10 febbraio 2021
CITTADINANZA, COSÌ LA POLITICA AFFONDA LA RIFORMA DA PIÙ DI DIECI ANNI 1/6 - Negli ultimi giorni Mario Draghi sta tenendo le sue consultazioni con le forze politiche e sociali in vista della creazione di un nuovo governo. Le formazioni hanno posto all'attenzione di Draghi alcuni punti del loro programma. Per alcune di loro, tra cui il Partito democratico, tra le proposte irrinunciabili c'è quella della riforma della cittadinanza con l'introduzione dello ius culturae. Il segretario della Cgil, Maurizio Landini, sostiene lo ius soli. Su questo tema la Lega di Matteo Salvini avrebbe posto il suo veto. È la riproposizione di un dibattito politico (e di una contrapposizione) che va avanti da più di dieci anni senza alcuna evoluzione sostanziale. lavialibera propone una serie di articoli per ripercorrere le tappe di questa mancata riforma tra le proposte parlamentari e i falsi argomenti (ricorrenti) degli oppositori.
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C’è stato un momento in cui sembrava possibile riformare la cittadinanza in un modo più inclusivo, concedendo a migliaia di stranieri e ai loro figli nati in Italia la possibilità di ottenere quel documento che permette di avere più diritti e dignità. Uno ius soli temperato: chi, nato in Italia da genitori stranieri, compie un ciclo di studi, può chiedere la cittadinanza italiana. Era una proposta che metteva d’accordo una forza politica di centrodestra, il centrosinistra e realtà sociali, cattoliche e non. Correva l’anno 2009, al governo c’era Silvio Berlusconi a capo di una coalizione che includeva la sua formazione politica, il Popolo delle Libertà (composta dal Forza Italia e Alleanza nazionale) e Lega Nord. L’allora presidente della Camera Gianfranco Fini, cresciuto nel Movimento sociale italiano e poi leader di An, era diventato promotore di quella battaglia e in parlamento si discuteva della proposta di legge “bipartisan”, sostenuta da un deputato del centro sinistra, Andrea Sarubbi (Partito democratico) e da un deputato del centrodestra, Fabio Granata (Pdl).
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Per i promotori bisogna evitare "un senso di estraniazione dal loro contesto, pericoloso per il futuro processo di integrazione e di inserimento sociali del minore"
Era stata depositata il 30 luglio ed era sostenuta da 50 parlamentari di tutti i gruppi eccetto la Lega Nord, all’epoca guidata dal suo fondatore, Umberto Bossi. Il testo prevedeva un taglio dei tempi per ottenere la cittadinanza: dai dieci anni di residenza continuativa in Italia (che nella pratica diventavano 13-14) ai cinque anni. L’Italia, spiegavano i promotori, era passata dall’essere un Paese di emigrazione a uno di immigrazione in cui gli stranieri si stabilizzavano, tuttavia pochi potevano avviare le pratiche per ottenere la cittadinanza col risultato di sentirsi sempre ospiti poco integrati. Per questo i deputati ritenevano necessario riformare la legge 91 del 5 febbraio 1992: l’obiettivo era “fare sì che il minore nato in Italia da un nucleo familiare stabile acquisisca i pari diritti dei coetanei con i quali affronta il percorso di crescita e il ciclo scolastico” per evitare “un senso di estraniazione dal loro contesto, pericoloso per il futuro processo di integrazione e di inserimento sociali del minore”, sostenevano nella relazione Granata e Sarubbi. Secondo loro quindi bisognava passare dallo ius sanguinis, per il quale un individuo ha la cittadinanza italiana se almeno uno dei genitori è italiano, allo ius soli “temperato e condizionato dalla stabilità del nucleo familiare in Italia o dalla partecipazione del minore a un ciclo scolastico-formativo” (non lo ius soli semplice in base al quale basta essere nati in Italia per esserne cittadini a tutti gli effetti).
Più che la proposta di legge in sé, a dare attenzione al dibattito è un evento sportivo: ad agosto la squadra italiana under 15 di cricket vince il campionato europeo e lo fa con un team composto soprattutto da figli di immigrati arrivati da India, Pakistan, Sri Lanka e Bangladesh: “È il primo titolo europeo nella storia del cricket italiano”, sottolineava Simone Gambino, presidente della Federazione cricket italiana che dedicava (con vena polemica) la vittoria a Bossi “perché questa vittoria dimostra che non è vero che gli extracomunitari danno solo guai, ma danno anche lustro all’Italia. E credo anche che i ragazzi conoscano l'inno di Mameli”. Pochi giorni prima Bossi aveva detto che “nessuno conosce” il “Canto degli Italiani”.
