10 febbraio 2021
Ius sanguinis e ius soli sono i due modelli di riferimento per l’acquisizione della cittadinanza dalla nascita. Si contendono il campo da sempre, affiancati solo recentemente da una terza via, il cosiddetto ius culturae. La contrapposizione tra diritto di suolo e diritto di sangue si trasforma spesso in scontro politico e ideologico. Mentre lo ius soli è visto come un principio di accoglienza, capace di aprire un paese alle nuove generazioni figlie di migranti, lo ius sanguinis è il cavallo di battaglia di chi predilige un approccio conservatore. In realtà, però, l’elemento territoriale non è totalmente assente dall’applicazione dello ius sanguinis, soprattutto nella sua versione “condizionata”. Ma è meglio procedere con ordine.
Secondo il principio dello ius sanguinis illimitato,
è cittadino di uno Stato chi nasce da almeno un genitore che gode già della medesima cittadinanza
La cittadinanza, quindi, è “ereditaria”, legata alla discendenza. Il luogo di nascita è irrilevante.
Non sempre, però, lo ius sanguinis viene applicato in maniera assoluta. Così come esiste uno ius soli temperato, infatti, esiste anche uno ius sanguinis condizionato. In questo caso, gli elementi discriminanti utilizzati per “stringere le maglie” (anche combinati tra loro) sono:
Un chiaro esempio di ius sanguinis limitato è quello previsto dall’ordinamento degli Stati Uniti (dove vige, invece, uno ius soli pressoché senza limiti). Gli USA, infatti, per coloro che nascono all’estero, prevedono 5 diverse casistiche, con altrettante differenti condizioni che devono essere rispettate per vedersi riconosciuto lo status di cittadini.
Il funzionamento dello ius sanguinis lo rende effettivamente un modello alternativo rispetto allo ius soli, che invece attribuisce la cittadinanza a chi nasce all’interno del territorio di uno Stato, a prescindere dalla nazionalità dei genitori. Il fatto che siano alternative, però, non significa che queste due regole non possano convivere in uno stesso ordinamento giuridico. Anzi, molti paesi europei dimostrano il contrario. Il vecchio continente, infatti, è storicamente la patria dello ius sanguinis. Negli ultimi decenni, però, sotto la spinta dei flussi migratori, molti Stati, in Europa, hanno introdotto delle forme di ius soli temperato, destinate a convivere con la cittadinanza iure sanguinis. È il caso, ad esempio, della Germania, della Francia e della Gran Bretagna.
In Italia, la regola cardine per l’acquisizione della cittadinanza è lo ius sanguinis, applicato in una versione illimitata. Secondo la legge, infatti, è cittadino italiano chiunque nasce anche da un solo genitore con cittadinanza italiana. Il principio vale anche in caso di riconoscimento o adozione.
Nel corso degli anni, sono stati fatti diversi tentativi di modificare la legge sulla cittadinanza, introducendo anche una forma di ius soli temperato o di ius culturae. Ad oggi, però, nessuna di queste iniziative è andata in porto.
Lo ius sanguinis illimitato non è certo una prerogativa solo italiana, soprattutto in Europa. Nel 2018, l’Osservatorio Globale sulla Cittadinanza ha mappato la presenza dello ius sanguinis e dello ius soli in tutti i paesi del mondo. Secondo questa ricerca, solo il 17% degli Stati non prevede l’acquisizione della cittadinanza iure sanguinis (per i nati all’interno del territorio nazionale), mentre il 59% ne prevede una versione illimitata e il restante 24% un versione condizionata.
La situazione, però, è sensibilmente diversa da un continente all’altro. Ad esempio, l’America, dal nord al sud, conferma la sua predilezione per lo ius soli. La cittadinanza per discendenza di sangue, per i nati dentro i confini statali, è assente nell’80% dei paesi (d’altronde non serve, basta il riferimento al territorio). Lo ius sanguinis, quindi, è un’opzione considerata solo per disciplinare i casi di nati all’estero, in forma piena (29%) o condizionata (72%).
Africa, Asia, Oceania ed Europa, invece, adottano una linea simile, molto più favorevole allo ius sanguinis. Questo principio è quasi sempre presente per i nati sul territorio nazionale (fanno eccezione solo il 4% degli Stati africani), e a prevalere è la forma illimitata (72% in Africa, 71% in Europa, 64% in Asia e Oceania). Nel caso dei nati all’estero, invece, la soluzione prediletta in Europa (58%), Asia e Oceania (78%) è lo ius sanguinis limitato o condizionato. In Africa, invece, anche a chi nasce su territorio straniero si preferisce applicare un diritto di cittadinanza iure sanguinis illimitato (62%).
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