Aggiornato il giorno 14 giugno 2022
Dopo il primo ok allo ius scholae, una pioggia di emendamenti di Lega e Fratelli d'Italia rischia di fermare nuovamente la riforma sulla cittadinanza dei minori nati e cresciuti in Italia. La commissione Affari costituzionali ha adottato il testo unificato per legare il riconoscimento della cittadinanza italiana ai minori stranieri al percorso scolastico. "Un risultato che non era per nulla scontato, abbiamo dovuto lavorare tanto. Le resistenze sulla riforma della cittadinanza sono sempre tantissime, sia da parte di chi vorrebbe fare di più, sia da parte di chi vuole mantenere la legge così com'è", commenta a lavialibera Giuseppe Brescia, primo firmatario, presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera e deputato del Movimento 5 Stelle, ammettendo che il suo stesso partito ha avuto posizioni ondivaghe sul tema, mentre in questa fase "siamo riusciti a unire tutti".
Significativo, per l’onorevole Brescia, che a dare parere favorevole stavolta sia stata anche Forza Italia. "Questo vuol dire – prosegue Brescia – che siamo riusciti a vincere la resistenza ideologica, facendone una questione di libertà e civiltà". Contrari solo Fratelli d'Italia e Lega, astenuti i parlamentari di Coraggio Italia. Ma l'ostruzionismo non si è fatto attendere: quasi cinquecento gli emendamenti presentati dalla Lega (484), 167 quelli di Fratelli d'Italia. Per questo motivo il 9 maggio la rivista Confronti, il Coordinamento nazionale nuove generazioni italiane (Conngi) e il movimento Italiani senza cittadinanza hanno lanciato la campagna Noi siamo pronti e voi?, per riavviare i lavori parlamentari.
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Il testo unico vuole apportare alcune modifiche alla legge 91 del 1992, cioè alle norme sulla cittadinanza. La modifica più rilevante è l'introduzione di un articolo, il comma 2-bis dell’articolo 4 del testo, che prevede che possano ottenere la cittadinanza italiana i bambini e le bambine con genitori stranieri, nati in Italia o arrivati in Italia entro i 12 anni di età, se hanno risieduto “legalmente e senza interruzioni” e se hanno frequentato “regolarmente, nel territorio nazionale, per almeno cinque anni, uno o più cicli scolastici di istituti appartenenti al sistema nazionale di istruzione oppure percorsi di istruzione e formazione professionale triennale o quadriennale idonei al conseguimento di una qualifica professionale".
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Dovranno essere i genitori (entrambi “legalmente residenti in Italia”, si legge nel testo) oppure chi ne fa le veci a esprimere, per conto del minore, la volontà di ottenere la cittadinanza italiana. Dovranno dichiararlo all’ufficiale dello stato civile del comune di residenza del minore. La proposta lascia aperta una porta: “Entro due anni dal raggiungimento della maggiore età, l’interessato può rinunciare alla cittadinanza italiana se in possesso di altra cittadinanza”.
E se qualcuno non avesse chiare le sue idee o non riuscisse a fare domanda in questi termini? L’articolo 2-ter dà la possibilità al giovane diventato maggiorenne di dichiarare personalmente la volontà di ottenere la cittadinanza all’ufficiale dello stato civile “entro due anni dal raggiungimento della maggiore età”.
Quanti ne beneficerebbero? Secondo i dati del Ministero dell'Istruzione, su oltre 8 milioni e mezzo di alunni nelle scuole italiane, sono oltre 870.000 le studentesse e gli studenti senza cittadinanza italiana. Tra questi, quasi il 60 per cento è nato in Italia. Nel 2019 Wired ha stimato 102mila stranieri che avevano completato un ciclo scolastico nel 2018.
Alcuni passaggi del nuovo testo sono uguali ad altri passaggi inseriti in alcune proposte del passato, ad esempio il disegno di legge 2092 – approvato alla Camera nel 2015 e poi affossato in Senato nel 2017 – e il testo presentato da Matteo Orfini (Pd) nel 2018 (uno dei tre testi fermi al palo). "La nostra proposta è molto diversa – sostiene invece Brescia –, centrale è lo ius scholae che premia un percorso scolastico e riconosce la capacità della scuola di essere uno strumento di integrazione. La proposta di Orfini prevedeva altre fattispecie che si spingevano fino a uno ius soli temperato e non avrebbe mai trovato l’accordo di tutti. È stato necessario restringere il campo".
