, in Italia è protetto dalla Costituzione

Francesco Rossi

Francesco RossiGiornalista e consulente lavialibera

Aggiornato il giorno 30 marzo 2021

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Ciò che appare chiaro nel linguaggio comune, lo è sempre un po’ di meno quando entra nella sfera giuridica. Il concetto di istruzione non fa eccezione a questa regola. Ecco perché, prima di andare a vedere come il diritto all’istruzione si è evoluto nel corso degli anni, è bene fissare alcuni punti fermi e sgombrare il campo da ambiguità. 

Istruzione, educazione, studio

Il primo nodo da affrontare sta a metà tra linguistica e giurisprudenza. Ai giuristi, si sa, piace spaccare il capello in quattro. Ecco perché, presa la definizione internazionalistica di right to education, cominciano ad accapigliarsi già alla terza parola, cioè “education”. Educazione? Istruzione? O sarebbe meglio parlare di “diritto allo studio”? E se si intende “educazione”, è giusto dare la possibilità allo Stato, chiunque esso sia, di legiferare su un fenomeno così delicato? Dubbi leciti, la cui risposta si trova facilmente se si guarda al tessuto normativo in cui è inserito il diritto all’istruzione. Negli articoli che lo riguardano, infatti, si parla spesso di “educazione primaria e secondaria”, di “istruzione gratuita”, di “formazione tecnica”. Tutti elementi che portano ad una soluzione unica: il diritto all’istruzione coincide con il diritto a vedersi garantita la possibilità di studiare e di svilupparsi culturalmente, quindi di essere inserito in un percorso scolastico. In questa accezione, le parole istruzione, educazione e scuola smettono di fare a pugni tra loro.


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Diritto sociale o diritto di libertà?

Nella grande famiglia dei diritti umani, si distinguono tre categorie:

  • i diritti civili e politici (tra cui quelli di libertà);

  • i diritti economici, sociali e culturali (come il diritto alla casa o al lavoro);

  • i diritti di solidarietà, di cui sono generalmente titolari i popoli (come il diritto all’ambiente).

Il diritto all’istruzione è senza dubbio un diritto sociale perché impone al potere pubblico di garantire a tutti l’accesso a un adeguato sistema scolastico. Allo stesso tempo, però, si configura anche come diritto di libertà, perché riconosce a ciascuno la possibilità di formarsi proprie convinzioni, impedendo l’indottrinamento di stampo totalitario.

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Diritto a quale istruzione?

Il richiamo ai totalitarismi è utile anche per affrontare un altro aspetto: che caratteristiche ha l’istruzione tutelata come diritto? Perché, se non ci si pone questo problema, si finisce per far rientrare nel right to education anche la propaganda scolastica che l’Italia ha conosciuto, ad esempio, durante il fascismo. Ovviamente non è così. L’educazione che il diritto all’istruzione tutela deve essere: gratuita (almeno quella di base, cioè la primaria), obbligatoria (sempre quantomeno quella di base), non discriminatoria e di qualità.

Le finalità del diritto all’istruzione

Dalla padella alla brace: come si riconosce un’istruzione “di qualità”? Perché, per rimanere nell’esempio precedente, se si fosse chiesto il parere di un gerarca del ventennio, anche la scuola fascista si sarebbe rivelata “di qualità”. Per fortuna, per superare questo ultimo scoglio, vengono in soccorso le finalità a cui deve tendere l’educazione. Il diritto all’istruzione, infatti, non rimane chiuso in sé stesso, non è autoreferenziale. Consentendo il pieno sviluppo della persona umana, infatti, permette di realizzare una società più giusta e pacifica, e diventa una spinta per rendere concreti tutti gli altri diritti umani. L’educazione si fa grimaldello di elevazione sociale e di libertà.

Non si finisce mai di imparare

No, il diritto all’istruzione non è una cosa da bambini. Non c’è dubbio che siano loro i primi destinatari e che il tema venga normalmente affrontato proprio dal loro punto di vista. Ma ciò non esclude che questo diritto sia riconosciuto a tutti e non solo ai minori. Tanto è vero che c’è una crescente sensibilità intorno al tema dellistruzione permanente e della formazione per adulti, soprattutto per chi non ha avuto accesso alla scuola in giovane età. 

