Roma, 7 dicembre 2017. La leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, davanti al Quirinale per la consegna delle firme contro lo ius soli (Ansa)
Roma, 7 dicembre 2017. La leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, davanti al Quirinale per la consegna delle firme contro lo ius soli (Ansa)

Giorgia Meloni: "Aperta allo ius culturae. Ius soli mai"

Giorgia Meloni, leader di Fratelli d'Italia, si dice contraria allo ius soli, ma aperta a ipotesi ragionevoli di ius culturae fermo restando che – precisa a lavialibera – "non credo che in un momento così drammatico per la nostra nazione, con imprese in ginocchio e stremate dalle tasse, disoccupazione con cifre record e il ministro della Salute che paventa la proroga dello stato di emergenza, il dibattito politico possa essere incentrato sull'introduzione dello ius soli"

Rosita Rijtano

Rosita RijtanoGiornalista

10 dicembre 2021

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Da lavialibera n° 11 

Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, si dice contraria allo ius soli, ma aperta a ipotesi ragionevoli di ius culturae fermo restando che – precisa a lavialibera – "non credo che in un momento così drammatico per la nostra nazione, con imprese in ginocchio e stremate dalle tasse, disoccupazione con cifre record e il ministro della Salute che paventa la proroga dello stato di emergenza, il dibattito politico possa essere incentrato sull'introduzione dello ius soli". 

Onorevole Meloni, perché si è opposta in modo così netto a una riforma della cittadinanza? 

La proposta che Pd e Cinquestelle vorrebbero approvare è quella di Laura Boldrini: una legge troppo permissiva che punta a minare l'identità nazionale di un popolo, perché svincola l'ottenimento della cittadinanza dall'adesione a un insieme di valori. La visione di Fratelli d'Italia è opposta. La cittadinanza italiana deve essere sinonimo di condivisione di valori, tradizioni, identità, sistema sociale e leggi. Va richiesta, meritata e celebrata: il punto di arrivo di un percorso e non il punto di partenza, come invece lo interpretano a sinistra.

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Non pensa che una riforma della cittadinanza possa favorire l’integrazione e, viceversa, negarla a migliaia di giovani nati e cresciuti in Italia possa generare risentimento? 

Questa è la narrazione della sinistra, che prova in tutti i modi a dipingermi come il mostro che nega ai bambini nati in Italia da genitori stranieri i diritti riconosciuti agli altri bambini. Mi dispiace deludervi: non corrisponde alla realtà. La normativa italiana sulla cittadinanza non è più restrittiva di quella in vigore negli altri Stati europei. Anzi, è per molti aspetti più generosa (ma la cittadinanza tramite ius soli è un principio più diffuso di quanto si pensi, ndr). Piuttosto, io vedo un altro rischio. Una legge troppo permissiva per l'ottenimento della cittadinanza, come il ddl Boldrini, potrebbe mettere in difficoltà l'Italia proprio nei rapporti con gli altri Stati europei, dal momento che ogni cittadino di uno Stato membro diventa cittadino europeo. Poi, vorrei ricordare che la legge italiana non prevede nessuna forma di discriminazione tra il minore con cittadinanza italiana e il minore straniero legalmente residente in Italia. Anche su questo punto la narrazione è molto diversa dalla realtà. 

Riforma della cittadinanza, tre leggi al palo

Anche lei, all’epoca della proposta Granata-Sarubbi, sembrava possibilista. 

Ho sempre sostenuto che sono pronta a confrontarmi su ipotesi ragionevoli di ius culturae, anche se la cosa più seria da fare secondo me rimane snellire le procedure per ottenere la cittadinanza attualmente prevista per legge, perché chi ne ha diritto possa averla in tempi rapidi. Non può bastare un ciclo scolastico di cinque anni o un corso di formazione di tre per pensare che un giovane straniero sia integrato in Italia. L'influenza familiare e di contesto, in particolare per i giovani musulmani, è particolarmente forte e incisiva. Basta guardare la Francia per rendersi conto che la cittadinanza facile non ha prodotto maggiore integrazione. Anzi, oggi seconde e terze generazioni di stranieri vivono una condizione di separazione dal resto della società che anche il moderato Macron dichiara di voler combattere.

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