Sembra tramontare, invece, l'idea di uno ius soli (dal latino diritto di suolo) che subordina l'acquisizione della cittadinanza solo alla nascita sul territorio italiano. Era quello che chiedeva il testo a firma di Laura Boldrini, secondo cui diventerebbe cittadino italiano "chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno è regolarmente soggiornante in Italia da almeno un anno al momento della nascita del figlio" e "chi è nato nel territorio della Repubblica da genitori stranieri di cui almeno uno è nato in Italia".
Finora le principali maniera per diventare cittadini italiani sono tre: per discendenza, in base allo ius sanguinis (cioè il diritto di sangue) che consente di ottenere la cittadinanza a chiunque abbia almeno un genitore italiano; per residenza, dopo un determinato numero di anni di vita in Italia variabile a seconda dei casi; oppure per matrimonio, a due anni dalle nozze.
Se i genitori stranieri sono diventati cittadini italiani, anche il figlio minore convivente diventa cittadino italiano. Non possono, invece, acquisire la cittadinanza i minori nati in Italia da genitori stranieri: devono aspettare almeno fino al compimento dei 18 anni, quando hanno l'opportunità di fare richiesta di cittadinanza soltanto se fino a quel momento hanno risieduto in Italia "legalmente e ininterrottamente". Un altro limite sta nel fatto che la cittadinanza dopo i 18 anni può essere chiesta solo da chi è nato in Italia. Invece, chi è arrivato nel nostro paese pochi mesi dopo la nascita deve seguire l'iter previsto per la naturalizzazione (residenza): può, quindi, fare richiesta di cittadinanza passati i dieci anni di residenza ininterrotta nel nostro paese e attendere l'esito della procedura. Un processo che solitamente richiede anni.
Le leggi attualmente in vigore in Italia sono tra le più restrittive d'Europa. I motivi sono diversi. Lo ius sanguinis esclude per molti anni dalla cittadinanza e dai suoi benefici — ad esempio le borse di studio — migliaia di bambini nati e cresciuti in Italia da mamma e papà di altra nazionalità. Lega la loro condizione a quella dei genitori, il cui permesso di soggiorno nel frattempo può scadere, costringendo tutta la famiglia a lasciare il Paese. Inoltre, conditio sine qua non per richiedere la cittadinanza è la residenza legale e ininterrotta nel nostro paese, dalla nascita fino al compimento dei 18 anni. Un requisito che non tutti riescono a soddisfare. O perché sono tornati per pochi mesi nel Paese di origine dei loro genitori, o si sono provvisoriamente spostati in un altro Stato. O perché ci sono stati errori o situazioni ai limiti della legalità.
“Altro che ius scholae. Questo è uno ius soli mascherato”, ha dichiarato il deputato Igor Iezzi, capogruppo Lega nella commissione Affari costituzionali che, come sempre fatto dalla Lega, sottolinea “ben altri” su cui dibattere. “Questo benaltrismo fa indietreggiare diritti fondamentali che dovrebbero essere garantiti a coloro che studiano in Italia, vivono quotidianamente con i fratelli italiani, ne parlano la stessa lingua – replica Camilla Sgambato della direzione nazionale del Pd –. Peraltro, anche gli stessi studenti ucraini che studiano da anni nelle nostre scuole ce lo chiedono”, come dimostra la storia di Oleh Opryshko, attivista del movimento Italiani senza cittadinanza.
“La fretta con cui il grillino Giuseppe Brescia ha negato che si parli di Ius soli nel testo unificato della riforma della cittadinanza presentato in commissione Affari costituzionali, sta lì a dimostrare che lo ius scholae non è altro che il grimaldello per introdurre surrettiziamente lo ius soli”, aggiunge il leghista Jacopo Morrone che vorrebbe “un percorso vero di integrazione che significa riconoscersi nelle tradizioni, nella cultura e nell'identità di un Paese, condividendone i valori fondanti".
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Europa Verde-Verdi Europei accoglie positivamente il testo firmato Brescia, ma rilancia un’altra riforma: “Crediamo – sostengono la deputata di Europa Verde-Verdi Europei, Elisa Siragusa, e la coordinatrice Luana Zanella – non sia rinviabile anche la discussione sulla limitazione della cittadinanza italiana iure sanguinis ai discendenti di italiani emigrati oltre le due generazioni”, un’opportunità che, come raccontato da lavialibera, si presta a molte distorsioni e abusi. “L’impianto attuale infatti non sembra garantire un vero radicamento sociale con il nostro Paese e anzi incoraggia la ricerca di avi, anche lontani nel tempo, senza la verifica di requisiti culturali, invece giustamente richiesti agli stranieri in Italia”, ha sottolineato il presidente della commissione Brescia.
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