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Il diritto all’istruzione come diritto umano internazionale

Il profilo del diritto all’istruzione tratteggiato fin ad ora si ritrova con tutti i suoi caratteri essenziali nei numerosi testi di diritto internazionale che, a partire dal secondo dopoguerra, lo hanno codificato. Una stratificazione di interventi che ha preservato il nocciolo duro e a contribuito a rafforzare l’idea che l’educazione è un diritto umano fondamentale e strategico.

L’articolo 26 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo 

La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, promulgata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1948, è ancora oggi la pietra miliare quando si parla di diritti umani. Il tema del diritto all’istruzione è presente all’articolo 26:Ogni individuo ha diritto all’istruzione.

L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e di base. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.

L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.

I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.

Ci sono, in embrione, tutti gli elementi che caratterizzano oggi questo diritto, riconosciuto a “ogni individuo”. Ci sono i concetti di obbligatorietà e gratuità. C’è il dovere, per gli Stati, di rendere l’istruzione accessibile a tutti. C’è la finalizzazione dell’educazione verso la costruzione di un futuro migliore, per sé e per il mondo in cui si vive. 

Il Patto Internazionale sui Diritti economici, sociali e culturali

Qualche anno dopo, nel 1966, il diritto all’istruzione è tra i protagonisti del Patto Internazionale sui Diritti economici, sociali e culturali, nato sempre in seno alle Nazioni Unite. Stavolta gli vengono dedicati due articoli, i numeri 13 e 14.

Nel primo, si mette l’accento sull’universalità di questo diritto e sulle sue finalità:

Gli Stati Parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo all'istruzione. Essi convengono sul fatto che l'istruzione deve mirare al pieno sviluppo della personalità umana e del senso della sua dignità e rafforzare il rispetto per i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali. Essi convengono inoltre che l'istruzione deve porre tutti gli individui in grado di partecipare in modo effettivo alla vita di una società libera, deve promuovere la comprensione, la tolleranza e l'amicizia fra tutte le nazioni e tutti i gruppi razziali, etnici o religiosi ed incoraggiare lo sviluppo delle attività delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.

L’articolo prosegue qualificando l’istruzione primaria come obbligatoria e gratuita e i livelli successi come accessibili per tutti. Al concetto di accessibilità viene data concretezza con un elenco di possibili strumenti: numero e la formazione dei docenti, infrastrutture, borse di studio. Inoltre, al comma 2 e 3, si affronta espressamente il tema della libertà educativa, sia dal punto di vista dei genitori che da quello degli istituti privati. In entrambe i casi, la libertà di educazione è riconosciuta, purché si rispettino le finalità elencate in precedenza e i requisiti minimi stabiliti dallo Stato.

L’articolo 14, invece, torna sull’importanza che in ogni nazione ci sia una scuola primaria obbligatoria e gratuita e impone agli Stati che ancora ne fossero sprovvisti di attivarsi. 

La Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia

Nel 1989, le Nazioni Unite licenziano un nuovo documento, dedicato esclusivamente ai minori. Si tratta della Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia, che dedica all’istruzione l’articolo 28. Nella prima parte, il testo ricalca quanto previsto già dalla Dichiarazione universale del 1948 e dal Patto del 1966. Per la prima volta, però, viene introdotto un riferimento alla necessità che gli Stati garantiscano piani di orientamento formativo per tutti e attuino politiche di contrasto del fenomeno dell’abbandono scolastico.

Un ulteriore innovazione è presente nel secondo comma: 

Gli Stati parti adottano ogni adeguato provvedimento per vigilare affinché la disciplina scolastica sia applicata in maniera compatibile con la dignità del fanciullo in quanto essere umano e in conformità con la presente Convenzione. Gli Stati parti favoriscono e incoraggiano la cooperazione internazionale nel settore dell'educazione, in vista soprattutto di contribuire a eliminare l'ignoranza e l'analfabetismo nel mondo e facilitare l'accesso alle conoscenze scientifiche e tecniche e ai metodi di insegnamento moderni. A tal fine, si tiene conto in particolare delle necessità dei Paesi in via di sviluppo.

Si parla, anche in questo caso per la prima volta, di dignità del fanciullo, intesa come argine alla disciplina scolastica. Sembra un elemento marginali, ma non lo è affatto. Basti pensare che, prima della formulazione di questo articolo, pratiche disciplinari aberranti potevano essere condannate solo se sfociavano nella tortura o nel trattamento disumano. 

