27 luglio 2020
La morte nel sonno di due adolescenti, Flavio (16 anni) e Gianluca (15), dopo aver assunto un mix di sostanze psicoattive, ha riacceso i riflettori sul tema droga. Ancora una volta, però, sulla stampa, sui social, nelle dichiarazioni di molti tecnici e politici sembrano prevalere stereotipi e reazioni emotive. Molti sarebbero gli aspetti da discutere, ma un tema è emblematico dell'intero scenario ed è il metadone.
Per anni le prescrizioni di metadone non hanno seguito protocolli basati sulla scienza, ma risposto a un atteggiamento etico, educativo emoralistico
Prima che si affermasse come strumento valido grazie alle tante evidenze scientifiche raccolte da studi accreditati, l'impiego terapeutico di quest'oppiode sintetico per ridurre l'assuefazione da eroina è stato oggetto di feroci scontri ideologici che ne hanno condizionato l’utilizzo incidendo sull'efficacia. Per anni la definizione di “droga di Stato” ha occupato il dibattito e le prescrizioni non hanno seguito protocolli basati sulla scienza, ma rispondendo a un atteggiamento etico, educativo e moralistico: il paziente in trattamento trovato positivo all’eroina, grazie all’analisi di controllo dei campioni biologici, era redarguito e "per punizione" si vedeva diminuità la quantità di metadone prescritta quando invece quel riscontro avrebbe dovuto suggerire che probabilmente la dose di metadone non era sufficiente e semmai sarebbe stata da incrementare.
Nel caso di Terni sul banco degli imputati è ora tornata la prescrizione di metadone. O meglio la pratica dell’affido, cioè la possibilità per il paziente di ritirare le dosi di metadone per più giorni, liberandolo dall’obbligo di recarsi quotidianamente presso il luogo di distribuzione e di assumere la terapia di fronte al personale sanitario. Una possibilità che, va ricordato, è subordinata alla valutazione complessiva medica e psicologica della persona fatta dall’équipe del servizio insieme alla persona stessa, che ha permesso e permette un miglioramento significativo della qualità della vita di chi è in trattamento.
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Il lockdown per coronavirus ha implementato la pratica dell’affido per facilitare l’accesso ai servizi senza assembramenti e necessità di spostamento, pure in questo caso migliorando la qualità della vita delle persone (pazienti e professionisti), ma aumentando anche il rischio che la sostanza venisse ceduto a terzi cui non era stato prescritto, è quello che è accaduto a Terni e che pare al momento essere stata probabilmente una concausa dei decessi (non sono ancora noti gli esiti dei tossicologici). Da più parti si è alzata la richiesta di rimettere in discussionetout courtla possibilità dall’affido, riducendone l’applicazione o addirittura cancellandola.
Ha migliorato la qualità della vita di tante persone, come quella dei lavoratori i cui orari sono in contrasto con quelli di distribuzione
Certo, alcuni studi confermano che il numero di persone che ha il metadone in affido e poi lo cede o lo vende a terzi non è trascurabile. Ma si tratta di una percentuale minoritaria: si attesta intorno al 20/30 per cento, mentre il 70/80 per cento lo usa per sé e nel modo corretto. La possibilità di gestire la terapia con un affido si è dimostrata capace di migliorare la qualità della vita di tante persone, come quella dei lavoratori i cui orari sono in contrasto con quelli di distribuzione. L'affido riconosce anche la dignità della persona e la responsabilità individuale, con un impatto positivo sull'autostima che si traduce in un aumento dell’efficacia complessiva del trattamento. Inoltre, in molti pensano che il metadone dovrebbe essere prescritto solo "a scalare", cioè diminuendo progressivamente la quantità: una posizione che cancellerebbe la prescrizione “a mantenimento”, ovvero mantenendo nel tempo la stessa quantità, che ha aiutato a stabilizzare tante persone. Siamo, quindi, di fronte al solito circuito semplificante e semplicistico: un caso diventa rappresentativo di tutti i casi e di conseguenza la ragione sufficiente per cancellare una possibilità.
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