Quella vittoria sportiva è uno degli argomenti usati da Fini a settembre, nel corso di un dibattito, parlando della riforma della cittadinanza per passare dallo ius sanguinis allo ius soli, “seppur temperato”, riforma che si inserisce in un’ottica di “patriottismo repubblicano”: “Considero potenzialmente più italiani i giocatori juniores della nostra nazionale di cricket, quasi tutti figli di bengalesi o indiani nati qui, piuttosto che i nipoti degli italiani emigrati in America Latina che magari non sanno dov’è Trieste o Palermo”.
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Le reazioni degli alleati di governo sono contrarie. Il 7 settembre Berlusconi trova che la riforma della cittadinanza (e la concessione del voto alle elezioni amministrative per gli stranieri) sia “un subdolo stratagemma che i comunisti immaginano per garantirsi una futura preminenza elettorale”. La Lega Nord si oppone: “Il principio dello ius soli è un principio sbagliatissimo, l'effetto di dare la cittadinanza a tutti quelli che nascono sul nostro territorio sarebbe quello di attirare qui come una calamita milioni di immigrati che noi non abbiamo la possibilità di accogliere”, dice il 2 settembre Roberto Cota, capogruppo della Lega Nord alla Camera, lanciando un tema ricorrente, la paura di un’invasione di immigrati. Il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, il 4 settembre cerca di troncare la faccenda: “Noi siamo contrari. Non è nel programma di governo”. Ma la questione non viene chiusa.
“Qualche volta vi pesa essere qui? C’è qualcuno che ve lo fa pesare? O qualche volta c'è qualche stronzo che dice qualche parola di troppo?Gianfranco Fini - Presidente della Camera XVI legislatura
Il 21 novembre Fini, in un centro a Torpignattara (Roma), torna sul tema durante un incontro con giovani, per la maggioranza stranieri tra gli 8 e i 18 anni di età: “Qualche volta vi pesa essere qui? C’è qualcuno che ve lo fa pesare? O qualche volta c'è qualche stronzo che dice qualche parola di troppo?”. Dice convintamente la parola ‘stronzo’: “Uso questa parola perché se qualcuno dice che siete diversi la parolaccia se la merita: voi la pensate io la dico”. A distanza risponde Roberto Calderoli (Lega Nord), ministro per la Semplificazione: “È altrettanto stronzo chi illude gli immigrati. È infatti una stronzata, per usare il linguaggio di Fini, illudere gli extracomunitari che il nostro è il Paese di 'Bengodi' (paese immaginario in cui c’è abbondanza, ndr) e che c'è lavoro per tutti, visto che il lavoro manca in primo luogo ai nostri cittadini. Fare questo è pura demagogia e allora si spalancano le porte a migliaia di persone destinate a finire nella rete delle illegalità, della criminalità o dello sfruttamento”. Ancora lo spauracchio dell’invasione.
La sostituzione integrale dello ius sanguinis con lo ius soli ha generato gravi tensioni sociali nelle nazioni europee in cui è stata introdottaGiorgia Meloni - ministro della Gioventù del governo Berlusconi
In primavera il presidente della Camera annuncia che la proposta di legge sarà discussa di nuovo in aula, ma l’8 maggio la Lega ricorda che “dimezzare i tempi necessari per acquisire la nazionalità e introdurre lo ius soli non era nel programma approvato dagli elettori”. Maurizio Gasparri, presidente del gruppo Pdl al Senato, fa lo stesso 13 maggio: “Lo ius soli non è nel programma del governo di cui fa parte” anche perché “applicare in Italia lo ius soli vorrebbe dire favorire il massiccio ingresso di stranieri con conseguenze negative rispetto ad un'equilibrata politica dell'integrazione e dell'accoglienza”. Il 7 giugno, Isabella Bertolini (Pdl), dichiarava: “Se nel Nord Italia ogni cinque nuovi nati uno è straniero, l'introduzione del principio dello ius soli per la concessione della cittadinanza sarebbe un errore dalle conseguenze imprevedibili”. E ancora: “L'automatismo dello ius soli rischia di farci avere, come già successo in Gran Bretagna o in Francia, milioni di persone che risultano italiane solo all'anagrafe, ma che nella realtà non sono pienamente integrate nella nostra società e nel nostro sistema di valori”. La proposta, però, non prevede automatismi. A questa eventualità fa riferimento anche Giorgia Meloni (Pdl), ministro della Gioventù cresciuta in Alleanza nazionale, che però sembra possibilista a condizioni rigide: “La sostituzione integrale dello ius sanguinis con lo ius soli ha generato gravi tensioni sociali nelle nazioni europee in cui è stata introdotta – dice il 26 novembre 2010 –. Sono assolutamente convinta che la cittadinanza italiana debba essere concessa a chi è nato in Italia anche da genitori stranieri, purché abbia compiuto i due cicli di studio che conducono al primo anno di scuole superiori. E ne fa esplicita richiesta”. Negli anni seguenti, la giovane esponente della destra cambierà idea in maniera radicale. Nel frattempo la riforma resta nell’aria, senza grossi avanzamenti.
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