L’obiettivo 4 dell’Agenda 2030

Ultima tappa di questo excursus sul valore universale del diritto all’istruzione è l’Agenda 2030, un documento con cui i 193 Stati che fanno parte dell’ONU si sono impegnati a realizzare obiettivi concreti di sviluppo sostenibile, entro il 2030. 

Tra questi, al numero 4, figura anche il diritto all’educazione, scomposto in ulteriori traguardi specifici:

  • garantire un’educazione primaria e secondaria libera, equa e di qualità, con risultati di apprendimento adeguati e concreti;

  • garantire l’accesso alle cure e all’istruzione prescolastica e uno sviluppo infantile di qualità;

  • garantire l’accesso equo all’istruzione tecnica, professionale e terziaria (economicamente vantaggiosa e di qualità);

  • garantire a un numero crescente digiovani e adulti competenze specifiche per l’occupazione dignitosa e per l’imprenditoria;

  • eliminare le disparità di genere e quelle a svantaggio delle categorie protette;

  • garantire a tutti i giovani e a gran parte degli adulti un buon livello di alfabetizzazione e basilari capacità di calcolo;

  • garantire la presenza di docenti con conoscenze e competenze necessarie a promuovere lo sviluppo sostenibile;

  • costruire e potenziare leinfrastrutture dell'istruzione;

  • aumentare il numero di borse di studio disponibili per i paesi in via di sviluppo;

  • aumentare il numerodi insegnanti qualificati.

La tutela europea del diritto all’istruzione

La tutela internazionale del diritto all’istruzione non si ferma al livello universale ma da questo passa anche a quello regionale (Europa, Africa, Asia, ecc.), per poi penetrare nelle carte costituzionali dei singoli Stati. La sua fisionomia, però, varia poco, visto il consolidamento avvenuto negli anni.

Ne è un esempio l’articolo 14 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (nota anche come Carta di Nizza, dal nome della città francese dove venne firmata, nel 2000).

Ogni persona ha diritto all'istruzione e all'accesso alla formazione professionale e continua. Questo diritto comporta la facoltà di accedere gratuitamente all'istruzione obbligatoria. La libertà di creare istituti di insegnamento nel rispetto dei principi democratici, così come il diritto dei genitori di provvedere all'educazione e all'istruzione dei loro figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e pedagogiche, sono rispettati secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l'esercizio.

Ancora una volta, emergono qui tutti gli elementi cardine già visti: l’obbligatorietà e la gratuità dell’istruzione di base, il rispetto per la libertà di educazione purché si muova all’interno dei principi della democrazia, il riferimento alla formazione professionale e continua che guarda al mondo degli adulti.

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Il diritto all’istruzione nella Costituzione italiana 

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Eccoci all’ultimo livello, quello più vicino, quello nazionale. All’istruzione e alla formazione la Costituzione, in Italia, dedica due articoli distinti, il 33 e il 34. Una scelta interessante, soprattutto perché dà concretezza alle due facce di questo diritto. 

L’articolo 33: la libertà di insegnamento

Addirittura, l’educazione come libertà si prende tutto il primo articolo, cioè il numero 33. 

L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato.

Il testo si divide in due parti e, dopo l’enunciazione del principio cardine (l’insegnamento è libero), i padri costituenti si sono preoccupati di fissare subito alcuni paletti, a tutela dello Stato. La possibilità, riconosciuta ai privati, di istituire delle scuole non deve gravare sulle casse pubbliche. D’altra parte, la Repubblica si impegna a garantire l’esistenza di scuole statali per tutti gli ordini e gradi.

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L’articolo 34: il diritto allo studio

Il vero e proprio diritto allo studio, però, è codificato nel successivo articolo 34 della Costituzione. 

La scuola è aperta a tutti. L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso.

L’impostazione generale è quella già vista a livello internazionale ed europeo, con l’aggiunta di qualche dettaglio che si potrebbe definire di ordine pratico. L’istruzione inferiore, infatti, sancita come obbligatoria e gratuita, ha una durata minima, fissata in otto anni. Vengono poi elencati gli strumenti operativi con cui lo Stato si impegna a garantire agli studenti meritevoli che provengono da famiglia non abbienti la possibilità di accedere ai livelli di istruzione più alti. Borse di studio e assegni familiari, quindi, acquisiscono il ruolo di forza che prova a spingere verso l’alto l’ascensore sociale.

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